L’ intervista alla professoressa Maria Laura Franchi
La docente del Leardi sarà in pensione dal prossimo 1 settembre
CASALE – Per alcuni insegnanti dell’Istituto Superiore “Leardi” questo mese di giugno, così come tutto l’anno scolastico che si sta concludendo, ha un sapore particolare, poiché dal prossimo 1 settembre lasceranno le attività didattiche. Tra questi la professoressa Maria Laura Franchi, docente storica dell’Istituto casalese e capo del dipartimento di Lettere, che è stata protagonista di un’intervista in cui ha affrontato diversi temi, in particolare l’impatto che ha avuto il mondo scolastico con la didattica a distanza, di seguito riportata.
«Professoressa Franchi, come ha vissuto quest’anno scolastico che sta volgendo al termine? Quale opinione può esprimere sulla Didattica a Distanza?»
«Questo per me è stato il 38° anno di insegnamento e da trent’anni esatti sono una docente dell’Istituto “Leardi”. Nel corso della mia lunga esperienza, passata a insegnare a generazioni di futuri geometri e di ragionieri, ho affrontato diverse problematiche, ma mai avrei immaginato che mi sarei dovuta confrontare con un’emergenza di questa entità. La didattica a distanza è stata, per me e per tutti, una novità con cui doversi confrontare. Dopo tre mesi dal suo inizio, posso dire che la sua attivazione ha giovato soprattutto agli alunni: la scuola è riuscita, nonostante le difficoltà, a rimanere una guida nello studio dei ragazzi, ma ancora di più è stata un supporto in senso morale e psicologico. Diversi tra i miei studenti sono stati toccati dalle conseguenze dell’epidemia, perché hanno perso un familiare, una persona cara oppure perché hanno dovuto riorganizzare le proprie abitudini trasferendosi in ambienti più sicuri: in qualche modo, la mia voce, la mia presenza in video e quella dei colleghi hanno contribuito a garantire un’apparenza di normalità e di protezione in un frangente in cui tutto sembrava eccezionale e fuori controllo»
«Più in generale, secondo lei come ha risposto la classe docente a questa nuova modalità di insegnamento? Quali sono stati i limiti o i pregi più significativi?»
«A mio parere, la didattica a distanza è stata un valido strumento per affrontare una situazione emergenziale, ma ritengo che la lezione in presenza, che permette uno scambio non solo di informazioni ma anche un dialogo umano e relazionale, sia insostituibile per la completa formazione dei giovani: a scuola si imparano sì le nozioni e si sviluppano le competenze specifiche, ma con il confronto e con l’esempio si apprende a diventare cittadini consapevoli e attivi. Per non parlare delle discipline di indirizzo, che necessitano delle varie attività laboratoriali e sul campo. Devo riconoscere, inoltre, che questa nuova modalità didattica per gli insegnanti è stata una sfida notevole. Per quanto mi riguarda, grazie alla pratica di questi mesi ora riesco a impiegare nel mio lavoro tantissimi strumenti informatici efficaci e funzionali che avrei utilizzato sicuramente al mio rientro a settembre. Devo confessare che i primi giorni, nonostante i corsi di formazione seguiti, la sensazione che maggiormente provavo è stata la solitudine: ricordo di una mattina di marzo in cui mi sono ritrovata davanti al computer pronta a insegnare ai miei ragazzi come sempre, ma non riuscivo a mettere a fuoco i passaggi per trasmettere con la tecnologia la lezione del giorno. Per fortuna non mi sono persa d’animo e, grazie al sostegno di alcuni colleghi e con un pizzico d’orgoglio, dopo alcuni tentativi sono riuscita ad apprendere come svolgere le mie attività: mi sono sentita soddisfatta di me stessa, perché ero riuscita a fare ciò che più avevo a cuore, ovvero raggiungere nel modo più opportuno i miei studenti»
«Nel corso della sua lunga carriera, qual è stata la sua più grande soddisfazione di insegnante o il ricordo più caro che conserva?»
«Credo che la professione dell’insegnante sia una delle più appaganti al mondo: nel corso della mia carriera trentennale ho collezionato una serie di piccole soddisfazioni che mi hanno spronata nel corso degli anni e mi hanno motivata fino ad oggi. È bello, a distanza di molto tempo, essere contattati dai propri ex studenti e capire che, in qualche modo, sei riuscita a lasciare una traccia dentro di loro attraverso il tuo lavoro: proprio pochi mesi fa ho rincontrato la mia primissima classe e ho ricevuto l’invito di una ex studentessa, ora albergatrice a Pesaro, a ritrovarsi per trascorrere del tempo insieme al mare, ricordando gli episodi più significativi di quell’anno scolastico. Se devo indicare una soddisfazione particolare, non posso che citare la vittoria nazionale di un mio studente, Leonardo Deambrogio, alle scorse Olimpiadi dell’Italiano: ho vissuto un momento di confronto insostituibile con colleghi, linguisti e accademici della Crusca e, soprattutto, ho potuto accompagnare il mio alunno, che ha saputo superare le penne degli studenti del liceo Classico, verso un traguardo così prestigioso»
«Se potesse dare un consiglio all’insegnante alle prime armi che è stata, quale sarebbe? Più in generale, che cosa deve avere oggi un giovane docente che vuole intraprendere questa professione?»
«Alla me stessa del passato, così come a un giovane docente che si affaccia a questa professione, darei gli stessi consigli, la mia ricetta frutto di esperienza e di tanto lavoro: innanzitutto tanta umiltà, perché nessuno nasce perfetto e c’è sempre qualcosa da imparare e da scoprire; invito alla condivisione con i colleghi, con cui ho avuto uno splendido rapporto professionale e anche di amicizia sincera, perché solo insieme si possono risolvere problemi e fare scelte per il bene dei ragazzi; infine raccomando di mettersi in gioco e di vivere questo lavoro con passione, perché è il solo sprone che permette di riuscire e di non fare percepire il peso delle difficoltà. La passione inoltre è contagiosa: i ragazzi capiranno subito se crediamo davvero in quello che diciamo e che facciamo, solo così si faranno condurre in quel percorso meraviglioso che è l’insegnamento».