Sul palco, la diversità si supera con il teatro
L'attività da volontaria della psicologa e attrice ovadese Chiara Arossa
OVADA – «La diversità è un valore in cui ognuno trova la sua unicità». Queste parole le ha trasformate in un’esperienza Chiara Arossa, giovane psicologa, da poco laureata all’università Bicocca di Milano con particolare attenzione allo sviluppo dei processi cognitivi, e appassionata di teatro. E proprio con questo linguaggio aiuta i bambini con disabilità fisica e cognitiva a esprimersi in un’ottica di inclusività.
Oltre i limiti
«Durante l’università – racconta – ho frequentato anche un corso di alta formazione alla Cattolica di Milano in “Teatro sociale e di comunità”. Il contesto è la Cooperativa Cascina Biblioteca di Milano, che si occupa di assistenza alla persona a 360° con molteplici iniziative di supporto volte a sostenere “le diverse abilità”. «Stavo vivendo un momento di crisi. La domanda che mi ponevo era: cosa faccio ora? – prosegue – Parlando con un amico ho scoperto la possibilità di diventare volontaria».
La passione per il teatro viene invece da lontano: i primi rudimenti a Ovada, le rappresentazioni alle quali assistere e quelle vissute sul palco in prima persona allo Splendor ed in un secondo momento con il Teatro del Rimbombo. «Avevo già assistito ad uno spettacolo promosso dalla Cooperativa, ero rimasta affascinata dalla bravura degli attori in scena. La loro abilità artistica sublimava ogni problematica».
Timore della diversità
«La potenza del teatro- aggiunge la psicologa – è trasportare la persona in un mondo in cui le emozioni possono essere espresse senza giudizio, in un ambiente protetto». La lezione inizia formando un cerchio. La domanda «come ti senti oggi?» è lo strumento col quale esprimere uno stato d’animo. «Chiedo di definirlo attraverso un colore, un movimento, una smorfia del viso. Gli altri elementi sul palcoscenico non hanno pregiudizi. Se notano un comportamento diverso sono curiosi, fanno domande ma includono senza timore; sono alcuni genitori che hanno timore che il proprio figlio venga a contatto con la diversità. Altri invece scelgono proprio per questo».
Specchio davanti a noi
L’esercizio più comune è lo specchio in cui si lavora in coppia: uno sarà “lo specchio” e dovrà riflettere i gesti dell’altro. Un’operazione che richiede lo sviluppo di grande empatia. Nel momento conclusivo si consolida la lezione acquisita creando una scena teatrale. Arossa spiega come ogni allievo al di là della patologia, vada vissuto come essere unico e con le proprie peculiarità personali “sentendo” ciò di cui ha bisogno. «Questo cammino mi ha portato a riflettere sulla fragilità, comprese le mie – conclude – Ho capito che in questi casi non si tratta di punti deboli da nascondere ma di aspetti che ci rendono unici ed assumo per questo un valore fondamentale».