Dopo l’emergenza sanitaria quanti nuovi poveri
I dati forniti dal Consorzio inquadrano uno scenario poco rassicurante in vista dell'autunno
OVADA – Numeri che inquadrano un Ovadese, inteso come territorio, più povero e fragile di ciò che si immaginava. Una cartina dolente di un’area uscita con le ossa rotte dall’emergenza sanitaria della primavera. A delinearla il Consorzio Servizi Sociali che in sede di approvazione di consuntivo ha stanziato un contributo straordinario di 187 mila euro. Solo un tampone, in attesa di ridisegnare le politiche sociali dei sedici comuni che fanno parte dell’ente.
Facile previsione Nel mese di marzo l’ente è stato chiamato a mettere a punto un progetto per l’utilizzo dei 151 mila euro stanziati dal Governo per il nostro territorio nell’ambito dell’emergenza alimentare. Risorse che sono state distribuite dall’inizio del mese di aprile e che, sostanzialmente, si sono esaurite a fine giugno. Quanto emerso è però inquietante. «I nuclei famigliari che hanno usufruito del progetto – riassume Gianni Zillante, direttore del Consorzio – sono 773. Di queste solo un centinaio erano già conosciute al nostro ente». Nel dettaglio: 5200 i buoni spesa erogati a 563 nuclei famigliari con la collaborazione di 70 attività commerciali di vicinato coinvolte. Il numero più alto di richiesta è arrivato da Ovada con 290. Seguono i comuni di Silvano, Castelletto d’Orba e Molare.
Bomba sociale Un universo nuovo di persone senza una reale rete di protezione, lavoratori precari in settori soggetti a un’immediata contrazione che hanno visto sparire gli introiti sui quali potevano contare. «Sono di fatto – prosegue Zillante – nuove povertà con le quali dobbiamo fare i conti». Il 41% delle famiglie ha almeno un minore a carico, il 31% è composto di soli adulti. Se le operazioni procederanno con l’attuale ritmo è facile immaginare che il nuovo fondo si esaurirà tra ottobre e novembre. Gli indirizzi adottati sono chiari: potenziamento del servizio di assistenza economica, attivazione di percorsi di attivazione sociale e di tirocini di inclusione. Un’utopia pensare che solo la rete locale possa dare una risposta esaustiva. Per attuare strategie migliori sarà necessario confrontarsi con lo scenario nazionale.