Inquinamento: “Pfas e danni neuronali: sistema nervoso a rischio già in fase embrionale”
Lo studio di Carlo Foresta dell'Università di Padova
ALESSANDRIA – «I Pfas si integrano con le membrane neuronali, il sistema nervoso è a rischio durante la fase dello sviluppo embrionale». I dati preliminari della ricerca suggeriscono anche un coinvolgimento delle cellule implicate nel processo degenerativo del Parkinson.
È stato il professor Carlo Foresta dell’Università di Padova a presentare l’ultimo studio. Un lavoro iniziato dalle relazioni tra inquinamento da Pfas e anomalie congenite del sistema nervoso o disturbi comportamentali e neurologici come l’Alzheimer, l’autismo e i disturbi dell’attenzione e iperattività. Argomento che tocca tutti, a maggior ragione Alessandria e Spinetta dove la Corte di Cassazione ha sancito un disastro ambientale. Territorio che, nel tempo, ha subito le produzioni del polo chimico: tra le altre, il Pfoa (poi bandito), e ora il cC6O4 (Pfas di nuova generazione le cui proprietà sono sconosciute ai più).
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Abbiamo chiesto al ricercatore di approfondire il tema.
Dottor Foresta, lei ha parlato di un possibile accumulo di Pfas nelle diverse aree cerebrali, potrebbe commentare l’informazione?
“Partendo dall’osservazione che in alcuni studi sono state messe in evidenza delle relazioni tra inquinamento da Pfas e anomalie congenite del sistema nervoso o disturbi comportamentali-neurologici come l’Alzheimer, l’autismo e i disturbi dell’attenzione e iperattività, ho voluto documentare se in cellule neuronali di specifiche aree del cervello si riscontrasse un accumulo di Pfas. In collaborazione con il dipartimento di neuroscienze, nell’ambito del “programma di donazione del corpo alla scienza” coordinato dal professor Raffaele De Caro e dal professor Andrea Porzionato, sono stati effettuati prelievi di diverse aree del tessuto cerebrale. In presenza di significative concentrazioni plasmatiche di Pfoa, Pfos e Pfhxs abbiamo riscontrato importanti segni di accumulo di queste sostanze soprattutto in aree costituite da particolari neuroni detti dopaminergici, come l’ipotalamo”.
Quali possono essere le conseguenze dell’accumulo?
“Per verificare gli effetti biologici di queste sostanze sui neuroni dopaminergici, abbiamo coltivato in laboratorio cellule staminali neuronali a diversi stadi di differenziamento, fino al neurone dopaminergico maturo. Abbiamo osservato che i Pfas a concentrazioni simili a quelle ritrovate nelle aree cerebrali, si integrano con le membrane neuronali, modificandone la struttura e la stabilità. L’effetto dei Pfas è più evidente quanto più precoce è lo stadio di maturazione. Sono in corso studi per determinare quali sono le conseguenze funzionali di queste osservazioni”.
Quali sono le sue considerazioni su queste osservazioni?
“Questi sono i primi dati che dimostrano come nell’uomo queste sostanze chimiche possono modificare la funzione delle cellule nervose e ulteriori studi sono necessari per quantificare le conseguenze. Le osservazioni che dimostrano una maggior sensibilità delle cellule neuronali non ancora mature fanno pensare che gli effetti dei Pfas possano essere più evidenti durante le fasi più sensibili dello sviluppo del sistema nervoso come nell’embrione. I nostri studi sono stati concepiti e analizzati con neurologi esperti nelle malattie neurodegenerative come il professor Angelo Antonini, responsabile dell’Unità Parkinson e Malattie Rare Neurologiche della Clinica Neurologica dell’Università di Padova»”.
Quali potrebbero essere le conseguenze su chi è esposto?
“I dati preliminari – cito testualmente il professor Antonini -suggeriscono una coinvolgimento delle cellule implicate nel processo degenerativo del Parkinson. Ancora non sappiamo se i Pfas possono poi determinare un alterazione nei processi di degradazione della proteina alfa-sinucleina alla base di questa malattia. Tuttavia confermano una vulnerabilità di questi nuclei cerebrali e che i fattori ambientali insieme al profilo genetico giocano un ruolo importante probabilmente come fattore scatenante nel processo degenerativo”.
Inquinamento Pfas: è emergenza ambientale
C’è un dato che emerge con forza dai pareri degli esperti sulle conseguenze dell’inquinamento da Pfas: la chimica deve individuare alternative e lo deve fare individuando sostituti la cui attività biologica deve essere valutata prima di essere introdotta nella produzione.
Il convegno a Padova
Il 26 marzo, a Padova, si è tenuto il convegno “Esposizione a Pfas e manifestazioni cliniche: strategie di intervento sanitario”.
Durante l’incontro si è parlato dell’inquinamento generale causato dai Pfas, diffuso quasi ovunque. Il motivo è che le principali fonti di esposizione per l’essere umano includono, oltre all’acqua potabile, gli alimenti, la migrazione da pellicole e rivestimenti alimentari, tappeti, abbigliamento, polvere, cera, prodotti cosmetici. E può determinare un accumulo tale da essere alla base di manifestazioni sanitarie associate. In questi casi, anche livelli espositivi relativamente bassi, soprattutto in fasce di popolazione più sensibili, possono comportare significative alterazioni cliniche. In Europa si stimano costi sanitari fra i 52 e gli 84 miliardi di euro all’anno.
Informare e sensibilizzare
Il webinar di Padova si inserisce all’interno di questo scenario, con lo scopo di informare e sensibilizzare non solo la comunità scientifica e gli operatori sanitari del territorio, ma anche la popolazione stessa.
L’Alessandrino non è immune, essendo anche sede di un polo chimico importante. «Il convegno si prefigge l’obiettivo di tracciare una linea condivisa nel proporre comuni strategie di intervento sanitario e di prevenzione nelle popolazioni a elevato rischio espositivo ai Pfas – ha spiegato nel suo intervento Carlo Foresta – Tuttavia, è utile considerare che l’inquinamento generale a carico dei Pfas, data la loro diffusione, non è facilmente modificabile dal comportamento dei singoli né è possibile immaginare un’abolizione a breve termine di queste sostanze chimiche».
La ricerca chimica: l’inquinamento è un rischio, serve intervento sanitario
«La ricerca chimica – si legge in un comunicato – per individuare alternative non può basarsi solo su piccole modificazioni di molecole già note, ma deve individuare sostituti la cui attività biologica sia valutata ancor prima della loro immissione nella produzione industriale. In ogni caso, dobbiamo tutti avere la consapevolezza che l’inquinamento generale è un rischio, l’intervento sanitario sarà decisivo nella tutela della salute pubblica».
Resistenti nell’ambiente
Che cosa sono i Pfas? Le sostanze perfluoroalchiliche sono composti utilizzati principalmente per rendere resistenti ai grassi e all’acqua diversi tipi di materiali come tessuti, tappeti, rivestimenti. Sono altamente persistenti nell’ambiente e negli organismi.
Le agenzie sanitarie internazionali non hanno ad oggi classificato in maniera conclusiva come certamente o probabilmente associate a Pfas patologie neoplastiche o non neoplastiche, anche se numerose evidenze sperimentali ed epidemiologiche suggeriscono la presenza di possibili effetti sulla salute umana.