Lupi: in provincia branchi triplicati nell’ultimo decennio
Le statistiche rivelate nel corso del recente monitoraggio del predatore nell'alessandrino
OVADA — Non potrà mai essere una presenza discreta, visto che ad ogni avvistamento da parte di un cittadino, puntualmente scatta l’allarme. Lo scorso luglio i rappresentanti delle Unioni montane del Piemonte chiesero, su indicazione dell’Uncem, di attuare un piano di contenimento per limitare la presenza del lupo in alcune aree della regione. E mentre il Governo, attraverso le parole del ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, conferma la linea avviata un anno e mezzo fa, quando fu proposto un piano di ventidue azioni territoriali per il piano “uomo-lupo”, in provincia di Alessandria risulta in crescita il numero dei branchi presenti prevalentemente nelle zone boschive. «Fino al 2012 erano tre» ricorda Francesca Marucco, coordinatore tecnico scientifico del progetto Life Wolfalps. Poi, per un paio di anni, il monitoraggio attivo è stato effettuato solamente attraverso iniziative di carattere privato.
Per lungo tempo gli studi hanno indicato la presenza del predatore in due aree distinte, tra la Val Borbera e la Val Curone, nel Parco Capanne di Marcarolo e nella zona della Val Lemme, a partire dal confine con la Liguria e fino alle colline poste intorno a Gavi. Nell’ultimo decennio quel numero è incrementato, e oggi non si va distanti dalla doppia cifra, quantomeno se si parla di “branchi”. A confermare queste statistiche sono le analisi condotte attraverso dati C1, ossia i cosiddetti dati “certi”, e C2, che si basano su informazioni ritenute molto probabili. I metodi più utilizzati per lo svolgimento della ricerca restano le fototrappole, le immagini “dirette” raccolte durante gli studi ed il repertamento delle feci. «In totale sono stati raccolti 849 campioni (528 nel 2018/2019, 321 nel 2019/2020, ndr) – precisa Marucco –. Al momento non sono stati trovati evidenti incroci con cani o volpi ma, nell’alessandrino, risultano ben 35 genotipi diversi».