Additivi alimentari: componenti poco note dei nostri alimenti
Molto spesso, quando consumiamo un alimento, introduciamo nel nostro organismo anche additivi, che potremmo semplicemente definire come sostanze che sono aggiunte ad un prodotto per conferire o migliorare alcune caratteristiche, anche se la definizione ufficiale del Ministero della Salute è molto più complessa. Un punto fondamentale che vale subito la pena di chiarire è il fatto che tali additivi sono privi di valore nutritivo e non apportano calorie, ma hanno solo la funzione di conservare nel tempo le caratteristiche degli alimenti prevenendo alterazioni nell’aspetto, nel sapore, nel colore e nella consistenza. Tutti noi abbiamo sentito parlare di conservanti, per prolungare la conservazione, di coloranti per ottenere un aspetto più invitante e addensanti per conferire consistenze più soddisfacenti.
Esiste una normativa molto rigorosa sull’utilizzo di queste sostanze, che obbliga ad esempio al loro impiego solo se ritenuti assolutamente necessari: in ogni caso è obbligatoria la loro dichiarazione sull’etichetta alimentare. Per esempio, in Italia gli additivi non possono essere aggiunti a carne e pesce fresco, uova fresche, frutta e verdura fresche. Naturalmente, prima di poter utilizzare un additivo, vengono compiuti numerosi studi tossicologici per valutarne gli eventuali effetti collaterali e, di conseguenza, la dose massima giornaliera che può essere introdotta. A questo punto la sostanza è inserita in una lista stilata dall’Autorità Europea per la sicurezza alimentare e viene dato il permesso di utilizzo. In base alla loro funzione, attualmente, gli additivi alimentari sono raggruppati in varie classi e fra queste, di particolare interesse comune, è certamente la classe dei conservanti, cioè molecole in grado di rallentare o arrestare la crescita di microrganismi, prolungando così il tempo di conservazione dell’alimento. È utile ricordare che i microrganismi, oltre a modificare le caratteristiche organolettiche, possono produrre sostanze tossiche, fra cui la tossina botulinica, mortale in bassissime quantità, è forse l’esempio più noto. Esistono diverse tipologie di conservanti e sono indicati sulle etichette con la lettera E seguita da un numero fra 200 e 299 (ad esempio E230 è il bifenile, utilizzato per proteggere gli agrumi dall’attacco di funghi. Ecco il motivo per cui nella preparazione del limoncello si suggerisce l’utilizzo di “limoni non trattati”, termine che indica proprio il mancato trattamento della scorza con bifenile). Fra tutti i conservanti uno dei più diffusi è l’acido sorbico (E200) utilizzato per latticini, confetture di frutta, maionese, pasta ripiena, pizze precotte.
TORNA AL BLOG DI VALERIA MAGNELLI
Un’altra importante categoria è quella dei solfiti fra cui l’anidride solforosa (E220) molto usata nei mosti d’uva e il bisolfito di sodio (E222), aggiunto al vino in fase di imbottigliamento, che libera poi l’anidride solforosa, il vero agente antimicrobico. Per quanto riguarda invece salumi e insaccati si utilizzano nitriti e nitrati (da E249 a E252), in grado di mantenere le carni rosse ed ostacolare soprattutto lo sviluppo del batterio responsabile della produzione della tossina botulinica, il Clostridium botulinum.
Li troviamo anche nelle carni in scatola, nelle conserve e carni semi conservate come mortadella e wurstel. Purtroppo, l’assunzione eccessiva di questi conservanti espone al pericolo di severi rischi per la salute e in particolare essi hanno la capacità di dare origine a sostanze altamente cancerogene, con sviluppo di patologie cancerose soprattutto a livello dello stomaco.
Quindi alla domanda se i conservanti autorizzati sono completamente innocui, la risposta è chiaramente no. Possono provocare reazioni allergiche, crisi asmatiche nei soggetti predisposti, fino ad un aumentato rischio cancerogeno. Vale dunque sempre la regola basilare: non esagerare mai con in tipo di alimento, ma variare spesso con dosi moderate e con un occhio di attenzione alle etichette alimentari.
Torneremo su altri additivi nelle prossime puntate!
*Dipartimento di Scienze e Innovazione Tecnologica
Università del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”
valeria.magnelli@uniupo.it