Alessandria scelga “l’urbanistica tattica”
L'analisi dell'architetto alessandrino Luca Zanon
Sono troppi anni, ormai, che il centro storico di Alessandria è assediato dalle automobili. Il confronto con le altre città italiane, simili per conformazione urbanistica e per dimensione, è impietoso: praticamente tutte le città dell’Emilia Romagna, del Veneto, e diverse realtà lombarde, hanno centri storici ampiamente chiusi alle auto. Trovo sinceramente assurdo che strade come via Milano o via Vochieri siano interessate dal passaggio veicolare: stiamo parlando di arterie che ricalcano la morfologia dell’antico tessuto medioevale cittadino, e quindi poco adatte al passaggio degli automezzi. Chi si trova a passeggiare lungo queste vie spesso deve camminare rasente ai muri dei palazzi per il continuo passaggio delle automobili, o zigzagare a causa della sosta selvaggia dei soliti maleducati.
Anche la tesi, sostenuta da alcuni, sul fatto che il centro storico di Alessandria non si possa chiudere al traffico veicolare perché mancano i parcheggi lascia il tempo che trova. I parcheggi a corona del centro esistono già, basterebbe semplicemente renderli più fruibili, potenziarli, organizzarli in modo che possano costituire un punto di interscambio comodo dove l’automobilista può lasciare la sua autovettura e prendere una navetta per raggiungere il centro o decidere di andare a piedi. Mi riferisco a parcheggi come quello “dell’ACI”, oppure a Piazza Divina Provvidenza, o ancora al complesso dell’ex Caserma Valfrè, dove si potrebbero ricavare diversi posti auto all’interno degli spazi liberi.
E, soprattutto, si potrebbe finalmente pensare di limitare l’accesso delle automobili a diverse vie del centro storico. Non servono investimenti ingenti e stravolgimenti strutturali. Si sta diffondendo, infatti, nel mondo e anche in diverse realtà italiane, nelle città più attente alla salute dei cittadini e alla qualità della vita degli abitanti, soluzioni interessanti che vanno sotto il nome di “urbanistica tattica”. L’urbanistica tattica “è un approccio che prevede diversi tipi di azioni, a volte fatte direttamente dai cittadini, altre dalle amministrazioni locali, che hanno lo scopo di migliorare gli spazi pubblici per renderli più utili e piacevoli per chi li usa” senza intervenire drasticamente sulla ripavimentazione o sull’arredo urbano (operazioni che sarebbero condotte in una fase successiva in caso di successo dell’iniziativa), ma prevedendo soluzioni creative temporanee per precludere il transito delle automobili e far sì che le persone possano vivere questi nuovi spazi in sicurezza, sostandovi per chiacchierare, lavorare o bere qualcosa. Come sostiene l’architetto Matteo Dondé, l’urbanistica tattica deve attivare iniziative dal basso per “promuovere l’idea della qualità delle strade” integrata a una “nuova cultura della mobilità”.
Perché dunque non iniziare a chiudere alcune vie del centro storico sperimentando l’uso di questa pratica? Il fulcro del problema, però, a mio avviso è e sarà Piazza della Libertà: finché questa piazza, il centro fisico e sociale della nostra città, sarà trattata a mero parcheggio per le automobili, non si potrà investire su una vera riqualificazione del nostro centro storico, perché le automobili continueranno ad arrivare indisturbate al cuore della città, trasformando le vie di accesso (e uscita) al centro (via Guasco, via Mazzini, via Cavour e via Pontida) in strade simili a statali, dove è pericoloso passeggiare, dove non si può pensare a una riqualificazione dell’arredo urbano e delle pavimentazioni perché diventerebbe un’operazione inutile.
E’ da qui che dobbiamo ripartire: da un centro storico finalmente libero dalle automobili, dalle piazze come luoghi deputati alla vita della comunità anche grazie ad azioni sociali condivise, talvolta spontanee, talvolta innescate da uno stimolo originato dall’amministrazione pubblica.
In Alessandria e l’urbanistica della felicità, testo fondamentale per capire le dinamiche urbanistiche e sociali della nostra città di allora e di oggi, scritto dal recentemente compianto Mario Mantelli e da Enzo Testa, nella prefazione, curata da Nuccio Lodato e Pietro Moretti, già si dibatteva di soluzioni che potessero liberare una “città letteralmente soffocata, nel suo piccolo, entro la cerchia degli spalti, da una circolazione automobilistica senza regole”. Era il 1989.
* Nella foto l’autore di questa riflessione, l’architetto alessandrino Luca Zanon