Sopravvivere non basta
Dopo le notti buie, enigmatiche, travolgenti che hanno cambiato inevitabilmente o per nulla le nostre vite, dopo gli eroi, i supereroi e i paladini “dell’andrà tutto bene”, come da costume c’è stato il periodo della solidarietà istintiva, manifestata in ogni forma possibile, un vero e proprio “bombardamento” di pillole indulgenti e supposte, intese non come ipotetiche. È una guerra. È la guerra! In questo modo e con questi termini impropri ci siamo convinti e incoraggiati, ripensando alla “vita precedente” così piena di problemi e piccole insofferenze. Ci siamo addirittura ricordati degli alberi e della natura, delle nostre solitudini e dei nostri più intimi pensieri. Qualcuno ha perfino letto un libro, ripensando alla cara, vecchia squola. Ognuno di noi ha vissuto una propria e diversa realtà, qualcuno tragicamente vera, per altri invece immaginaria, fatta di proclami e lamentele per sopravvivere. Ma sopravvivere non basta.
Così oggi, in questo agosto 2020 dove le italiche proteste e gli improperi proseguono persistenti come il puzzo di una politica alterata moralmente e una collettività ormai quasi putrefatta, indulgenti, ce ne andiamo per queste meritate vacanze mascherate. Si ritorna a respirare l’aria della normalità con la classica partenza intelligente, le sfilate dei culi sui bagnasciuga, il governante che addenta il panino con la porchetta ruttando parole inverosimili, mentre Temptetion Island così come il solito e avvincente campionato di calcio, decretano amori riconfermati, addii, colpi di scena, vinti e vincitori. Di tendenza ritornano gli sbarchi dei clandestini, un problema serio affrontato come molti altri problemi seri con proselitismo e disordine. E loro, i nostri vecchi, ritornano a spegnersi nei “luoghi di sosta” con sano e regolare disinteresse.
Ma c’è una storia in questa estate particolarmente normale che non mi dà pace per pericolosità e menefreghismo generale: i carabinieri arrestati a Piacenza. I mass media hanno scritto di racconti, intercettazioni e dettagli su un’inchiesta che ha portato al sequestro di un’intera caserma ma che ben presto è finita nell’oblio. I carabinieri arrestati sono stati sei, mentre altri quattro sono stati sottoposti a misure cautelari di altro genere. A loro si sono aggiunte altre 12 persone coinvolte. Credo che una vicenda di questo genere ci consegni un’amara valutazione di che cosa siamo diventati, oltre ad una realtà raccapricciante. E mentre uno dopo l’altro ci allontaniamo, chi resta si svaga in questo essenziale conformismo di eroi, mica eroi, parole infagottate e implacabili coglioni dalle risposte improbabili senza più stupore o agitazione. Solo qualcuno, presta attenzione per “tenere a mente”, guardare l’equilibrio del contadino e i buffoni come noi, che ogni giorno, celebrano la parola dignità, o almeno ci provano, prima che sia dopo, in questo nostro tempo bardato e con ormai poche e solitarie vampate di ribellione, perché tutto non ritorni come prima.
La rinascita, se mai ci sarà, dovrà essere una rinascita sociale e culturale, attuata insieme e uniti contro quella che potrebbe essere un’ingiustizia, una prevaricazione, un fine ignobile; lasciar morire una società, un popolo, l’evoluzione che è la storia, pervasa da piccole storie individuali che la trasformano in un mosaico meraviglioso e peculiare ma che proprio qui e oggi, è una colpa, una corresponsabilità. Di fronte alle necessità attuali delle persone, non si può pensare solo a noi stessi, voltarsi dall’altra parte, trovare in qualcun altro il colpevole.
Ciò che è accaduto in quella caserma di Piacenza è un rumore ridondante, un trambusto privo di sonorità; è una forma, una modalità, è cronaca di ogni giorno. È la costruzione della tensione, della paura, è la propaganda della forza, della possanza. È l’eccesso, l’impeto, la rabbia, il dominio nei confronti dell’altro. Ma se davvero in questa confusione vale tutto, io non vorrei far altro che vivere, avvolto da una bellezza accogliente che è negli occhi degli uomini e delle donne che combattono, si muovono, hanno paura ma non si arrendono. Sono le persone che sanno stare in equilibrio su un piede solo, che hanno eleganza, difetti, dubbi, quei pochi significati, l’oppure e il controvento. Vincere o perdere restando capaci di avere un pensiero libero e capire che anche una sconfitta può essere nobile e affascinante. E cosa c’è di più intelligente del dubbio, lo stesso, che mentre scrivo mi provoca. Il modo e l’essenza della vittoria o della sconfitta contano ma soprattutto conta, quel che succede dopo.
Così io, non voglio far altro che vivere.