Infermiera guarisce: «Tornerò a lavoro quando sarà sicuro»
Gianna è un'infermiera professionale che ha trascorso 40 giorni in segregazione
ACQUI TERME – Gianna è finalmente libera. Dopo 40 giorni di segregazione in casa ha avuto l’esito ‘negativo’ dell’ultimo tampone, il settimo per la precisione.
Essendo infermiera professionale in una struttura pubblica, la sua battaglia contro il Covid-19 ha viaggiato su una corsia preferenziale rispetto alla bolgia infernale dei contagiati ‘comuni’ gestiti dal Sisp.
La storia di Gianna è condivisa con i colleghi di un reparto teoricamente non a diretto contatto con i contagiati da Covid-19. Pochi i presidi, una mascherina per tutto il turno di servizio, e tante rassicurazioni di essere esclusi dall’area critica. Peccato che poco dopo l’arrivo nel nosocomio dei primi malati, tutto il personale del reparto comincia ad accusare i primi sintomi e, uno dopo l’altro, ad essere messo in quarantena.
La sequela dei tamponi parte da fine marzo, quando Gianna si sente davvero male, con un ‘negativo’ sbalorditivo; probabilmente un falso negativo. Poi, a distanza di dieci giorni l’uno dall’altro, registra tre ‘positivi’, uno smarrito, e gli ultimi due, quelli del riscontro della guarigione, ‘negativi’.
«Sono stati 40 giorni di segregazione assoluta in casa – racconta – Insieme a mio marito che per sua sfortuna è caduto nelle procedure Sisp inseguendo referenti e tamponi, ricevendo informazioni discordanti e attendendo comunicazioni ufficiali. Ad oggi, nonostante sia passata una settimana dall’esito negativo del secondo tampone di controllo, aspetta ancora che il Sisp revochi la sua quarantena».
Cosa farai ora che sei libera? «La reclusione in casa per me è stata davvero una forte costrizione – ammette Gianna – Farò tantissime passeggiate nel bosco con mio marito e il mio cane».
Tornare in corsia? «No, ancora no – risponde – sia chiaro, ho tanta voglia di tornare al mio lavoro, ma solo se ci sono le condizioni di farlo in sicurezza. Se devo rientrare e vedere le mie colleghe ammalarsi come mosche perchè non ci sono i Dpi o i medici del 118 con i sacchi dell’immondizia come calzari, preferisco restare a casa».