Giulietta forever
Avrebbe compiuto cento anni. Se ne è andata a pochi mesi dall'amato Federico Fellini
CINEMA – Giulia Anna Masina (Giulietta per chi la conosceva bene, e per il suo pubblico) nei giorni scorsi avrebbe compiuto cento anni: purtroppo se ne è andata a pochi mesi di distanza dal marito – il genio della regia Federico Fellini – il 23 marzo 1994. Continuerà a vivere, tuttavia, nell’immaginario e nel cuore degli spettatori, che hanno amato la sua maschera patetica e tragicomica, clownesca e favolistica.
Giulietta nasce a San Giorgio di Piano, poco fuori Bologna, il 22 febbraio 1921.
Figlia di un violinista e professore di musica e di una maestra, dall’età di quattro anni inizia a vivere a Roma, a casa di una zia rimasta vedova, che la incoraggia a calcare il palcoscenico già durante la sua frequentazione del liceo presso le suore Orsoline.
Nel 1942, negli studi dell’EIAR, arriva l’incontro della vita, quello con un giovane Federico Fellini, autore insieme a Ruggero Maccari delle avventure radiofoniche di Cico e Pallina, che l’allora studentessa di Lettere interpreterà sino al febbraio 1947.
L’anno successivo Federico e Giulietta celebrano un matrimonio molto semplice, domestico, da tempo di guerra: il dramma si infiltra presto nella loro esistenza, con la morte a soli undici giorni di vita del figlio Pier Federico, nato il 22 marzo del 1945.
Dopo l’inevitabile e doloroso momento di elaborazione del lutto, Giulietta si laurea in Lettere e poi torna a fare teatro, portando in scena con Marcello Mastroianni “Angelica” di Leo Ferrero; contemporaneamente le viene anche affidata una piccola parte in “Paisà” di Roberto Rossellini (1946).
Alberto Lattuada la dirige in “Senza pietà” (1948) – film sceneggiato da Fellini con Tullio Pinelli – in cui interpreta per la prima volta il personaggio di una prostituta; nel 1950 reciterà in “Luci del varietà”, pellicola d’esordio del marito, in co-regia con lo stesso Lattuada.
La Masini lavora in quel periodo – tra gli altri – anche con Luigi Comencini, Carlo Lizzani e nuovamente con il Rossellini di “Europa ‘51’” (1952); oltre che in “Lo sceicco bianco” di Fellini – del medesimo anno – dove fa la sua prima comparsa il personaggio della passeggiatrice Cabiria.
Nel 1954, con il ruolo di Gelsomina – la buffa e povera ingenua un po’ clown e un po’ Charlot bistrattata dal rude saltimbanco Zampanò – di “La strada”, diretta da Federico, Giulietta inizia a tratteggiare i contorni di un personaggio metacinematografico che caratterizzerà l’intera sua carriera: il film vince l’Oscar come miglior pellicola in lingua straniera.
Ne “Il bidone” (1955), invece, la Masina veste i panni di Iris, la moglie del truffatore ‘Picasso’ (Richard Basehart); due anni più tardi, “Le notti di Cabiria” (1957) – premiato con l’Oscar al miglior film straniero – la consacra vera e propria stella del firmamento cinematografico internazionale. La prostituta Maria Ceccarelli-Cabiria è, nell’interpretazione realistica e insieme fantasiosa dell’attrice, uno straordinario miscuglio di ingenuità, furbizia, afflato ed estro popolare.
Il set di “Nella città l’inferno” di Renato Castellani” (1958) – drammatica vicenda ambientata nel carcere romano femminile delle “Mantellate” – vede Giulietta offrire un’altra grandissima prova nel ruolo di Lina, ragazzetta sventata di origini venete, a fianco di una colossale Anna Magnani nei panni della cinica e sfrontata Egle. Le due attrici, sfortunatamente, non vanno d’accordo, trasformando il lavoro quotidiano in una lotta senza esclusioni di colpi.
“Giulietta degli spiriti” (1965) è il penultimo film di Fellini in cui recita la Masina, che presta il volto a una signora dell’alta borghesia romana che insegue il senso della propria vita, fra i tradimenti del marito e improbabili sedute spiritiche, mentre “Ginger e Fred” (1985) è il connubio finale, nell’amara poesia del rinnovato sodalizio tra due anziani artisti del varietà, Pippo Botticella (Marcello Mastroianni) e Amelia Bonetti (la Masina), nell’artificialità di un programma televisivo.
«Thank you, dear Giulietta, and please, stop crying!»: l’affettuosa esortazione rivolta a Giulietta dal regista riminese, il 29 marzo 1993 al Dorothy Chandler Pavillion di Los Angeles, dopo aver ricevuto l’Oscar alla carriera, commuove e sancisce il loro lungo legame sentimentale e artistico.
Fellini scompare il 31 ottobre 1993, il giorno seguente il suo anniversario di matrimonio con la Masina.
«Siete il modello permanente di Fellini?», avevano chiesto a Giulietta molto anni prima. «No no, Fellini è un artista, è come il cielo, come il mare, cambia sempre», aveva risposto l’attrice.
Federico, invece, ricordava così il talento artistico della moglie, nel libro autobiografico “Fare un film”, edito da Einaudi nel 1980: «Era un pezzo che volevo fare un film per Giulietta: mi sembra un’attrice singolarmente dotata per esprimere con immediatezza gli stupori, gli sgomenti, le frenetiche allegrezze e i comici incupimenti di un clown. Ecco, Giulietta è appunto un’attrice-clown, un’autentica clownesse. Questa definizione, per me gloriosa, è accolta con fastidio dagli attori che vi sospettano forse qualcosa di riduttivo, di poco dignitoso, di rozzo. Sbagliano: il talento clownesco di un attore, a mio avviso è la sua dote più preziosa, il segno di un’aristocratica vocazione per l’arte scenica».