L’addio a Claudio Simonelli: le toccanti parole delle figlie
ALESSANDRIA – Le rose bianche, la sua toga deposta con delicatezza sul feretro da Mario Boccassi, l’amico di sempre, e un mazzo di garofani rossi. Piccoli grandi gesti per dimostrare ancora una volta a Claudio Simonelli uomo e avvocato che in quest’ultimo viaggio non è solo. Ad accompagnarlo nel doloroso passaggio l’affetto, la stima e la malinconia per uno spaccato di storia alessandrina che se ne va. In duomo era presente tutta la sua famiglia: la moglie Claudia Martinotti, le figlie Beatrice e Cecilia, i nipoti. Rappresentanti del Tribunale, della Procura, della Camera Penale, tanti colleghi, il mondo della politica, e molti cittadini.
E’ stata Beatrice a ricordare il Simonelli papà e nonno, rendendo pubblici ritagli di vita privata che provano a definire i tratti di un uomo che ha attraversato il suo tempo guardando sempre al futuro.
“Abbiamo letto in questi giorni articoli, testimonianze, tanti messaggi che ci sono arrivati da amici, colleghi e anche da avversari politici, tutti, credo, di profonda e sincera stima – interviene Beatrice con la voce a tratti vinta dall’emozione – Gli appellativi più ricorrenti: uomo di grande cultura, intelligenza, signorilità, ironia e autoironia. Credo che le persone presenti sappiano quasi tutto della sua vita professionale e politica, vorrei quindi raccontare qualcosa del padre e del nonno che è stato per noi.
Non posso evitare di dire che da bambina mi sia mancata molto la presenza del padre tradizionale. Quello presente alle udienze, alle recite scolastiche, per esempio. Così come i nostri figli non hanno avuto un nonno seduto in poltrona a leggere i libri. Tutti i suoi molteplici impegni ci hanno rubato molto tempo. Ma soprattutto negli ultimi anni ho capito che la qualità di ogni momento passato insieme valeva molto di più della quantità.
Certo, ricordo ancora come un incubo le tante gite culturali con spiegazioni dettagliate, guida alla mano. Una per tutte: Pompei, metà agosto, ore 13, perché in quel momento non c’erano turisti e l’avremmo vista meglio. Sasso per sasso per sasso, forse avevo tre anni. Ricordo i lunghi discorsi politici che sentivamo in casa, o le divagazioni di storia se gli facevamo una piccola domanda.
Tutte queste cose una bambina piccola non le poteva capire, e apprezzare. Ma sono qui, da qualche parte, custodite ed elaborate. E sono la grande eredità che ci lascia nostro padre. La curiosità, il desiderio, e il piacere e il desiderio di conoscere a fondo ciò che ci circonda, l’amore per i libri di qualunque genere. Mio padre era un tuttologo, ma di altissimo livello.
Quello che ho sempre ammirato è il suo vivere positivamente e serenamente ogni situazione, anzi, a volte mi faceva arrabbiare e anche mia mamma si imbestialiva perché sembrava che niente lo toccasse davvero. Ma era solo grazie al suo equilibrio profondo e alla sua grande testa, non certo per mancanza di sensibilità. Non era solo un grande oratore, ma era un vero comunicatore. Sapeva rapportarsi con tutti allo stesso modo, che fosse il Papa, il Presidente della Repubblica o l’ultimo degli ultimi. Trentenni e novantenni, lui era sempre se stesso, interessato, disponibile, gentile simpatico, affascinante. Incantava tutti.
Quante cose avrei da dire. Ci mancherà così tanto. Mi mancheranno le nostre chiacchierate di politica, commentando gli accadimenti nazionali e cittadini e i racconti sui libri che leggevamo o sui film che ci erano piaciuti. Forse potrei averlo deluso in qualche occasione, ma so che ci siamo voluti molto bene e credo che fosse contento di me. Sono serena, perché so che ha vissuto la sua vita fino all’ultimo esattamente come voleva, facendo quello che gli piaceva e se n’è andato nel migliore dei modi, esattamente nel suo stile”.
Poi un lungo applauso.
Il servizio completo sul giornale in edicola venerdì 4 settembre.