Massimo Martina: «Ora puntiamo in alto, la qualità fa la differenza»
Lo chef è tra i promotori di "Paradiso Val Borbera" che organizza tour nel territorio
VAL BORBERA — Il territorio per la sua promozione, oltre i confini provinciali, ha bisogno di ambasciatori che credano nelle potenzialità di una zona, solo così è possibile attrarre visitatori e turisti. Sicuramente ambasciatore di livello è Massimo Martina che, oltre ad essere un mago dei fornelli, è anche profondo conoscitore ed estimatore di questo angolo di terra incastonato fra il Piemonte la Liguria. Un ibrido, insomma, ma che proprio per questo diventa affascinante e meta da scoprire.
— Lei fa parte della “cabina di regia” del distretto urbano del commercio che vede accanto ai Comuni della val Borbera e della valle Spinti insieme a Serravalle e Arquata. Ritiene che questo sia uno strumento efficace per un risveglio e uno sviluppo dell’economia locale?
«Certamente, anche se voglio sottolineare che le persone coinvolte nel progetto sono attori che operano già nel territorio e che lo vivono a vario titolo. Io, nello specifico, sono promotore di “Paradiso Val Borbera”, associazione che ha lo scopo di realizzare iniziative. Nel 2020 abbiamo dato vita a weekend mirati per far conoscere a 360 gradi la nostra zona. Speriamo che il nostro progetto venga riconosciuto dalla Regione così da poter avere gli strumenti per accedere ai vari bandi e ottenere fondi. Se il distretto andrà in porto quest’ultimo parlerà con le associazioni e i Comuni saranno lo strumento per svilupparlo. Fondamentale è che tutti lavorino convintamente al progetto. E poi si deve puntare sulla qualità, far da mangiare e ospitare lo sanno fare un po’ tutti, ma ora è necessario puntare alto solo così possiamo fare la differenza, dobbiamo autoconvincerci, altrimenti non andiamo da nessuna parte. Se nelle varie associazioni o gruppi prevarrà questa filosofia tante cose potranno cambiare e naturalmente cambiare in meglio per tutti, ne sono assolutamente convinto».
— Lei è uno chef, quindi il cibo è la sua carta vincente. Quanto ritiene sia importante per un territorio l’aspetto food per farlo conoscere e apprezzare?
«Secondo me l’aspetto food è fra i principali, perché attraverso l’esperienza a tavola, fatta di colori, sapori e profumi si arriva velocemente al territorio, alla sua storia. Ciò che è fondamentale, secondo il mio punto di vista, è che le associazioni parlino la stessa lingua, ovvero che tutti siano portavoce del territorio. Ci vuole concertazione fra chi produce, chi è nella ristorazione e chi amministra. Purtroppo c’è qualcuno che è ancora legato al passato. Bisogna cambiare passo e, soprattutto, bisogna fare qualità se si vuole fare la differenza».
— La pandemia ha colpito il settore della ristorazione in maniera pesante a partire dal marzo 2020, ora con queste prime riaperture come sta andando? Ci sono clienti?
«In val Borbera l’asporto non ha avuto alcun senso. Noi operiamo in paesi piccoli dove i numeri per l’asporto non reggono, quindi è stata una strada praticamente impraticabile per la maggior parte dei ristoratori valborberini. Credo che fino ad oggi siano stati presi provvedimenti poco incisivi. Ora le persone hanno voglia di uscire, siamo stati tutti costretti in casa per troppo tempo, e le limitazioni mi paiono insensate, mi auguro che presto spariscano. Diciamo che dal 26 aprile ad oggi un po’ di movimento c’è stato e continuerà in futuro, il desiderio di stare fuori casa è tanto. Bisogna, però, rivedere le regole: i ristoratori non sono banditi o dei fuori legge, come nell’antico far west, sono, invece, tutti molto responsabili. Quindi dateci gli strumenti necessari e noi faremo il resto: ne siamo capaci».