Novembre ’19, Mighetti: «Risolte tante criticità. Studiamo nuovi piani preventivi»
Il vice sindaco acquese fa il punto della situazione a quasi un anno dagli eventi alluvionali
ACQUI TERME – A quasi un anno dagli eventi alluvionali del novembre 2019 la maggior parte dei lavori di ripristino sulle strade delle frazioni e delle zone collinari a ridosso di Acqui è stata portata a termine. Permangono, però, ancora alcune criticità. «Grazie al bilancio previsionale approvato in largo anticipo rispetto ai termini di legge abbiamo operato tempestivamente per rimettere a posto la viabilità danneggiata dall’ondata di maltempo», spiega il vice sindaco, Paolo Mighetti. «Sono stati stanziati 140 mila euro che, insieme ai primi fondi del Governo, ci hanno permesso di intervenire in tempi brevi. Ora stiamo proseguendo i lavori in base ad un ordine di priorità con i fondi generati dalla tassa di scopo. La situazione più grave e pericolosa riguarda la frana di Montestregone. Una messa in sicurezza definitiva è impossibile, in quanto si parla di un intervento nell’ordine di milioni di euro che la Regione, purtroppo, non ha messo a disposizione. Tuttavia, stiamo lavorando ad un intervento per regimare il deflusso delle acque e alla messa in sicurezza provvisoria della carreggiata, il tutto per una spesa complessiva che si aggira intorno ai 70 mila euro. L’altro intervento prioritario, già concluso, ha riguardato la sistemazione di due frane in Strada Angogna».
Ingente il calcolo dei danni causati da frane e smottamenti, «parliamo infatti di circa 4 milioni di danni. Lo scorso dicembre il Comune ha stanziato 140 mila euro, più altri 60 mila a luglio. Altri 180 mila euro dovrebbero arrivare dalla tassa di scopo. Dal Governo, invece, sono arrivati 620 mila euro per i lavori di somma urgenza, mentre il contribuito della Regione si aggira intorno ai 120 mila euro. In più, notizia degli ultimi giorni, sono in arrivo 370 mila euro dall’Ue».
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I mesi autunnali sono sempre di più periodo di alluvioni. La prevenzione, anche dal punto di vista idrogeologico, è perciò diventata basilare. Cosa serve per evitare un altro “novembre 2019”? «Pulizia dei fossi e delle banchine, per ricostituire un corretto deflusso delle acque sulle strade comunali, attività per cui sono stati stanziati circa 70 mila euro quest’anno. Inoltre abbiamo stanziato 55 mila euro per la pulizia dell’alveo dei corsi d’acqua da vegetazione e sedimenti. A tali attività si uniscono due interventi straordinari, cofinanziati dalla Regione, la pulizia della Briglia del Rio Medrio e la sistemazione della testata del canale del Rio Ravanasco. Lavorando sui piani di prevenzione ora sappiamo con certezza cosa è esposto a rischio e riusciamo ad intervenire tempestivamente con il prezioso ausilio della Protezione Civile. Nel 2019 eravamo preparati e l’imponente macchina organizzativa ci ha permesso di salvaguardare l’incolumità delle persone».
Gli acquesi hanno ancora negli occhi le immagini dell’area degli Archi Romani completamente invasa dalle acque del Bormida. La pista ciclabile, seriamente danneggiata, è stata ripristinata di recente. Un problema non nuovo alla città e che, d’altronde, rappresenta anche un pericolo per i cittadini. Perché non prendere quindi in considerazione interventi strutturali mirati? «Le opere idrauliche diminuiscono certamente la pericolosità in modo significativo, ma non saranno mai totalmente risolutive. La pista ciclabile si trova in una zona vulnerabile e quindi esposta a minacce. L’unico obiettivo che possiamo porci è quello di raggiungere un livello di sicurezza per cui i rischi possano essere gestiti dalla Protezione Civile con i sistemi di allerta. Inoltre stiamo procedendo a commissionare uno studio idraulico che ci permetta di individuare le opere idonee a salvaguardare non solo l’area della pista ma, soprattutto, gli Archi Romani e il Ponte Carlo Alberto. Per realizzare queste opere, saranno necessari fondi cospicui. Sarebbe opportuno, ad esempio, che la Regione sbloccasse i fondi dell’Irba, una tassa di scopo che viene pagata dal 2012 su ogni litro di benzina. Questa tassa dovrebbe servire per finanziare gli interventi sul dissesto idrogeologico, ma ciò avviene solo in minima parte. Sono ben 26 i milioni che ogni anno potrebbero essere di grande aiuto per programmare seriamente una politica ambientale capace di salvaguardare i territori».