Gli anni ’90 di Valenza
Continua la storia della città del professor Maggiora
VALENZA – Negli anni ’90 il crollo del comunismo poteva far pensare ad un periodo politico meno problematico e turbolento: i fatti smentiranno le attese. Gli elettori italiani cessano di votare i 5 partiti rifugio (DC, PSI, PSDI, PLI, PRI), che hanno governato il Paese per quasi mezzo secolo, e puntano su movimenti nuovi. Arrivano la Lega e “Mani Pulite”, crolla la prima Repubblica affondata dalle inchieste giudiziarie. Scende in campo Silvio Berlusconi (1994), poi il ribaltone, arriva la sinistra di Prodi (1996) e quindi, senza il tagliando elettorale, D’Alema (1998-2000).
In realtà a Valenza, negli anni 90, sopravvive ancora lo zoccolo duro di una sinistra, ormai logora e di maniera, strumento di un’Amministrazione comunale in gran parte postcomunista. Tra il popolo si sono però inesorabilmente appannati taluni ideali proletari, è scomparso un certo impegno politico: è quasi una nuova rivoluzione generazionale. Soprattutto, però, i valenzani comuni coltivano sempre più disaffezione verso la politica stessa, molti sono incapaci di schierarsi: di qua c’è gente di cui vergognarsi e di là gente di cui non si fidano.
All’inizio del decennio, la crisi della Prima Repubblica è già in corso ma non è ancora giunta alla fase cruciale.
Nella tornata elettorale comunale del maggio 1991, gli schieramenti che si affrontano sono sei e godono ormai di scarsissima stima. Lo PSI e i Laici restano uniti in una coalizione impolitica, messa assieme solo a scopo elettorale, negli altri perdura l‘incertezza, mentre la grande incognita è rappresentata dai leghisti (paiono dei “Robocop” sbarcati da qualche astronave). Nessuno si preoccupa più di tanto, sbagliando clamorosamente.
All’indomani di queste elezioni, più temute che attese, Valenza sale alla ribalta dei più importanti quotidiani nazionali i quali commentano la travolgente affermazione della Lega: 23.5%. Questa città diventa un po’ il simbolo e l’esempio di quello che potrebbe accadere a livello nazionale. I valenzani sono andati alle urne in maniera massiccia, con una percentuale superiore a 80% e il loro malcontento verso i partiti tradizionali l’hanno manifestato premiando la Lega. Il PDS, ex PCI, ha subito una secca sconfitta, perdendo 4 seggi: da 13 a 9. È sceso al modesto 28,83% (40,90% nel 1985), appena un punto e mezzo in più della DC (27,05%) e con soltanto il 5% sulla Lega che ha ottenuto 7 consiglieri. Il Polo laico socialista esce con le ossa rotte; ha perso per strada un terzo della sua forza: meno 7%, da 6 a 4 seggi. Lo scudo crociato, intimorito dal baldanzoso altro scudo, contiene la perdita in un punto e mezzo, scende da 10 a 9 consiglieri. Penalizzati anche gli altri due gruppi politici laici; se non è una lapide funeraria, poco ci manca. È segno di una profonda sfiducia, della distanza che ormai separa il cittadino dai partiti.
Lo stupore è enorme e la confusione regna sovrana, dunque fatti non parole, si dice, e il colpo di scena arriva: l’abbraccio “blasfemo” tra PDS e DC. Qualcuno afferma che si sono uniti “il diavolo e l’acqua santa”. Il 3 luglio 1991 viene ufficializzata quest’alleanza innaturale per i tempi, priva di consistenza politica. Per i primi due anni e mezzo è eletto sindaco Mario Manenti (è il primo sindaco democristiano della città). Egli scadrà tipo yogurt e, successivamente, sarà sostituito nell’incarico da Germano Tosetti, vice sindaco e assessore al bilancio nel primo scorcio.
Attenuate le contrapposizioni ideologiche, nelle politiche del 1992, si produce una parcellizzazione della rappresentanza con una vera e propria inflazione di liste, un minestrone di simboli difficili da selezionare. Nella nostra circoscrizione, per la prima volta, appaiono i simboli della Lega Alpina Piemont, della Marco Pannella, della Rete, di Rifondazione Comunista, de il Federalismo, di Referendum. Per Valenza i risultati di queste elezioni sono un terremoto che dà un altro scossone piuttosto accentuato a tutto un modo di fare politica, proponendo ai partiti una riflessione di fondo a tutto campo. Quanto è successo sul piano nazionale, inevitabilmente ha coinvolto la realtà locale. Quelli che stanno molto male sono la DC (2.735 voti con il 17,31%, alla Camera) e il PDS (3.143-19,89%), chi non sta troppo bene è lo PSI (1.635-10,35%), quelli che stanno discretamente sono Rifondazione Comunista (1.066- 6,75%) e il Partito Liberale (714-4,52%), chi sta molto bene è la Lega Nord, scoppia di salute con il rischio di un’ubriacatura (3.553-22,49%). Chi sta come può sono i valenzani che cominciano a rendersi conto di trovarsi in un ginepraio dal quale sarà difficile venirne fuori. Il voto dimostra a chiare lettere, se ancora ce n’era bisogno, che il sistema attuale è alla frutta.
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Negli ultimi tempi questa terra ha perso un po’ di rosso diventando un po’ più verde padano, tanto che pure qualche ex dirigente politico ha cambiato idea. Paradossalmente tra i partiti tradizionali quello che sembra resistere meglio è quello socialista, che invece tra poco sarà letteralmente spazzato via.
Nel frattempo, ha inizio il più drammatico e mediatico degli scandali economici politici dell’Italia (tangentopoli). Inquisiti e inquisitori sono sotto gli occhi dei mass media tutto il giorno. Valenza fa un tifo da stadio per i magistrati castigatori. Ai giorni nostri c’è chi pensa che il “cinghialone” sia stato l’incarnazione del male assoluto e chi invece ne onora la tomba sulla spiaggia di Hammamet, ma le rivisitazioni storico-politiche hanno sempre fornito una rivalutazione (forse si tratta anche di sensi di colpa).
A Valenza gli orfani della “balena bianca”, ai primi di febbraio 1994, costituiscono il gruppo di coordinamento PPI che dovrà guidare il nuovo partito. Vogliono aprire un dialogo con tutte le forze politiche presenti a Valenza, ma rappresentano più se stessi che una certa parte d’elettori.
Alla vigilia delle elezioni anticipate del marzo 1994, scende in campo una nuova forza politica “Forza Italia” (a molti più che la denominazione di un partito pare l’incitamento alla nazionale di calcio). Alla base di essa vi è il potente regno televisivo del suo leader Silvio Berlusconi. I valenzani dimostrano ancora di non essere refrattari alle novità: se nelle politiche precedenti premiarono la Lega, ora assegnano al neonato movimento di Forza Italia il 33% dei consensi. Un successo che infligge un largo distacco allo schieramento antagonista. Nel proporzionale il PDS ottiene 3.094 voti contro i 5.318 di FI e i 2.401 della Lega Nord. I giovani hanno tendenzialmente optato per la flotta centrodestrorsa con qualche simpatia per la Lega, mentre i pensionati in genere hanno preferito in larga misura la sinistra.
Del resto, anche alle Europee, del giugno 1994, Forza Italia (più che un nuovo movimento è un accogliente asilo per scampati dei vecchi partiti, una balena a metà strada fra il bianco e il rosa) ottiene elevati consensi (41,2%), quasi una valanga! Tutti gli altri partiti perdono colpi, si salva solo il PDS con il 19,5%.
Partiti che nascono, altri che si dissolvono in tanti rivoli, appiccicandosi addosso termini illusori come libertà, democratico, popolare o altro: è una stagione amara per la politica, sembra di essere sul set del “Satyricon”. Qualcuno è mosso da ambizione personale, altri si sono adeguati al nuovo trasformismo, altri ancora hanno forse sbagliato i calcoli.
Pure nelle elezioni regionali e provinciali dell’anno dopo l’elettorato valenzano conferma, ancora una volta, di indirizzare il proprio voto verso i partiti del centro destra. Il Polo per le Libertà ottiene, infatti, il 49,58% alle regionali. Forza Italia è il primo partito cittadino (34,2% regionali, 31,8% provinciali), in ascesa anche Alleanza Nazionale (12,2% regionali, 11,4% provinciali). Buono il risultato del PDS (23,5%), cresciuto del 4% rispetto alle politiche dell’anno precedente e di Rifondazione Comunista (6,66%) migliorata di un punto. Si vota nuovamente nel 1996. Per la camera proporzionale: PDS 21,21%, FI 30,35%, Lega Nord 13,08%, AN 14,16%, PC 6,94%. Allo stesso modo, Valenza ha riconfermato la sua fiducia al Polo per le Libertà, risultato sconfitto nel Paese.
È sempre più evidente che in questa città ci sono clericali senza essere cattolici, comunisti senza odiare l’ingiustizia, liberali senza amare la verità e la libertà.
In Consiglio comunale il gruppo leghista pare una stazione, con arrivi e partenze, tra loro non c’è stata troppa pace, sembra un residuato tardostalinista. La discussione sulla ristrutturazione della piscina coperta, del costo previsto di 870 milioni, torna a riportare il “fiore all’occhiello” dell’amministrazione comunista dei primi anni 80 alle sembianze di un “crisantemo” (poi trasformato in un autentico colabrodo). Comune e aziende municipali sono rigonfie di personale, sovente, come sempre, per sollecitazione. L’Ospedalino ha un passivo di oltre un miliardo, l’unica voce attiva del bilancio è la Farmacia comunale con un utile di circa mezzo miliardo.
Ma ormai ci si prepara per le elezioni comunali del giugno 1996, le prime con la nuova legge elettorale. Si voterà direttamente per un sindaco, c’è una modifica importante: il taglio dei seggi in Consiglio, da 30 a 20. Per quanto riguarda la leadership dello schieramento, cioè il candidato sindaco, la sinistra propone quello uscente, Tosetti: riuscirà ad affermarsi vistosamente. La campagna elettorale non assume toni arroganti, viaggia addirittura quasi in sordina. Al ballottaggio, vince Germano Tosetti con 6.778 voti (57,87%). I consiglieri eletti sono 8 per i PDS, 4 per il P.Comunista, 3 per la lista Per Valenza, 1 per la Lega, 3 per Forza Italia, 1 per AN. Nella nuova diversificata giunta non ci sarà troppa pace.
All’inizio del 1999 i veri “rifondatori del comunismo”, quelli che considerano ancora il profitto alla stregua di una ruberia, assistono attoniti alle vertiginose aperture dei DS ai popolari i quali chiedono al sindaco di disconoscere programmi e alleanze scaturite alle vittoriose elezioni del 1996, finché, nel luglio 1999, è costituita una nuova maggioranza che viene sancita con l’uscita di Rifondazione Comunista e con l’ingresso dei popolari e dei socialisti. I due gruppi entrati in maggioranza (PPI e SDI) non hanno resistito a compiere il solito ribaltone: si sono uniti con il PDCI, Verdi e DS ricreando all’interno della giunta quella coalizione tanto ripudiata durante le ultime elezioni comunali.
Intanto, nel dicembre 1999, si tiene il primo congresso dei Democratici di sinistra. La mozione di Veltroni ottiene il 90% dei voti degli iscritti.
Nell’aprile del 2000 si svolgono le elezioni comunali: una nuova sfida impegnativa. Forza Italia ha stravinto nelle regionali, doppiando i DS, ma il voto per il Comune, è ormai cosa nota, fa storia a sé. Infatti, Tosetti, appoggiato dai DS, dai Verdi, dai comunisti italiani, dai democratici, da “Per Valenza” Centro popolare riformista, si riconferma con 5.739 voti (54,38%) al ballottaggio. Con la nuova legge (già operante dal 1996) la giunta è scelta dal sindaco, anche fuori del Consiglio comunale che da organo autonomo è divenuto quasi sussidiario.
Nell’ultimo decennio del secolo XX tutti i gruppi politici locali hanno promesso grandi cambiamenti invece non è cambiato nulla. I nemici (a parole) della lottizzazione si sono spartite le cariche come prima. Con la differenza semantica che la loro non è stata occupazione di poltrone ma difesa del pluralismo. Modello persistente, tra i tanti, l’Unita Sanitaria Locale affidata ad uomini di partito, senza alcuna cognizione del settore.
In questi anni 90, la città pare ormai quasi un laboratorio-dormitorio, la si voleva riformare e la si è incendiata. I servizi sono andati a ramengo (Enel, Sip, ecc.), non c’è neppure un cinema, anche l’ospedale è in procinto di chiudere (senza risultato i cortei, i comitati, le raccolte firme, ecc.). I giovani valenzani poi “per vivere” gravitano altrove.
La crisi italiana non può non interessare l’economia valenzana basata essenzialmente sulla produzione di gioielli che, come bene non di prima necessità, risente fortemente dei periodi di decadenza generale. Valenza, un’isola felice che non è più tale e che apre i suoi orizzonti a motivi di seria preoccupazione, resta però ancora uno dei principali poli dell’oreficeria nazionale e detiene oltre il 50% di quella artigianale, lavorata a mano, e il 12% dell’esportazione nazionale del settore. Il tessuto produttivo è ancora formato da tante aziende di piccole dimensioni, sotto capitalizzate e sempre più indebitate con le banche. Il futuro si sta prospettando poco roseo, un mercato in fase recessiva, con poche ordinazioni e con le mostre di gioielli che sempre più sovente deludono le aspettative degli orafi locali. Le aziende orafe non assorbono più nuova manodopera e in parte licenziano per mancanza di lavoro.
Anche nella seconda metà degli anni 90 la crisi non accenna a risolversi. Sono calate sensibilmente le commesse all’estero. Le motivazioni di questa congiuntura sfavorevole sono da ricercarsi principalmente nella concorrenza agguerrita degli altri paesi produttori di gioielli: in particolare, il sud-est asiatico. Queste zone produttive si avvalgono di personale a costo limitato e possono contare su tempi di lavoro per Valenza inconcepibili.
I dati economici del 1996 indicano cifre ancora consistenti. Un fatturato medio annuo superiore ai 1.500 miliardi di lire nel 1995, con un 55% circa d’esportazione, sempre su transazioni regolari che, con quelle “invisibili”, potrebbe essere aumentato del 30% e, da una rilevazione del 1999, i depositi bancari raggiungono i 543 miliardi, il 7,55% della provincia (la popolazione valenzana non raggiunge il 5% di quella provinciale), e gli impieghi bancari sono di 1.067 miliardi (925 miliardi l’anno prima), senza paragoni con centri analoghi.
L’’imponibile medio IRPEF del contribuente valenzano per l’anno 1995 è di 18,660 milioni di lire e l’imposta IRPEF media per contribuente è di milioni 3,069, tutto di sotto alle medie provinciali e regionali. Ma, se si frulla tutto insieme (bianco e nero), il reddito disponibile procapite del 1995 è calcolato superiore ai 30 milioni di lire, più 17% di quello provinciale, più 14% di quello regionale e più 35% di quello nazionale.
In una ricerca del 1993, e dalle risposte date, tra gli occupati a Valenza risultano predominanti gli operai specializzati (12,5% del totale e 20,6% degli uomini), seguiti dagli impiegati di concetto (9,3% del totale e paritari per sesso) e dagli operai comuni (8%). La presenza femminile è più marcata fra i commercianti (8,3%) e fra gli impiegati esecutivi (4,4%). Il 48% degli occupati dichiara di possedere l’abitazione in cui vive, in affitto il 40% (una parte considerevole).
Fino al 1991 il bilancio tra assunzioni e licenziamenti è a favore delle assunzioni, nel 1992 la situazione si ribalta. Nel novembre 1991 gli iscritti nelle liste di collocamento sono 649 (tra i residenti a Valenza i disoccupati sono 518 e gli occupati 8.621), un anno dopo si registra un aumento del 50%, gli iscritti sono 954. Poi nel primo trimestre 1994 sono 1.430 (665 uomini e 765 donne), di cui 479 provenienti dal settore metalmeccanico (oreficeria).
Gli abitanti, che nel 1981 erano 22.851, nel 1990 sono 21.784, poi nel 2001 i residenti sono così suddivisi: città 18.036, Monte 265, Villabella 244, Fontanile 94, Fonti M. 36, case sparse 1.664.
Sin dai primi anni 90, si evidenzia una maggior presenza di celibi (24%) rispetto alle nubili (14%) e di vedove (16%) rispetto ai vedovi (6%). Una maggior percentuale di donne sole (15%) contro il 9% dei maschi. Nel decennio si registra una leggera prevalenza delle famiglie monoreddito su quelle a doppio reddito. Per i titoli di studio, questa la situazione nel 1991 e nel 2001: analfabeti 175-111, alfabeti privi di titolo 1.819-1.395, con licenza elementare 7.603-5.584, con licenza media inferiore 6.814-6.649, con media superiore 3.665-4.734, con laurea 476-940.
Le nonne di questi anni sono state mogli casalinghe, che cucinavano meravigliosamente, che allevavano marmocchi, ma non dovevano essere magre e sode, né in carriera; forse neppure intraprendenti sotto le lenzuola. Invece, negli ultimi anni del secolo, e ancor più nel nuovo millennio, le lei devono far fronte a tutto: sempre di corsa, affamate, insoddisfatte, in guerra contro il tempo, il traffico, le rughe, i chili di troppo e contro i colleghi rampanti. La donna moderna, che spesso ha un’istruzione superiore al marito e desidera lavorare, sovente non vuole fare figli. La famiglia media valenzana nel 1991 è ormai a soli 2,51 componenti.
Poco si fa per il tempo libero dei giovani valenzani, offrendo loro poche possibilità concrete di passatempo e soprattutto d’impegno sociale e culturale. Si evidenzia la grande scarsità in città di varie forme d’intrattenimento: oltre metà dei giovani residenti si reca fuori Valenza per andare al cinema, in discoteca o a sentire concerti. Tra le carenze rilevate in città dai giovani che li portano a muoversi fuori città è, ad esempio, la mancanza di negozi: a Valenza i prezzi sono estremamente elevati e non c’è sufficiente varietà nell’offerta.
Nel 1995 gli abbonati al telefono per uso privato sono 8.016 e le autovetture circolanti 12.939 (medie che non sono più tra le più alte del Paese). Le linee per abbonati al telefono affari, sempre nel 1995, sono 4.124 (9,65% prov.). Le auto nel 1996 sono 12.648 (circa 300 meno di un anno prima), gli sportelli bancari 15 con più di 200 addetti, aumenteranno e quando l’oreficeria non tirerà più, serviranno a poco.
All’inizio degli anni 90 le aziende agricole a Valenza sono 681 (in provincia 35.234) e la superficie agricola utilizzata è di 2.814 Ha (in provincia 184.361) su una superficie totale di 4.152 Ha. In questi anni, il comparto quasi raddoppia la produzione, pur a fronte di una riduzione degli addetti e, diversificando le coltivazioni, reagisce alla tendenza al contenimento e ai divieti (cosiddette “quote”) della politica agricola comunitaria. Le aziende complessive scendono nel decennio da 681 a 122.
L’edilizia si mantiene su livelli discreti, il trend è quasi identico sia sul fronte pubblico sia su quello privato. La nuova tassa sulla prima casa non aiuta il mercato immobiliare e ben presto si manifesta una certa sofferenza relativa all’edilizia residenziale, mentre le iniziative per destinazione produttive confermano una certa tenuta. Nel 1991 le abitazioni di proprietà occupate da persona fisica sono 8.047, da impresa 143, da cooperativa edilizia 93, da organismo pubblico 205, da altri 64.
Tra il 1990 e il 2000, in tutto il comparto (oreficeria, riparazioni, negozi, pubblici esercizi, ecc.) scompaiono un centinaio d’unità locali commerciali (da 900 a 800) e circa 300 addetti (da 2.500 a 2.200), La contrazione della domanda nella produzione ha creato i presupposti della nascita di molti negozi di gioielleria a Valenza cercando sbocchi compensativi con la vendita diretta del prodotto al consumatore finale.
Nel 1995 le autorizzazioni commerciali al minuto per alimentari sono 100 (3,3% prov.), le non alimentari 321 (5,6% prov.). Ci sono 65 barbieri e parrucchieri, 73 bar ristoranti, 10 lavanderie tintorie, 11 circoli privati, 2 alberghi, 5 autorimesse, 13 agenzie di intermediazioni, 4 supermercati alimentari per un totale di 2.400 mq con 18 addetti (dato 1998). Permangono e si consolidano certe assurdità burocratiche con l’amministrazione locale che ficca il becco dappertutto: su quando tirare su e giù la saracinesca, su quando si possono praticare gli sconti, ecc.