Contagio: depurare o smaltire acque reflue, l’efficienza deve essere massima
ALESSANDRIA – Emergenza coronavirus: l’analisi di rischio per l’esposizione attraverso l’acqua e i servizi igienici indica che ci sono elevati livelli di protezione della salute, ma che la possibile diffusione dell’infezione Covid-19 attraverso l’esposizione a matrici idriche, come le acque reflue e acque superficiali usate per la balneazione o per fini irrigui, approvvigionamenti idrici autonomi, deve essere individuata in circostanze di mancata o inefficienza dei servizi di depurazione o di smaltimento delle acque reflue.
A spiegarlo è Alberto Maffiotti, direttore del Dipartimento dell’Arpa Alessandria – Asti.
Che entra nel merito, e approfondisce.
“L’accesso all’acqua e a servizi igienico-sanitari sicuri, diritto fondamentale dell’uomo, svolge un ruolo essenziale nella protezione della salute umana da malattie infettive, sia per assicurare approvvigionamenti idropotabili nei luoghi di residenza, di lavoro e di cura della popolazione, sia per garantire l’efficacia di fondamentali misure di prevenzione.
Sia l’igiene personale e sia quella ambientale sono infatti indispensabili prerogative per contenere le vie di esposizione umana a patologie trasmissibili. In questo scenario l’Istituto Superiore di Sanità ha ritenuto utile fornire negli ultimi giorni alcune indicazioni tecniche specifiche, sulle relazioni e i rischi correlati al virus SARS-CoV-2 in rapporto ad acqua e servizi igienico-sanitari.
E’ infatti importante valutare ed individuare tutte le potenziali vie di trasmissione del virus ovvero analizzare approvvigionamento idro-potabile, fognatura e depurazione e sulle azioni di sorveglianza ambientale e sanitaria.
I virus sono responsabili di un’ampia gamma di patologie, quali gastroenteriti, sindromi delle alte e basse vie respiratorie, congiuntiviti, epatiti, infezioni del sistema nervoso centrale, infezioni del sistema cardio-circolatorio, e malattie croniche.
Dall’escrezione di virus con feci, urine e altre secrezioni corporee, talvolta in concentrazioni elevate, deriva che nei reflui urbani essi possano essere rilevati anche in elevate concentrazioni.
Ad oggi, non vi sono evidenze di trasmissione idrica diretta del covid19, tuttavia ne è dimostrata la presenza nelle feci, urine ed escreti dei pazienti con infezione; ne consegue che i virus potrebbero entrare nel ciclo idrico attraverso le acque reflue scaricate nei fiumi.
Per quanto attualmente noto, le acque destinate a consumo umano sono sicure rispetto ai rischi di trasmissione di COVID-19. Il virus non è mai stato ad oggi rilevato in acque destinate al consumo umano. Nell’ambito della filiera idro-potabile esistono tuttavia alcuni rischi indirettamente correlati all’emergenza pandemica e al lockdown che potrebbero avere un impatto sulla qualità dell’acqua e la continuità dell’approvvigionamento e dovrebbero essere affrontati aggiornando i modelli di prevenzione dei piani di sicurezza dell’acqua da parte dei gestori e delle autorità di prevenzione e controllo.
Alcune di queste misure di prevenzione sono applicabili anche agli altri sistemi del ciclo idrico integrato, in particolare per fognatura e depurazione. Di particolare criticità sono gli incrementi dei consumi locali che sommata con la straordinaria siccità in corso che sta compromettendo la ricarica di molti acquiferi, può configurare restrizioni di approvvigionamento idrico e turnazioni di servizio in alcune aree con impatti anche sanitari, soprattutto con il perdurare del lockdown.
In considerazione delle evidenze epidemiologiche, un rischio di trasmissione fecale-orale, può sussistere in circostanze in cui le reti di fognatura siano inadeguate e, soprattutto, in possibile connessione con sistemi a rischio di dispersione di aerosol o come l’abitudine diffusa in particolare nelle aree rurali di scaricare reflui attraverso il solo trattamento con fosse settiche e successivo scarico delle acque nei rii minori o lungo i fossi stradali.
Le autorità di sorveglianza dovranno quindi incentrare ogni attenzione sulla possibile esistenza di emissioni e/o scarichi illeciti di reflui da abitazioni e nuclei urbani.
Rischi specifici si potrebbero ravvisare anche in particolare in condizioni di pompaggio e spurgo di reflui, quando si configura esposizione di soggetti diversi dagli operatori professionali, come pure in circostanze in cui le reti di acque reflue possano contaminare l’acqua potabile, ad esempio, per rotture delle tubature.
Gli eventi di rotture, soprattutto in reti non in pressione, risultano particolarmente critici e devono essere rapidamente intercettati e gestiti in sicurezza, anche con aumenti dei trattamenti di disinfezione, ove necessario.
In genere le correnti pratiche di depurazione sono efficaci nell’inattivazione del virus uniti a condizioni ambientali che pregiudicano la vitalità dei virus (luce solare, livelli di pH elevati, attività biologica).
La fase finale di disinfezione consente inoltre di ottimizzare le condizioni di rimozione integrale dei virus prima che le acque depurate siano rilasciate nell’ambiente. Disposizioni specifiche sono state anche elaborate in questi giorni per la gestione dei fanghi di depurazione nell’ambito della fase emergenziale di pandemia“.