“Straordinario non pagato”, il giudice dà ragione all’azienda
Le vertenze di lavoro incardinate da tre ex dipendenti sono state rigettate
SALE – Tre ex autisti hanno fatto causa alla ditta per cui lavoravano, chiedendo il saldo delle ore di straordinario dal gennaio 2013 al dicembre 2017. E hanno presentato un conto particolarmente salato: si parla, complessivamente, di poco più di 250mila euro.
Il giudice del lavoro, Valeria Ardoino, accogliendo la tesi del difensore della Ghiglione Trasporti di Sale, avvocato Davide Recupido, ha rigettato i ricorsi, dando ragione alla ditta. L’azienda, a conduzione familiare e che mai ha avuto vertenze di alcun tipo, si è trovata ad affrontare una situazione complessa in merito alla gestione del personale a seguito delle richieste di tre ex suoi dipendenti che, partendo dal presupposto di aver lavorato ininterrottamente dall’alba al tramonto per un periodo decisamente lungo, chiedevano il pagamento di un monte ore di straordinario considerevole. Così si sono rivolti al giudice. Approfondendo la querelle, però, sono emerse anche situazioni diverse, ovvero che la legge considera quel tipo di categorie di dipendenti come lavoratori discontinui.
L’accordo coi sindacati
Da fine anni Duemila, infatti, nell’azienda vige un accordo, stipulato con i sindacati, di forfettizzazione dello straordinario e delle trasferte.
Intesa la cui validità ed efficacia è prevista dal contratto nazionale e che prevede come il lavoratore che intenda agire contro la proprietà debba farlo entro sei mesi. In caso contrario il diritto decade.
Nel caso specifico, sono due i presupposti che hanno portato a tale decisione. Intanto, in sentenza si ribadisce che si tratta di lavoratori discontinui «per legge». E che gli accordi aziendali, per quanto siano stati contestati, sono attualmente pienamente validi ed efficaci.
Le pretese economiche sono state rigettate in parte perché riferite a un periodo troppo lontano, quindi decaduto. Laddove, invece, si chiedeva di valutare uno spazio temporale ancora valido, il giudice è entrato nel merito. Ovvero, bisognava dare prova rigorosa dello straordinario effettuato, ma così non è stato.
Il nodo dell’alternanza
«La prestazione di lavoro dell’autista, impegnato nel trasporto merci, si svolge per sua natura al di fuori dell’azienda ed è tipicamente caratterizzata, sia per la normale articolazione del lavoro, sia in forza di disposizioni di legge, dall’alternanza di tempi di lavoro e pause di riposo. Si tratta in altre parole di un’attività discontinua».
Secondo la sentenza, chi ricorre deve provare di essere stato impegnato in prestazioni lavorative per tutto il tempo trascorso fuori dall’azienda, ovvero di essere comunque rimasto a disposizione del datore di lavoro anche nelle ore non di guida risultanti dai fogli presenza e dai report giornalieri prodotti.
Non basta, in sostanza, affermare di aver preso il camion di prima mattina e di averlo riportato a tarda sera.
Il giudice ha rigettato i ricorsi condannando i tre a pagare le spese processuali.