Fellini-Sordi 100: “I vitelloni”
Il terzo lavoro di Fellini è ancora una pellicola di sorprendente modernità, non solo per il ritratto amaro e disincantato delle poche luci e moltissime ombre che attraversano una condizione generazionale divenuta emblematica, ma anche per la modalità stessa della rappresentazione
CINEMA – A sessantasette anni dalla sua uscita sugli schermi e dalla presentazione alla Mostra del Cinema di Venezia, dove vinse il Leone d’Argento nel 1953 come miglior film, I vitelloni – terzo lavoro di Federico Fellini dopo Luci del varietà diretto insieme a Lattuada (1950) e Lo sceicco bianco (1952) – è ancora una pellicola di sorprendente modernità, non solo per il ritratto amaro e disincantato delle poche luci e moltissime ombre che attraversano una condizione generazionale divenuta emblematica, ma anche per la modalità stessa della rappresentazione, ormai lontana da qualsiasi schematismo tradizionalista.
A partire da Lo sceicco bianco Fellini inizia una proficua collaborazione con gli sceneggiatori Tullio Pinelli ed Ennio Flaiano, che durerà sino a Giulietta degli spiriti (1965): è proprio Flaiano a suggerire il titolo del film a Fellini, visto il tema (la vita quotidiana di cinque giovani di provincia).
Vudellò, infatti, nel dialetto di Pescara – città natale dello scrittore che fa da sfondo alla vicenda nel soggetto originario – indica in quegli anni i ragazzi sfaccendati che trascorrono le loro giornate al bar, senza lavorare. Con il film di Fellini l’espressione diventa gergale e di uso comune anche al di fuori del pescarese.
Pur accogliendo lo spunto linguistico di Flaiano, Fellini decide di ambientare la storia a Rimini, con un palese intento autobiografico che permarrà nelle opere successive, seppur trasfigurato dall’estro immaginifico e dal talento affabulatorio del regista. Non a caso, le riprese de I vitelloni hanno luogo a Roma, Ostia, Viterbo e Firenze, a dimostrazione del fatto che Fellini è in grado di restituire l’essenza di un determinato luogo pur essendone lontano, solo con la facoltà sublimatrice del suo ingegno.
La narrazione – come sappiamo – ruota intorno alle esperienze personali e di gruppo dei cinque amici “vitelloni”: Fausto (Franco Fabrizi), personaggio principale e filo rosso che unisce le storie altrui, seduttore incallito e fedifrago; Alberto (Alberto Sordi), nullafacente che vive ancora in famiglia, ossessivamente attaccato alla sorella Olga (Claude Farell); Leopoldo (Leopoldo Trieste), aspirante drammaturgo costretto a farsi mantenere dalle sue zie; Riccardo (Riccardo Fellini, fratello del regista), accanito giocatore; e, infine, Moraldo (Franco Interlenghi), il più maturo e responsabile di tutti, l’unico che troverà davvero il coraggio di abbandonare la provincia per trasferirsi a Roma.
Lo sguardo di Fellini non giudica, ma pur cogliendo con acume e lucida ironia, con bonaria accettazione e gusto per l’iperbole i frizzi e lazzi inconcludenti dei cinque scapestrati, approda a una presa di coscienza amarissima, legata al probabile fallimento esistenziale di un’intera generazione (a cui lui stesso appartiene) fin dai suoi esordi sul palcoscenico del mondo.
A pochi anni dalla fine del secondo conflitto mondiale i giovani chiamati a edificare il futuro si rivelano colmi di indecisioni, dubbi, pessimismi e stanchezze, anziché di energie e speranze, in uno scacco tragico, irrevocabile.
Il personaggio di Moraldo – come si è detto – rappresenta l’unica e flebile nota di speranza, con la sua saggezza atipica: costituendo, oltretutto, un riferimento biografico molto forte per lo stesso Fellini, che cela sotto quel nome l’autentica amicizia per il veneziano Moraldo Rossi, classe 1926, figlio dell’attrice Cosetta Greco, trasferitosi a Roma da ragazzo per tentare la strada dello spettacolo. Lo attendeva, invece, l’incontro con l’altrettanto giovane regista di Rimini, per il quale diventò non solo un fedele amico, ma una fonte d’ispirazione, anche dopo l’avventura de I vitelloni.
Per quanto riguarda, invece, la presenza non trascurabile di un Alberto Sordi ancora non pienamente apprezzato dalla critica, alla sua seconda prova con il sodale Fellini (che lo impone ai produttori, ricevendo a sua volta un’accoglienza piuttosto fredda dai giornalisti cinematografici all’uscita del film), ne racconta Monaldo stesso ad Alberto Crespi in L’amico vitellone. Intervista a Moraldo Rossi, edita nel gennaio 2019 dalla rivista “Bianco e Nero”: «Bisogna dirlo: tutti i dialoghi di Alberto in Lo sceicco bianco e in I vitelloni sono scritti da lui stesso. Si scriveva tutto, da solo, perché anche se aveva poco più di trent’anni e non aveva ancora avuto successo, Alberto Sordi era già “Alberto Sordi”, e Fellini non poteva costruirgli un personaggio addosso, doveva stare a quello che diceva lui. Ma questo a Federico, allora, stava bene: tanto è vero che per entrambi i film si dovette imporre, in maniera forte, per averlo. Senza il suo apporto creativo i due film sarebbero stati diversi. Però questo è anche il motivo per cui non hanno più lavorato assieme».
Il connubio dei rispettivi talenti artistici ha dato vita a due gioielli della cinematografia mondiale, tra le forme più alte di un’espressività giocata da entrambi – l’attore-maschera e il regista visionario – sul filo di una spietata comicità, di una tragica ironia.
I vitelloni è fruibile in streaming gratuito sulla piattaforma di YouTube.
I vitelloni
Regia: Federico Fellini
Origine: Francia-Italia, 1953, 115’
Sceneggiatura: Ennio Flaiano, Federico Fellini, Tullio Pinelli
Fotografia: Carlo Carlini, Luciano Trasatti, Otello Martelli
Montaggio: Rolando Benedetti
Interpreti: Achille Majeroni, Alberto Anselmi, Alberto Sordi, Arlette Sauvage, Carlo Romano, Claude Farell, Eleonora Ruffo, Enrico Viarisio, Franca Gandolfi, Franco Fabrizi, Franco Interlenghi, Gigetta Morano, Giovanna Galli, Gondrano Trucchi, Graziella De Roc, Guido Martufi, Gustavo De Nardo, Jean Brochard, Lída Baarová, Leopoldo Trieste, Lino Toffolo, Maja Nipora, Massimo Bonini, Paola Borboni, Riccardo Fellini, Rosalba Neri, Silvio Bagolini, Vira Silenti
Musiche: Nino Rota
Produzione: Cité Films, Peg Film