“Ungulati? Abbatterli non serve, varie le alternative al fucile”
Abbattimenti: il parere di Stefano Bovone, delegato provinciale della Lac
ACQUI TERME – La scorsa settimana la Corte Costituzionale ha rigettato un ricorso presentato al Tar della Toscana da alcune associazioni animaliste, permettendo di fatto agli agricoltori in possesso del tesserino di caccia di prendere parte alle operazioni di riduzione degli animali selvatici. Una decisione che trova il plauso della Coldiretti, che da tempo pone con decisione l’accento sull’aumento dei danni alle coltivazioni e degli incidenti stradali provocati dagli ungulati. Tutto vero, i dati sono lì a certificare una situazione oggettivamente critica da diversi punti di vista, ma è davvero quella degli abbattimenti la linea più efficace per arginare un problema che oggettivamente esiste e che deve essere risolto? Qualcuno è convinto che le soluzioni alternative ai metodi cruenti esistano, eccome, tutto sta nella reale intenzione di metterle in pratica.
«È ampiamente dimostrato che gli abbattimenti non sono la soluzione al problema – sostiene Stefano Bovone, delegato provinciale della Lac (Lega Abolizione Caccia) – nemmeno nel breve periodo. Si sbaglia il metodo d’approccio, probabilmente in maniera consapevole». L’esempio da seguire sarebbe quello offerto da alcuni Paesi del nord Europa, come Belgio e Olanda, «dove lungo le strade che attraversano zone boschive sono presenti sottopassi e cavalcavia per l’attraversamento in sicurezza degli ungulati, e dove è facile trovare dissuasori acustici e visivi che servono a tenerli a debita distanza durante il passaggio delle autovetture». Come mai in Italia si fatica a prendere in seria considerazione tali pratiche? «Beh, è evidente che in ballo ci siano interessi economici che fanno sì che, ciclicamente, si vada a scegliere sempre la stessa soluzione, ovvero la più rapida e cruenta. Ormai è come un circolo vizioso. Non serve un accademico per poter dire che gli esemplari femmina rispondono agli abbattimenti con una più intensa proliferazione: ciò avviene per il semplice istinto di conservazione della specie».
E per quanto riguarda i danni all’agricoltura? «Esistono vari metodi per tenere lontani gli ungulati dalle coltivazioni e dai vigneti: solide recinzioni, dissuasori acustici e olfattivi. Tanti danni, tra l’altro, sono in realtà la diretta conseguenza di un’intensa attività venatoria». Anche per il contenimento della specie esisterebbero valide alternative alle canne di fucile, «come il mangime sterilizzante posto in determinati punti delle aree boschive. Nel giro di qualche mese il calo delle nascite sarebbe praticamente assicurato. Insomma, le alternative ci sono – sostiene Bovone – e sono molteplici, ma purtroppo in questo momento in Italia gli interessi in ballo sono ancora troppi. Il nostro è un Paese in larga maggioranza contrario alla pratica della caccia e i cacciatori rappresentano solamente l’1% della popolazione, eppure questa categoria gode ancora di appoggi importanti».