La lettera del gatto randagio pestato che fa discutere
LU E CUCCARO MONFERRATO – Il 5 febbraio avevamo pubblicato una lettere che arrivava dalla località Cuccaro che segnalava il pestaggio di un gatto randagio.
Questa la missiva: “Vi prego di voler pubblicare queste mie poche righe per comunicare un caso di maltrattamenti di un gatto, visto che la povera bestiola non può farlo. Purtroppo siamo da diverso tempo in una brutta e grave situazione per il Covid e quindi si è diventati più nervosi, ma ciò non giustifica il fatto di accanirsi su un animale senza motivo e portarlo alla morte. Il fatto è accaduto a Cuccaro, paese già noto per le sue innumerevoli beghe comunali. Un innocente gatto randagio, molto bello e sanissimo, ha soggiornato presso la mia abitazione per svariati mesi (un pasto non si nega a nessuno, ma solo se non ha padrone). Improvvisamente – si legge ancora – l’ho trovato completamente devastato. Qualche “carnefice” lo ha selvaggiamente massacrato di botte spaccandogli entrambe le zampe! Ho cercato di curarlo, ma stava sempre peggio con urla lancinanti e sangue ovunque. Il 13 gennaio, siccome era allo stremo delle forze, l’ho portato dal veterinario per sopprimerlo e porre fine alla sua straziante agonia, e morire dignitosamente. Mi sono fatta carico di questa spesa, anche se il gatto non era mio. Ma chi ha un cuore non può vedere scene simili. Il veterinario è rimasto choccato nel vedere le sue condizioni, e mi ha confermato che il gatto era stato selvaggiamente percosso! È da veri meschini accanirsi su una povera bestiola che non può difendersi, e che nulla può aver fatto per meritarsi tutto ciò. Io confido nella giustizia divina. Non si definiscono bestie cani o gatti bensì certi esseri umani che commettono gesti simili. Grazie, anche da parte di Randy».
A quel che sembra, il pestaggio dell’animale fa discutere. Riceviamo e pubblichiamo la lettera di risposta di Aldo Gilardi (ex amministratore del Comune di Cuccaro).
“Mi risulta difficile trovare affinità tra le vicende sociali Comunali (cita beghe Comunali) ed un gatto randagio, purtroppo vittima e con un grave problema fisico. Ancor più difficile riuscire a diagnosticare che la rottura delle zampe sia dovuta al “pestaggio di un carnefice”, sarei propenso ad inserire altre ipotesi, più verosimile, uno sfortunato incidente con un’auto o mezzo motorizzato. Il termine “carnefice” sembra appropriato quando una persona (o più individui) si accanisce contro chi è debole ed indifeso. Oggi siamo molto attenti e sensibili nei confronti degli animali ed emergere anche il concetto che chi tortura ed uccide degli animali è spesso violenta nei confronti delle persone.
Il termine viene anche attribuito nei confronti di coloro che dal 1600 in poi, Europei e Nord Americani, iniziarono ad importare con la violenza uomini e donne africani, costringendoli ad una vita di lavoro in schiavitù. Oggi i flussi e le migrazioni dall’Africa nella maggior parte dei casi (80%) sono definite “per aspirazione” cioè il desiderio di lavoro, studio e ricongiungimento famigliare, purtroppo questo desiderio poi si scontra con la nostra “decantata ospitalità”. Dopo l’esperienza traumatica del viaggio si ritrovano nell’indigenza e utili per l’interesse dello sfruttamento, qui il termine appropriato sarebbe “negrieri”, ma nel civilizzato XXI secolo, nell’ideologia progressista e globalizzata questo termine non si può usare ed allora l’attenzione si sofferma sul termine “carnefici” che contempla animali e persone, prevalentemente “bianchi””.