Il procuratore capo Cieri incastrò il quarto autore materiale
Quarant'anni fa la strage di Bologna
ALESSANDRIA – Quarant’anni dopo, la strage di Bologna presenta ancora questioni in sospeso. Nonostante sia, insieme ai fatti di Brescia, uno dei pochi episodi accaduti in quei tempi bui del nostro Paese le cui indagini portarono alla condanna di quattro degli esecutori materiali. È del gennaio scorso, infatti, la condanna all’ergastolo inflitta (in primo grado) all’ex Nar, Gilberto Cavallini. La Corte d’Assise ha derubricato il reato: esclusa la finalità «di attentare alla sicurezza dello Stato». Il massimo della pena per Cavallini era stato chiesto dal procuratore Enrico Cieri: «Se doveste ritenere che Cavallini ha semplicemente offerto a Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini (condannati in via definitiva come esecutori della strage – ora liberi – ndr) solo un passaggio fino a Bologna mentre lui si dedicava ad altro, quantomeno dovreste ritenere il contributo di aver offerto una base logistica e documenti contraffatti una condotta di partecipazione colpevole alla strage, che lo deve far ritenere responsabile».
Ma il capitolo non è chiuso. Chi furono i mandanti? Enrico Cieri, ora è a capo della Procura di Alessandria, con lui abbiamo ripercorso alcuni passaggi di una delle pagine drammatiche della nostra storia.
«Un ulteriore autore»
«C’è un altro procedimento in corso a Bologna che ha identificato un ulteriore esecutore materiale nei confronti del quale è stata fatta la richiesta di rinvio a giudizio. L’udienza preliminare non è ancora stata discussa: si tratta di Paolo Bellini (ex Avanguardia Nazionale, ndr), personaggio noto alle cronache criminali che è stato un collaboratore di giustizia legato alla malavita calabrese. Fu accidentalmente identificato in un filmino che un turista svizzero girò il 2 agosto 1980 come presente alla stazione di Bologna in occasione della strage. Quindi l’accusa in un procedimento che si sta svolgendo adesso – spiega Cieri – e che rivedrebbe nuovamente Licio Gelli come ideatore, ma anche organizzatore e finanziatore della strage con cospicue somme di denaro che avrebbe versato agli esecutori. Si tratta di una vicenda che deve ancora essere validata a livello processuale. Noi provammo ad interrogare Gelli (morto nel 2015, ndr), si avvalse della facoltà di non rispondere».
Indagini mai interrotte
«Le indagini sulla strage di Bologna sono andate avanti senza alcuna interruzione, e hanno portato nel 1988 al primo processo che vedeva Mambro e Fioravanti come esecutori materiali, e una sorta di comitato di ideazione, di organizzazione, che faceva capo a Gelli e ad altre persone infiltrate nei servizi di sicurezza dello Stato che costituivano un’associazione eversiva che vedeva nella strage di Bologna uno degli episodi dell’attività. Perché la strage di Bologna si situa all’interno di un periodo definito “delle stragi di Stato”, della strategia della tensione, che iniziò il 12 dicembre 1969 con la strage di piazza Fontana e si concluse nel 1984 con la “strage di Natale” (esplosione sul treno lungo la tratta a San Benedetto Val di Sambro, ndr).
Di tutto quel periodo – continua il magistrato – gli unici episodi di cui sappiamo, perché gli autori sono stati condannati irrevocabilmente, sono i fatti di Brescia e di Bologna. Uno dei tentativi che è stato fatto in sede giornalistica, ma anche giudiziaria, è stato quello di connetterli come azioni di una strategia unitaria della tensione. Tentativo che non ha dato risultati, nel senso che noi, parlo per Bologna, abbiamo quattro condanne. Ma Gelli, per esempio, è stato ritenuto colpevole nel primo processo, e poi assolto come ideatore della strage. Nelle vicende Bolognesi è stato condannato irrevocabilmente solo per un episodio di calunnia aggravata successivo alla strage. Cioè quando, nel gennaio 1981, su un treno Taranto Milano fu ritrovata una valigia con dell’esplosivo, delle armi e l’identità falsa di due terroristi tedeschi: fu considerato un depistaggio rispetto ai reali autori della strage. Quello che è vero, è che adesso ci sono queste quattro persone (l’ultimo – Gilberto Cavallini – condannato lo scorso gennaio – complice diretto di Mambro, Fioravanti, Ciavardini), ritenute responsabili di un fatto sanguinario».
Procedimenti paralleli
«La strage di Bologna è stata caratterizzata da una serie di procedimenti paralleli. Furono valutate piste alternative a quelle che portavano agli autori. Io mi sono occupato della pista palestinese, sostenuta con molto vigore dalla commissione Mitrokhin, che invitò la Procura ad indagare su fatti che trovavano un eccezionale fondamento storico. Cioè, che un terrorista tedesco, Thomas Kram, il primo agosto 1980 arrivò a Bologna, soggiornò in un albergo per tutta la giornata per poi allontanarsi senza destinazione. Questo procedimento mi portò negli archivi della Stasi (organizzazione di sicurezza e spionaggio della Repubblica Democratica Tedesca, fungendo da strumento governativo per il Partito di Unità Socialista tedesco, ndr), perché si riteneva che Kram fosse legato all’organizzazione Separat (Organizzazione dei Rivoluzionari Internazional, ndr) fondata e diretta dal venezuelano Ilich Ramírez Sánchez (soprannominato Carlos lo Sciacallo) che interrogai. Sta scontando una serie di ergastoli per una serie di episodi di una strategia esplosiva ai treni».
Su Ciavardini, Mambro e Fioravanti pesano azioni terribili. Agirono da soli, in una strategia definita spontaneista, o furono in qualche modo manovrati da altri?
Sospetti sui servizi di sicurezza? “Nulla che abbia portato più in là di sospetti”
Nel processo di Bologna sono emersi sospetti sui servizi di sicurezza dello Stato, sui servizi stranieri, ma «nulla che poi abbia portato più in là di sospetti». Il processo contro l’ex Nar (Nuclei Armati Rivoluzionari, ndr) Gilberto Cavallini è concluso, ora si attendono le motivazioni.
«L’associazione dei familiari delle vittime è molto attiva a Bologna, sta conducendo una battaglia per la desecretazione e la digitalizzazione degli atti, e quindi per un accesso popolare agli atti della strage che è il vero problema, non solo giudiziario. Perché se noi sapessimo chi ha la responsabilità di quei drammi, di Ustica, ad esempio, qual è il legame tra questi fatti e quel Mib libico che fu ritrovato nello stesso periodo sulla Sila calabrese, avremmo forse una serie di informazioni più esatte su quella che è stata la nostra storia recente. Devo dire che nessuno ce le ha date queste informazioni. In occasione dei procedimenti sulla strage che avevo istruito, vi fu, ad un certo punto, un’intervista rilasciata da Francesco Cossiga (ai tempi della strage presidente del Consiglio, ndr), ad Aldo Cazzullo del Corriere della Sera. Cossiga disse al giornalista di avere informazioni sul fatto che la strage di Bologna non fosse responsabilità di Mambro e Fioravanti, che si trattava di un passaggio di armi ed esplosivi della guerriglia palestinese, e che l’esplosione era stata involontaria. Noi l’abbiamo sentito Francesco Cossiga – continua Enrico Cieri – abbiamo chiesto conto di quelle dichiarazioni così dettagliate. Siamo andati a Roma. Ci spiegò che il giornalista aveva frainteso, “non volevo dire questo”. L’aveva saputo, sentito, “ma in realtà non ho alcuna informazione diretta su quei fatti che non fossero mie congetture e illazioni” ci disse. Cossiga a quell’epoca era il Ministro dell’Interno».
Un processo «esteso»
«Il processo di Bologna, le cui prove erano quelle già acquisite contro Mambro e Fioravanti, si è esteso moltissimo per l’individuazione dei possibili mandanti».
Soprattutto per le sollecitazioni della parte civile (l’Associazione dei famigliari) a trovare possibili legami di Cavallini con Gelli, i servizi di sicurezza italiani di allora, con il fatto che Gelli ricevesse ospiti tra i quali anche qualche terrorista italiano, qualche appartenente a Terza Posizione, organizzazione molto vicina a Mambro e Fioravanti.
Oltre all’indagine contro Paolo Bellini, a cui la Procura contesta, ad oggi, l’ipotesi di essere un ulteriore esecutore della strage, si è aperto il filone per approfondire la figura dei mandanti. Il procuratore Enrico Cieri vive sotto scorta dal 2009, protezione decisa per ragioni di sicurezza dopo le intimidazioni conseguenti le inchieste di cui si è occupato nel corso della carriera.