Per le Giornate Fai d’Autunno l’itinerario dedicato a Gardella
Tre opere del grande architetto milanese: le Case per gli impiegati della Borsalino, il Presidio Riabilitativo Borsalino e il Dispensario antitubercolare
ALESSANDRIA – A Giulia Maria Crespi, scomparsa lo scorso luglio, è dedicata l’edizione 2020 delle Giornate Fai d’Autunno: mille aperture a contributo libero in 400 città in tutta Italia, organizzate per la prima volta in due fine settimana, sabato 17 e domenica 18, sabato 24 e domenica 25 ottobre. Anche quest’anno promotori e protagonisti sono i Gruppi Fai Giovani, ideali eredi e testimoni dei valori che per tutta la vita hanno guidato la fondatrice e presidente onoraria: l’inesauribile curiosità, la voglia di cambiare il mondo e l’instancabile operosità per un futuro migliore per tutti. Prenotazione online consigliata su www.giornatefai.it; i posti sono limitati. Nei due fine settimana apriranno luoghi diversi: sul sito il programma.
Tutti i visitatori potranno sostenere il Fai con una donazione libera – del valore minimo di 3 euro – e potranno anche iscriversi al Fai online oppure nelle diverse piazze d’Italia durante l’evento. La donazione online consentirà, a chi lo volesse, di prenotare la propria visita, assicurandosi così l’ingresso nei luoghi aperti dal momento che, per rispettare la sicurezza di tutti, i posti saranno limitati.
Durante le Giornate Fai d’Autunno si potranno visitare tre opere del grande architetto milanese Ignazio Gardella (1905-1999), dagli esordi agli anni Novanta. Le Case per gli impiegati della Borsalino (visite sabato 17, domenica 18 e 25 ottobre), commissionate dal cappellificio Borsalino per i propri dipendenti e di cui si potranno visitare l’ingresso e la sede del collegio degli ingegneri, sono state costruite tra il 1947 e il 1952 e, grazie alla compostezza coerente e classica del linguaggio architettonico, al controllo del dettaglio e alla grande forza del disegno complessivo, sono considerate uno dei paradigmi dell’architettura italiana residenziale del secondo dopoguerra. Ancora oggi questo edificio crea stupore per la modernità assoluta del progetto: dalla distribuzione degli alloggi – con la doppia esposizione per assicurare la circolazione e il ricambio di aria, la netta separazione tra spazio giorno e notte e la presenza di ripostiglio e cabina armadio per le camere dei figli – alle due pensiline che introducono agli ingressi.
Un’altra tappa dell’itinerario sarà il Presidio Riabilitativo Teresio Borsalino (visite sabato 17, domenica 18 e 25 ottobre), nato in seguito all’alluvione del novembre 1994 e alla ristrutturazione degli spazi di quello che fu il Sanatorio Antitubercolare Vittorio Emanuele III. Fatto costruire da Teresio Borsalino (1867-1936), il sanatorio venne progettato negli anni Venti da Arnaldo Gardella, insieme al suo socio di studio Luigi Martini, e portato a termine dal figlio Ignazio, che qui si cimentò nel suo primo incarico. Inaugurato nel 1936, è un esempio emblematico del nascente razionalismo per l’assoluta mancanza di decorazione, una vera “macchina per guarire”. La visita permetterà di scoprire la chiesa, che Ignazio ha plasmato secondo un lessico nuovo, intriso di riferimenti internazionali, in antitesi al classicismo paterno. La torre campanaria a traliccio caratterizza l’edificio e denuncia, in maniera forte, l’adesione a un nuovo modo di “fare architettura”: posta in facciata, ha nella parte terminale un traliccio in cemento armato, funzionale a sostenere la campana.
Ancora, il Dispensario antitubercolare (visite sabato 17, domenica 18 e 25 ottobre), luogo di prevenzione contro la tubercolosi realizzato tra il 1934 e il 1938, è una delle opere più celebri di Gardella, che accede di diritto al gruppo degli architetti del Movimento Moderno Italiano. Un’opera giovanile dalla lunga vicenda progettuale, in cui Gardella propone un’alternativa al modello definito dal Ministero per i dispensari antitubercolari – da lui non considerato adeguato perché la rigida simmetria, funzionale alla separazione fra uomini e donne, non consentiva una fruizione umana e compassionevole della struttura. Per questo, oltre a riprendere e utilizzare elementi della tradizione della casa rurale lombarda, elabora un progetto con un ingresso asimmetrico nella grande sala d’attesa che permetteva l’accesso agli altri ambienti. Il progetto è accolto con sfavore; Gardella viene rimosso dall’incarico e l’edificio modificato, spostando la scala di accesso al centro. Nel 1991, però, Gardella partecipa al progetto di restauro della sua opera, riportandola all’aspetto da lui ideato, con l’ingresso asimmetrico. L’edificio è stato riportato allo splendore originario ed è oggi utilizzato come poliambulatorio: ha quindi mantenuto la sua funzione sanitaria.