Trionfano “Nomadland” e Pierfrancesco Favino in “Padrenostro”
CINEMA – Nella notte veneziana tornano a ruggire, a dispetto di tutte le incertezze e le difficoltà organizzative provocate dall’emergenza sanitaria in corso, i Leoni cinematografici: sia quello d’Oro per il miglior film, attribuito a Nomadland di Chloé Zhao, con la superlativa Frances McDormand, sia quello d’Argento per la migliore regia, che ha incoronato Kiyoshi Kurosawa per Spy no Tsuma (Wife of a spy); mentre il Gran premio della giuria è andato a Nuevo orden del regista messicano Michel Franco, un racconto distopico in cui si immagina l’avvento di un violentissimo colpo di stato all’origine di un nuovo ordine sociale repressivo e inquietante.
Road-movie e terzo lungometraggio della regista cinese Zhao, Nomadland segue il percorso di trasformazione di Fern (la McDormand), vedova, un tempo insegnante, che si ritrova a percorrere da nomade le strade del selvaggio Ovest americano dopo aver dovuto abbandonare la cittadina del Nevada dove viveva, spopolata in seguito al fallimento di una grande industria. «Chloé ha speso molto tempo in quest’opera di tessitura. Ci siamo conosciuti profondamente. Ho aperto la mente e ho cercato di ascoltare», ha raccontato alla stampa l’attrice americana, moglie di Joel Coen.
Spy no Tsuma (Moglie di una spia), invece – tratto da un manga di Masasumi Kakizaki – è ambientato nel 1940 a Kobe e racconta le peripezie di Yusaku, commerciante, e di sua moglie Satoko, entrambi coinvolti loro malgrado in un’intricata e pericolosa vicenda di spionaggio. Il film ha portato per la prima volta a Venezia Kiyoshi Kurosawa (già autore degli horror di nuova concezione Cure e Kairo), «uno dei più interessanti e prolifici registi giapponesi», come ha sottolineato lo stesso direttore della Mostra Alberto Barbera.
La Coppa Volpi per il miglior attore ha laureato uno stupito e commosso Pierfrancesco Favino, protagonista e co-produttore di Padrenostro di Claudio Noce, in cui recita anche sua figlia, la piccola Lea: «Questo premio, uno dei più importanti del mondo, è un punto d’arrivo che non ho neanche mai sognato. Che arrivi per un film dove ho messo le mie energie non solo come attore fa ancora più piacere. Il cinema può essere un modo di scrivere una storia d’amore», ha dichiarato l’attore.
In Padrenostro Pierfrancesco Favino e il piccolo Mattia Garaci sono un padre e un figlio legati da amore, attesa, timore e disperazione nella Roma degli “anni di piombo”. «Sono profondamente felice e onorato di partecipare alla Mostra», ha sottolineato il regista Claudio Noce. «Tornare a Venezia con un film dopo diversi anni ha un significato particolare per me, e farlo con una vicenda ispirata alla mia famiglia mi rende ancora più orgoglioso e grato. Questa sarà un’edizione speciale per tutto il cinema mondiale, avere il privilegio di esserci è davvero una grande responsabilità».
La Coppa Volpi per la migliore attrice ha premiato l’interpretazione dell’attrice inglese Vanessa Kirby per Pieces of a woman del regista e sceneggiatore ungherese Kornél Mundruczó (l’autore del bellissimo Una luna chiamata Europa). Storia di una maternità drammatica, di una rinascita difficile e perigliosa, il film si contraddistingue proprio per la magmatica interpretazione della Kirby, che costruisce un non pacificato personaggio femminile, convincendo pubblico e giuria.
Del resto, è stata un’edizione in rosa quella proposta dalla Mostra del Cinema di Venezia che si è appena conclusa.
Dalla composizione delle giurie (fra le molte presenze femminili ricordiamo le registe Francesca Comencini, Claire Denis, Veronika Franz, Joanna Hogg, Celine Tricart, oltre alle attrici Ludivine Sagnier e a Cate Blanchett presidente della sezione assegnatrice del Leone d’Oro) alle vincitrici dei Leoni d’Oro alla carriera Tilda Swinton e Ann Hui, per approdare ai film in concorso, Venezia 77 si è dimostrata un trionfo della creatività e del talento artistico delle donne.
Solo per fare qualche esempio, partiamo proprio da Tilda Swinton, intensa protagonista del cortometraggio di Pedro Almodóvar The Human Voice tratto dall’omonima opera teatrale di Jean Cocteau, nel ruolo che è stato della “lupa” Anna Magnani, diretta da Roberto Rossellini nel film del 1948 L’amore.
A Venezia nei giorni del Festival è stato presentato in concorso anche Quo vadis, Aida? della regista di Sarajevo Jasmila Žbanić, già vincitrice nel 2006 dell’Orso d’Oro alla Berlinale per Il segreto di Esma. Quo vadis, Aida? racconta il massacro perpetrato dai serbi nei confronti di ottomila bosniaci musulmani a Srebrenica nel 1995, visto e vissuto attraverso gli occhi di Aida (una straordinaria Jasna Đuričić), insegnante in forza come interprete nel campo militare allestito sotto l’egida dell’Onu in cui si trovano suo marito e i due figli.
Bravissima Julia Visotskaya, moglie dell’ottantatreenne regista russo Andrei Konchalovsky (già tre volte vincitore del Leone d’Argento a Venezia), che alla Mostra ha proposto Cari compagni – Dear Comrades! (Dorogie tovarishchi), storia di una madre e funzionaria del partito comunista alla disperata ricerca della figlia diciottenne operaia nella fabbrica di Novocherkassk, dove l’esercito sovietico compie nel 1962 – su mandato del Kgb – una vera e propria carneficina ai danni dei lavoratori in sciopero a causa dei salari troppo bassi.
Interessanti Miss Marx di Susanna Nicchiarelli, con l’attrice britannica Romola Garai nel ruolo di Eleanor, la figlia minore di Carl Marx, esponente di spicco del socialismo inglese e sostenitrice delle lotte operaie; oltre al primo cortometraggio per la regia di Jasmine Trinca, Being My Mom, protagoniste Alba Rohrwacher e la giovane Maayane Conti, nei panni rispettivamente di una madre e di una figlia bambina che vagano in una Roma estiva e deserta, trascinando una pesante valigia. Presentato nella sezione “Orizzonti” e dedicato al rapporto della Trinca con la propria madre, «Being My Mom è – a detta dell’attrice – una passeggiata metaforica nell’esistenza di due donne, una madre e una figlia, due protagoniste che protagoniste non sono se non della loro vita. Le osserviamo con sguardo accidentale, creature che partecipano dell’esistenza, inessenziali al mondo, essenziali l’una per l’altra. Un’indagine sulle strade luminose e oscure della maternità e di ogni figliolanza».
Un’altra notevole regia al femminile è rappresenta da Le sorelle Macaluso, opera seconda della regista e artista visiva Emma Dante, che percorre l’esistenza di cinque sorelle nell’angusto contesto di un appartamento fatiscente della periferia di Palermo (nel cast anche l’ottima Donatella Finocchiaro).
Ottima prove, infine, anche per Notturno di Gianfranco Rosi (già vincitore nel 2013 del Leone d’Oro con Sacro GRA), sulle drammatiche condizioni della popolazione siriana durante la guerra, anche se un pizzico di delusione è serpeggiata tra gli addetti ai lavori per il mancato riconoscimento a un film che veniva dato per favorito.
Cate Blanchett, a questo proposito, ha cercato di smorzare i malumori assicurando che: «Tutti noi della giuria abbiamo rispetto profondo per Gianfranco Rosi e ne ammiriamo il modo di fare cinema. La decisione di escluderlo è stata difficile tanto che volevamo creare un premio speciale per lui. I film italiani sono stati tutti presi in considerazione. Eravamo una giuria dal cuore aperto».
Soddisfazione, invece, per il giovanissimo figlio d’arte Pietro Castellitto, alla sua prima regia con I predatori: ironico e graffiante affresco sociale dell’Italia di oggi, il film ha conquistato il Premio Orizzonti per la migliore sceneggiatura.