Per l’8 marzo Valenza celebra l’impegno delle ‘sue’ donne
Oggi la premiazione in Comune
VALENZA – Il Comune di Valenza ha celebrato la Giornata Internazionale della Donna in un duplice modo: dopo la consegna delle mimose in piazza Gramsci e nel centro cittadino di ieri, oggi nella sala del consiglio comunale il sindaco Maurizio Oddone e l’assessore alle pari opportunità Rosella Gatti hanno consegnato cinque targhe ad altrettante donne a riconoscimento del loro lavoro svolto silenziosamente tutti i giorni in favore delle loro famiglie e della comunità valenzana.
I riconoscimenti sono andati a Daniela Bocca, direttore dell’Uspidalì, Vilma Rapetti da sempre impegnata nel volontariato con l’Avulss, Maybi Rivalta Gonzalez, infermiera dell’Uspidalì impegnata in prima linea nella lotta al Covid-19, e due donne che pur non essendo nate a Valenza si sono integrate nel suo tessuto sociale, Marieme El Mghili, nata in Marocco e Juliette Boroba, originaria della Costa d’Avorio.
«Valenza è una città che pur essendo orgogliosa delle sue tradizioni – dicono il sindaco Oddone e l’assessore Gatti – è da sempre stata aperta ai contatti non solo con il resto d’Italia o d’Europa, ma con il mondo e non ha mai mancato di dare accoglienza a chi è venuto a viverci».
L’assessore alle pari opportunità nel suo intervento ha poi sottolineato l’impegno delle donne, che in questo momento particolare, hanno dovuto affrontare una situazione completamente nuova, in famiglia, nella società, nel lavoro: «Valenza celebra la ricorrenza della Giornata Internazionale della Donna in un contesto che è sempre contraddistinto dall’emergenza sanitaria da Covid-19. Ma questo non può e non deve essere un motivo per non ricordare tutte le donne che in questi ultimi 12 mesi, in prima linea negli ospedali, nelle case di riposo, nelle famiglie, sul territorio, hanno combattuto e continuano a combattere questo virus assassino.
Le donne alle quali i media in questi mesi hanno dedicato uno spazio sono soltanto la punta di un iceberg di ‘invisibili’ che tutti i giorni compiono il loro lavoro e svolgono il loro ruolo silenziosamente e con caparbietà.
E quando dico questo mi riferisco a tutte le donne che si dividono quotidianamente tra lavoro, casa, famiglia, e magari impegnano una parte del loro tempo, già ristretto da tanti impegni nel volontariato, senza dimenticare le casalinghe che svolgono un ruolo importante nella nostra società, seppur sacrificato, e sovente non riconosciuto nella giusta misura.
Ma che deve sempre fare risaltare quella femminilità che ne contraddistingue il valore aggiunto e che nella nostra società odierna, pur ancora ancorata a moltissimi pregiudizi e retaggi ancestrali, finalmente incomincia ad occupare il giusto spazio.
Oggi, infatti, nonostante la nostra Costituzione all’articolo 3 nell’enunciare il principio di uguaglianza e di conseguenza la non discriminazione di genere, purtroppo, molte resistenze a questo persistono, magari mascherate, e lo dimostra il fatto che oggi continuiamo a parlare di ‘Pari Opportunità, il che vuole dire che ad un’effettiva uguaglianza di genere non si è ancora arrivati. Un altro aspetto, questa volta drammatico, dell’esistenza di un “problema donna’ è il continuo numero degli omicidi che vedono le donne vittime. E non posso non dimenticare le donne che soffrono tutti i giorni, silenziosamente, per la persecuzione degli stalker o per angherie e soprusi all’interno delle loro mura domestiche da parte di coloro che hanno magari promesso di ‘onorarle per tutta la vita’, non di trascinarle all’inferno.
Dico tutto questo per rafforzare quella che è una convinzione personale e di tutta l’Amministrazione di cui faccio parte: la ricorrenza dell’8 marzo è sicuramente una giornata di alto valore simbolico ma le donne vanno rispettate per tutti i 365 giorni all’anno qualunque a prescindere da ogni considerazione.
E la mimosa, simbolo di questa Giornata, è fortemente legata a quanto avvenne l’8 marzo 1908 quando 129 operaie di un’industria di New York rimasero uccise in un incendio mentre protestavano per le condizioni di lavoro indegne a cui erano sottoposte e pare che nei pressi della fabbrica bruciata crescesse proprio un albero di mimosa.
E proprio con il dono di questo fiore vorremmo che episodi del genere non si verificassero mai mai mai più».