Freudenberg: Essere o Morire
Max Biglia sulla chiusura dello stabilimento della Val Cerrina
MOMBELLO – La settimana scorsa è arrivata la conferma dell’intenzione della multinazionale Freudenberg di chiudere l’ex Framar di Mombello dove, da giovedì, i lavoratori sono in sciopero, presidiando lo stabilimento dal mattino alla sera.
In merito, ospitiamo la riflessione di Max Biglia.
Con la quasi certezza che..
questa “sveglia” non servirà a nulla se non ad innescare alcune nuove maldicenze, mormorii, distanze, o dare origine a qualche “dotto” nemico di pavoneggiarsi nel proprio analfabetismo, in qualunque modo, sento il dovere di partire da questa ennesima malinconica occasione per scrivere una manciata di parole e fare arrivare una civile protesta.
Confermata la chiusura dello stabilimento della Freudenberg, di Mombello Monferrato in provincia di Alessandria. Notizia tristemente annunciata e confermata. Prendere o lasciare. Ottanta persone, famiglie, senza lavoro e con poche prospettive. Dunque, è necessario e fondamentale coinvolgere tutti i livelli istituzionali, la giusta attenzione politica, ma è altrettanto sostanziale che noi, abitanti di queste terre iniziassimo a renderci conto della deriva in cui siamo precipitati per scegliere se darci una sveglia o continuare con questo rozzo disinteresse.
Siamo nella “Valle Cerrina”, un’area di circa venti comuni in un fazzoletto di terra costituito da saliscendi di asfalto e strade bianche, boschi e natura, abbagli, appezzamenti agricoli, panorami emozionanti e piccoli borghi ormai deserti di persone, umanità, visioni e concretezza, salvo qualche sporadico barlume di intelligenza. Così, con il ruolo di “ultimo cittadino” e la fascia multicolore che meglio mi si addice, credo di poter affermare di essermi impegnato almeno un po’ per queste terre,
nell’evidenza ho incontrato e dialogato con alcuni emeriti imbecilli e altrettante straordinarie persone, ho praticato questi luoghi, e oggi, desidero ostentare questa mia coscienza e conoscenza con una denuncia, un grido, comunque speranzoso per queste comunità e per il territorio.
Sono amareggiato da questa ennesima infelice notizia e da così tanto immobilismo dove è più che mai presente l’individualismo, la cura del proprio misero “orticello”, ma completamente assente la visione d’insieme.
Provo irritazione e vergogna.
Vogliamo rendendocene conto con un po’ di fierezza o dobbiamo continuare a soffocare, morire, far finta di nulla? Ognuno di noi: amministratori, realtà associative, enti, imprenditori e abitanti di questi luoghi e non solo, abbiamo il dovere di fare qualcosa. Basta con questo medioevo mentale; basta con bisbigli, gli incapaci, le furberie e le proteste superflue, servono elementi nuovi, accorpamenti, nuove opportunità e progetti comuni, responsabili, ricerche e sostegni per i pochi giovani rimasti, le famiglie, i lavoratori che restano, le persone tutte, affinché questi luoghi agresti possano tornare ad essere comunità e non l’anticamera dell’inferno.
Bei posti certo, ma svuotati di tutto. Facciamo qualcosa!
Attendo repliche, condivisioni, idee, momenti di incontro e discussione per fare qualcosa e analizzare qualche verosimile prospettiva. Attendo che qualcuno si faccia vivo, insieme, a sostegno di questi lavoratori e per noi tutti, nel rispetto di chi, prima di noi, su queste colline si è ammazzato di lavoro, per il futuro.
Almeno proviamoci.