“Amore mio aiutami”: Sordi-Vitti, la coppia eccellente del cinema italiano
Sotto la patina dell’umorismo corrosivo, il film si conferma anche a distanza di anni come un amarissimo apologo sul dissolvimento della coppia tradizionalmente intesa
CINEMA – Come la prendereste se la vostra metà vi confessasse a chiare lettere: «Amore mio aiutami, amo un altro!»? (dal film Amore mio aiutami)
Lo scorso 15 giugno è stato festeggiato il suo genetliaco: l’indimenticabile Alberto Sordi, il grande attore e regista che in sessant’anni di carriera ha raccontato attraverso i propri personaggi vizi e virtù degli italiani, avrebbe compiuto i cento anni, solo con qualche mese di ritardo rispetto all’amico Federico Fellini, nato il 20 gennaio del 1920.
Il sodalizio con il genio riminese fu senza dubbio di grande importanza – specie nei primi anni di carriera di Sordi, che si impose all’attenzione di pubblico e critica anche grazie alla sua partecipazione a Lo sceicco bianco (1952) e I vitelloni (1953) – ma nella parabola artistica dell’attore romano ci sono state altre collaborazioni prestigiose, che hanno segnato l’inizio di amicizie profonde: prima fra tutte quella con Monica Vitti.
Il legame artistico che sancisce la creazione di una nuova coppia eccellente del cinema italiano, sospesa tra la commedia e il dramma, nasce nel 1969 sul set di un film diretto dallo stesso Sordi: Amore mio aiutami, in cui per soggetto e sceneggiatura l’attore-regista si affida ancora una volta a Rodolfo Sonego, con il quale lavorerà complessivamente in quarantaquattro film.
Nel periodo in cui avviene l’incontro con Sordi, Monica Vitti proveniva dal cinema colto e impegnato di Michelangelo Antonioni, suo compagno: un’esperienza che l’aveva qualificata a pieno titolo come attrice drammatica (vedi, tra il 1960 e il 1964, L’avventura, La notte, L’eclissi e Deserto rosso), tenendola, tuttavia, lontana dai ruoli comici.
Con Amore mio aiutami la Vitti ha l’occasione di provare a costruire una nuova immagine di sé, legata a un cinema più scanzonato e leggero: la sfida viene ampiamente vinta presso il pubblico e i recensori, tanto che l’attrice da questo momento comincia a essere apprezzata anche per il suo coté umoristico. Il duetto con Sordi verrà declinato in altri due film, sempre da lui diretti: Polvere di stelle (1973) e Io so che tu sai che io so (1982).
Se Polvere di stelle rappresenta un commosso, divertito e – a tratti – malinconicamente amaro omaggio al perduto mondo dell’avanspettacolo, che accompagnava la rinascita dell’Italia subito dopo la seconda guerra mondiale, è palese che sono Mimmo Adami e Dea Dani – i personaggi interpretati dalla Vitti e da Sordi – a costituirne il nucleo pulsante. Da antologia parecchie scene, fra cui l’incontro alla stazione con Wanda Osiris e la famosissima scena in cui Mimmo e Dea cantano e ballano sulle note di “Ma ‘ndo vai se la banana non ce l’hai?”.
Differente, invece, il contesto narrativo di Io so che tu sai che io so, pellicola che ha molti punti di contatto con Amore mio aiutami. In queste due opere Sordi pare voler proporre una vera e propria indagine sociologica sulle dinamiche del rapporto di coppia, colto nei momenti di crisi, di stanchezza e saturazione, come emblema di una società incapace di comunicare sul piano dei sentimenti e delle emozioni.
Sotto questo profilo la storia del bancario Fabio (Sordi) e della moglie Livia (Vitti) diviene emblematica: una vita familiare ormai ripetitiva e monotona, una tranquillità annoiata vissuta come certa e invece, casualmente scoperta in equilibrio precario, intessuta di sotterfugi, scheletri nell’armadio, verità nascoste.
In Amore mio aiutami, primo film del dittico sulla deflagrazione contemporanea dell’istituzione matrimoniale, Sordi veste i panni di Giovanni Machiavelli, la Vitti quelli di Raffaella, sua moglie.
Nelle prime scene apparentemente affiatati e complici (a dispetto dei già trascorsi dieci anni di matrimonio), i due iniziano a soffrire entrambi, per ragioni diverse, quando la vita reale irrompe nel loro ménage con le fattezze di Valerio (Silvano Tranquilli), piacente quarantenne di cui Raffaella si invaghisce. Da qui la coppia entra in una spirale di accuse, sospetti, rivendicazioni (non facendosi mancare neppure una serie di gravi disturbi psicosomatici e addirittura un tentativo di suicidio) che non fanno che aggravare il problema, mettendo in luce la sua immaturità.
Neppure il figlio Roberto (Maurizio Davini), con il quale sia Giovanni che Raffaella coltivano un rapporto solitamente distaccato (tant’è che il bambino non vive neppure con loro, ma in collegio), rifiuta con maggiore saggezza di farsi coinvolgere nella crisi genitoriale come strumento di ricatto: alla coppia non resta che giungere al punto più estremo del rapporto, una lotta all’ultimo sangue, una violenza che da verbale e psicologica diventa fisica. La sequenza più drammatica del film è quella in cui Giovanni insegue Raffaella sulla spiaggia di Sabaudia, infierendo su di lei (in realtà al posto della Vitti venne impiegata come controfigura l’allora quindicenne Fiorella Mannoia).
È significativo che Amore mio aiutami – un’opera piuttosto esplicita per temi e modalità della rappresentazione – approdi nelle sale proprio sul crinale degli anni Settanta, in anni caratterizzati da rivolgimenti culturali e sociali che preludono a una ridefinizione dei rapporti tra i sessi e di quelli familiari.
Alla conferenza stampa di presentazione della sua quarta regia, Sordi ebbe a dire scherzosamente, facendo un parallelo con la sua vita privata: «Mi sono sognato di essere marito, è stato un incubo. C’ho quasi novant’anni e sono ancora “signorino”».
Sotto la patina dell’umorismo corrosivo, tuttavia, il film di Sordi si conferma anche a distanza di anni come un amarissimo apologo sul dissolvimento della coppia tradizionalmente intesa, lontana dalla possibilità di rifondarsi su principi condivisi.
In questo ritratto caustico e grottesco la caratterizzazione della Vitti (così come quella di Sordi) si serve delle armi del comico per enfatizzare e – nello stesso tempo – per raccontare una realtà dolorosa con maggiore levità. «Io sono una che crede nel sorriso – sosteneva l’attrice – per me ridere è una necessità salutare».
Amore mio aiutami è visibile in streaming su YouTube.
Amore mio aiutami
Regia: Alberto Sordi
Origine: Italia, 1969, 124’
Cast: Alberto Sordi, Monica Vitti, Silvano Tranquilli, Laura Adani, Ugo Gregoretti, Mariolina Cannuli, Maurizio Davini, Néstor Garay, Karl-Otto Alberty, Gaetano Imbrò
Soggetto: Rodolfo Sonego
Sceneggiatura: Rodolfo Sonego, Alberto Sordi, Tullio Pinelli
Fotografia: Carlo Di Palma
Musiche: Piero Piccioni
Montaggio: Franco Fraticelli
Scenografia: Flavio Mogherini
Arredamento: Emilio Baldelli
Costumi: Bruna Parmesan
Produzione: Gianni Hecht Lucari per Documento Film
Distribuzione: Columbia Ceiad