“Mio fratello maggiore”, il progetto didattico che aiuta l’integrazione
È attivo già da alcuni anni, l'associazione Ics è l'ente promotore
ALESSANDRIA – Quasi come fossero sorelle o fratelli maggiori, un’ottantina di studenti dell’Istituto Saluzzo-Plana di Alessandria da alcune settimane stanno dedicando parte del loro tempo all’affiancamento didattico degli allievi di origine straniera iscritti alle scuole elementari e medie della provincia. Il progetto, non a caso chiamato “Mio fratello maggiore”, è attivo già da qualche anno ed è parte integrante del Programma Nazionale del Fondo Asilo Migrazione e Integrazione (Fami) che ad Alessandria ha nell’associazione Ics (Istituto Cooperazione Sviluppo) l’ente promotore.
«Prima del Covid gli affiancamenti avvenivano in presenza – spiega Giovanni Mercurio, vice presidente di Ics e coordinatore del progetto – con gli alunni delle scuole elementari e medie che venivano accompagnati dai genitori al “Saluzzo-Plana” per essere seguiti dai ragazzi più grandi per lo svolgimento dei compiti. L’epidemia, però, ha ovviamente stravolto le carte in tavola e così la scorsa estate insieme a Roberto Grenna, dirigente scolastico dell’istituto, ci siamo ingegnati per portare avanti in qualche modo gli affiancamenti “a distanza”». Attività di tutoraggio che per gli studenti del triennio delle classi superiori danno anche accesso ai crediti formativi dell’Alternanza scuola-lavoro. «La scorsa estate siamo partiti in via sperimentale con un quindicina di studenti. L’esperienza, poi, è piaciuta a tal punto che con il nuovo anno scolastico le adesioni sono cresciute in maniera esponenziale».
Gli affiancamenti si svolgono in videochat tramite WhatsApp, Zoom o Google Meet, «e il rapporto tutor-beneficiari solitamente è di “uno a uno”. Prima di dare il via agli affiancamenti, però, la formatrice Francesca Brancato organizza alcuni incontri con gli aspiranti “tutor” per una formazione preventiva per spiegare ai ragazzi più grandi come approcciarsi ai più piccoli e quali particolari attenzioni dedicare loro durante le attività didattiche». Una formula che si sta rivelando vincente e senza dubbio funzionale al particolare momento che il sistema scuola sta attraversando. «Dai ragazzi più grandi ricevo commenti davvero entusiasti – ammette Mercurio – perché quella che stanno sperimentando è un’esperienza che li sta aiutando a crescere prima di tutto dal punto di vista umano. Imparano a conoscere culture e tradizioni diverse, sviluppano quel senso di responsabilità verso “l’altro” che gli sarà utile nel proprio percorso di crescita. In alcuni casi, tra l’altro, sono gli stessi ragazzi più grandi a essere stati a loro volta piccoli migranti giunti in Italia da posti diversi, quindi sanno bene quali possono essere le problematiche con cui ci si deve confrontare a quell’età, anche e soprattutto a scuola».
Gli incontri tra i “tutor” e i piccoli “beneficiari” possono svolgersi anche più volte a settimana: «Molto spesso i ragazzi più grandi di loro spontanea volontà durante la giornata decidono di dedicare qualche ora ai bambino che stanno seguendo. I più piccoli apprezzano moltissimo questa metodologia, perché hanno davvero l’impressione di rapportarsi con un fratello o una sorella maggiore che li segue e si interessa a loro. Tra tutor e beneficiari a volte si instaurano dei veri legami affettivi».