Casale, Riboldi, i Dem e la deriva autoritaria
CASALE – C’è chi lo ama (molti) e chi proprio non può vederlo (pochi). Nelle scorse settimane il sindaco di Casale, Federico Riboldi, è stato accusato dal circolo cittadino del Partito Democratico di essere l’architetto e il primo beneficiario di una deriva autoritaria senza precedenti per la città.
Esponente di spicco di Fratelli d’Italia, uomo di fiducia di Giorgia Meloni in questa parte del Paese, il giovane sindaco di Casale nel suo primo anno di mandato ha messo a frutto tutte le forze che ha coltivato e fatto crescere nei lustri di opposizione e nella parentesi di governo della Giunta Demezzi. A cominciare dalla comunicazione, Vello d’Oro di ogni difficoltà incontrata nei primi 365 giorni di amministrazione, fino alla forte rete di rapporti sociali costruiti nel tempo e rinsaldati, soprattutto, nei difficili giorni di pandemia. Una ne fa, dieci ne comunica, cento ne percepiscono i casalesi. È l’imponenza di un progetto dalla comunicatività pronunciata e dalla sostanza politica ancora tutta da dimostrare.
La luna di miele tra il sindaco Riboldi e i cittadini di Casale ha superato il primo anno. Per lui, dalle strade ai social, sono sempre applausi e chi muove un appunto viene zittito da una presenza costante di militanti e ammiratori. Una tessitura sociale perfetta, da manuale della politica in tempi in cui tutti si improvvisano, per costruire un futuro nella macchina pubblica che potrebbe lasciare il segno anche ai piani più alti. Gli elementi ci sono tutti.
La crisi sanitaria ha messo alle corde molti amministratori locali, persi tra i ritardi delle mascherine e le drammatiche morti nelle case di riposo. A Casale – terza città per casi di Sars Cov 2 nell’ottava provincia italiana, la peggiore in Piemonte – l’emergenza è stata vissuta in modo completamente diverso. La rete sociale ha funzionato e non solo, ha fatto di più: ha retto bene il colpo. I cittadini si sono sentiti ascoltati dall’amministrazione e mai lasciati soli. E scusate se è poco.
Di errori nessuno ha parlato. Non si può. I media localissimi sono stati più impegnati ad amplificare il rumore che ad analizzare i singoli suoni per comprendere che “aria” tira davvero nelle stanze di Palazzo San Giorgio (qualcuno giura di aver sentito qualche scricchiolio…). I morti nelle case di riposo ci sono stati anche a Casale, e tanti. Lo dimostrano i diversi esposti che si stanno sommando in Procura. Ma questo, nello scenario delle grandi manovre del sindaco Riboldi, è passato in tinte tenui all’orizzonte.
La vera perla, poi, sono stati gli esami sierologici di massa. Unica città in provincia ad aver garantito così tante analisi con tampone immediato in caso di positività. L’unica. Il merito, il sindaco Riboldi, ce l’ha e se l’è preso puntandosi addosso tutti i riflettori del caso, dalla Rai in giù. Sempre sorridente, sempre presente, sempre disponibile, sempre con una soluzione facile per tutto: questo ha fatto sì che la stragrande maggioranza dei cittadini associ quanto di positivo accada in città con la sua sola immagine. Gli assessori – dai comunicati ai canali social, dai videospot alle uscite pubbliche – sono sempre attori mai protagonisti (chi conosce i nomi di tutti gli assessori alzi la mano…). Un investimento di tempo e di energie cominciato anni fa e che ha pagato; perché esserci – anche senza fare null’altro – nell’era dell’immagine, non è importante, è l’unica cosa che conta.
Con un comunicato da vecchia macchina partitica, il circolo casalese dei Dem ha fatto le pulci al sindaco Riboldi su temi, certo, importanti per la vita amministrativa della città (come la divisione dei poteri in Cosmo o il confronto democratico tra i capigruppo), ma che annoiano anche quei pochi feticisti della politica locale e non raccoglierebbero un like nemmeno da chi fosse pagato per farlo. Perché? Perché non sono temi che toccano le corde del cuore della gente e perché per farsi ascoltare, anche su questioni meno social-friendly, bisogna prima avere l’attenzione dei cittadini, un capitale che non si conquista dall’oggi al domani facendosi fregio solo di uno stemma di partito.
Insomma, bisogna esserci e bisogna esserci stati. Sempre. E se è vero che esiste una deriva autoritaria a Casale, è anche vero che un piatto della bilancia pende tutto da una parte perché sull’altro… non c’è nulla.