Le criticità da superare alle porte della fase 2
?Tamponi chiesti autonomamente dai medici di famiglia?, il parere del presidente dell?Ordine
ALESSANDRIA – Il lockdown potrebbe non essere la panacea di tutti i mali se non si attivano in modo corretto l’individuazione dei pazienti covid e la relativa filiera di contatti da inserire in un programma di isolamento preventivo.
I sacrifici fatti dall’inizio dell’emergenza, quindi, potrebbero essere vanificati da azioni disgiunte e dall’esclusione della sanità territoriale.
Cosa fare, dunque? Intanto rintracciare le persone che hanno contratto il virus, e con loro la rete dei contatti. Questo per riuscire a contenere il contagio, rallentarlo e fermarlo.
Il ditktat del Governo prevede il “no al liberi tutti”. Bene, allora bisogna fare in modo che asintomatici, e relativa filiera dei positivi al Covid non abbiano la possibilità di muoversi diventando potenziali vettori. Un sistema di prevenzione consolidato in altre regioni, come il Veneto, ma che in Piemonte e in provincia di Alessandria sembra non aver attecchito.
Le stime di questi giorni, soprattutto nella nostra provincia, evidenziano come la curva dei contagi non sia calata come avrebbe dovuto. Chiediamoci il perché, allora. A detta degli esperti, il virus si è diffuso perché non mappato. E allora, alle porte della fase 2, l’organizzazione degli interventi sarebbe da migliorare.
Sull’affaire tamponi, poi, soffia la bufera. Il teorema secondo cui la mancanza dei kit sia direttamente responsabile dello scarso numero eseguito nel corso della prima fase dell’emergenza, è ampiamente superato dall’esempio del Veneto che ha risolto il problema procedendo manualmente alla loro realizzazione, raddoppiando così il numero delle esecuzioni giornaliere. Si potrebbe prendere spunto: il M5S, nella persona del consigliere regionale Sean Sacco ha inviato una lettere a Regione Piemonte e Unità di Crisi proprio per segnalare l’intuizione del laboratorio unico dell’Azienda sanitaria universitaria Santa Maria della Misericordia.
Il bignami delle cose da fare subito potrebbe contenere questi paragrafi: tamponi a tappeto per individuare i positivi asintomatici e per chi frequenta strutture a rischio (ad esempio gli ospedali); chi mostra i sintomi deve essere segnalato, e chi riceve la mail deve leggerla preoccupandosi che il server sia libero, per poi trasmettere la scheda alla cura domiciliare che se ne farà carico mettendo in campo la task force antivirus formata da test, verifica della rete dei contatti domiciliari ed extra-domiciliari del paziente garantendo poi l’isolamento utile a prevenire la diffusione del contagio.
Questo “era ciò che andava fatto a fine febbraio”, ma che può essere messo in campo ora.
E’ di oggi la proposta dei coordinatori provinciale di Italia Viva, Cristina Bargero e Gianluca Bardone, di affidare ai medici di famiglia la facoltà di richiedere autonomamente i tamponi.
“Il fatto che sia il medico a richiedere il tampone significa, di fatto, saltare il Sisp (servizi di igiene e sanità pubblica delle Asl) – spiega Mauro Cappelletti, presidente dell’Ordine dei Medici della provincia di Alessandria – Va bene, ma è necessario studiare un protocollo per formalizzare la procedura attraverso cui il medico di famiglia, sulla base dei criteri concordati, lo chieda per il suo paziente. Il principio è valido, resta da chiarire però a chi vada inviata questa richiesta e quali siano le modalità di comunicazione. In sostanza, se l’esito è positivo la scheda deve essere inserita in un data base per l’attivazione delle procedure. E a quel punto, la disposizione della quarantena dovrà essere studiata da un tavolo tecnico. Tutto si può fare, organizzandosi in modo adeguato. E’ necessario sempre il controllo centrale dell’Asl, che disponga le misure cautelari (ad esempio per la tutela dei dati sensibili e la loro trasmissione agli enti, ndr)”.