Cannabis terapeutica: “A Ponzone avremmo i terreni per coltivarla”
La Comunità di San Benedetto al Porto ha presentato richiesta formale al Ministero della Salute
ACQUI TERME – La scorsa settimana il Tribunale di Arezzo ha assolto Walter De Benedetto, affetto da una grave forma di artrite reumatoide, dall’accusa di coltivazione di sostanze stupefacenti a fini di spaccio. Con una storica sentenza è stato stabilito che “il fatto non sussiste”. De Benedetto, 50 anni, da molto tempo vive su una sedia a rotelle e le 15 piante di marijuana trovate a casa sua servivano solo a lenire i lancinanti dolori con i quali ogni giorno l’uomo deve fare i conti.
«Siamo molto soddisfatti di questa sentenza e assolutamente solidali con De Benedetto – dichiara Fabio Scaltritti, presidente della Comunità di San Benedetto al Porto – perché sono tante le persone che come lui hanno bisogno di poter utilizzare la cannabis a scopo terapeutico per tutto l’anno e non solo per pochi mesi, come purtroppo avviene nel nostro Paese a causa della ancora troppo limitata produzione dell’Istituto Farmaceutico Militare di Firenze, che rifornisce il Sistema Sanitario Nazionale». Oggi nel nostro Paese i pazienti ai quali viene prescritta la cannabis terapeutica devono far fronte a diverse settimane di “stop&go” tra una fornitura e l’altra, a volte anche mesi. «Non vi è alcuna certezza di continuità, le scorte si esauriscono in tempi brevi. Molte patologie croniche – sottolinea Scaltritti – procurano dolori molto forti che la cannabis è in grado di alleviare, garantendo una quotidianità quantomeno più dignitosa».
Sono circa una ventina i pazienti affetti da malattie mediamente gravi che da qualche tempo si riuniscono periodicamente alla Casa di Quartiere di Alessandria per discutere proprio di questa problematica. «Sono tutte persone che si stanno curando con la cannabis terapeutica tramite la farmacia dell’ospedale o con “ricetta bianca” prescritta dal medico di base». Persone che ogni anno sono costrette a lunghi periodi di “astinenza” (in questo caso deleteria per la loro qualità della vita) tra una fornitura e l’altra, «sappiamo, ad esempio, che proprio nelle ultime settimane si è esaurito il primo ciclo di forniture a disposizione del Sistema Sanitario. Per tutti questi motivi a marzo abbiamo inviato l’ennesima richiesta formale al Ministero della Salute per poter coltivare cannabis ad alto contenuto di Thc per uso terapeutico nei terreni della nostra “casa vacanze” in Val Berrino, nel comune di Ponzone, dove abbiamo diversi ettari a 700 metri di altezza che sarebbero ideali per questo tipo di coltivazione».
Per il bene di tante persone che vivono situazioni più o meno simili a quella di Walter De Benedetto sarebbe veramente ora che nel nostro Paese si lasciassero da parte ostruzioni del tutto fuorvianti quantomeno sul piano terapeutico, consentendo a chi ne ha necessità di potersi curare senza dove convivere con la paura di poter finire a processo. D’altronde, «paesi notoriamente più “rigidi” in materia di stupefacenti come Francia e Germania stanno aprendo all’autoproduzione legalizzata per fini terapeutici. In Italia cosa stiamo aspettando?»