“Morire d’amore”, un pensiero per gli anziani
Siamo certi di essere così solidali?
Ci manchi tanto! Un altro Natale senza te.
“Ma se vi mancavo tanto perché non mi avete tenuta con voi? Perché mi avete portata via da casa, la mia piccola casa, lontana dai mie ricordi e da quel poco, che per me era tutto. Poche ore e ogni più piccola cosa è stata chiusa, imballata, sigillata, risolta. La mia vita è finita così, assistita, curata, ma lontana dal mio tutto. E se un giorno verranno a chiedere di me, tu digli che ho vissuto, senza aggiungere altro.”
Gli anziani. I nostri genitori, i nostri nonni, storie inverosimili di fatiche, dignità e disagi; storie di difficoltà, di conquiste, di gioia, di solitudine, di malanni, di famiglia, storie che non sono uguali le une alle altre, ma molte, in questo “tempo evoluto” terminano come quegli scatoloni abbandonati. Uomini e donne, generazioni e inevitabili scontri dai quali però attingere a piene mani. Un passaggio, un intreccio di parole, vissuti, saggezza, essenze e perché no, sapori. Anziani custodi del tempo, imprigionati dal “non c’è più tempo”. Uomini e donne che respirano, vivono emozioni, forse desiderano ma non esistono più. Stretti dalla morsa del disinteresse, trascurati dalla società e lasciati al proprio destino come canne al vento. Vecchi sofferenti ma silenziosi che non riescono a stare al passo, vittime del ritmo, del successo e del superamento dei valori, anche quelli più intimi. Ma siamo certi di essere così solidali? Oppure è una solidarietà ipocrita, apparente e senza scrupoli che ancora emargina, discrimina, non considera e mette a tacere le persone difettate o quando, non servono più e diventano degli impedimenti. Uomini e donne umiliati, dimenticati o parcheggiati tra le mura di qualche ospizio dove l’attività più inebriante è la ripulitura del culo per poi stare ad osservare il nulla, in attesa che arrivi la fine.
Mi muovo all’interno di questo acquitrino con sfrontatezza e coscienza, dove è d’obbligo non generalizzare e avere ben presente che ogni situazione va considerata, ma è altresì un dovere porsi qualche domanda, soprattutto dopo e durante questo tempo incerto che ha messo a nudo tutto il meglio del peggio di un impianto non più sostenibile. Un po’ di vergogna, invece di pensare alle tavole imbandite, a quei raduni forzati, al solo significato del Natale fatto di luce artificiale, canditi e rutti senza ritegno.
Ciò che scrivo è stato mosso da una successione di notizie, episodi imbarazzanti, vissuti anche personali, ma in particolare da un evento del tutto divergente da questo mio lamento. Nonostante tutto, la cura di una figlia per la sua mamma. Dunque mi siedo, prendo fiato e mi metto in ascolto.
“Tutti noi vorremmo che i nostri genitori vivessero insieme, felici e indipendenti, non proprio come nella famiglia del Mulino Bianco ma quasi. Purtroppo invece non sempre questo accade e spesso, come è successo a me, uno dei due se ne va anzitempo, lasciando dolore e sconforto. Quando è mancato il mio papà, la mamma, è vissuta per qualche mese da sola, lei diceva di stare bene, ma non era vero perché c’era troppo vuoto e silenzio a farle compagnia. Così, come è giusto che sia, ho creato per lei uno spazio tutto suo a casa mia. Non è stato facile e non lo è tuttora, caratterialmente siamo discordanti quasi in ogni cosa e la mia vita è cambiata, soprattutto negli ultimi tempi nei quali lei si è fatta ancora più fragile e insicura ma io, sento la necessità di non lasciarla sola, anche se sono anni che non vado in vacanza, con l’inevitabile rinuncia a molte cose. Quando la guardo però, provo una grande tenerezza, a volte la “strozzerei”, ma la amo profondamente e la rinuncia talvolta è un arricchimento immateriale, una promessa dovuta.”
Il tempo passa anche per me, per ognuno di noi, tra poco forse, verrà buio.
E mentre uno dopo l’altro ci allontaniamo, chi resta si svaga in questo essenziale conformismo di eroi, mica eroi, proselitismi infagottati e parole improbabili. Da questo mio prato di ranuncoli e immaginazione, saluto la mia boccata d’ossigeno, Mariacristina con la sua mamma mentre il rinoceronte Casimiro ci osserva a spasso con la vita, che nonostante la cura e le fatiche ancora, non l’abbiamo capita. Noi, sulla spiaggia di queste colline abbracciati a prestare attenzione per “tenere a mente”, guardare l’equilibrio del contadino e i buffoni come noi, che ogni giorno, celebrano la parola dignità, prima che sia dopo, in questo nostro tempo bardato con le mie vampate di ribellione dove ogni cosa c’è un nome, per ogni nome una storia. Così, come una foresta che cresce non fa rumore, sono sicuro che le radici sentano tutto benissimo.