I produttori di vino: “Vogliamo sostegno, non elemosina”
Parola ai presidenti del Consorzio Colline del Monferrato Casalese, del Consorzio Tutela Vini Colli Tortonesi e del Consorzio Ovada Docg
La pandemia Covid-19 tocca, seppur indirettamente, anche il comparto agricolo e le produzioni enologiche. I produttori di vino si sono ritrovati difronte ad uno scenario imprevisto rispetto al quale la prossima stagione andrà ripensata e subito. In questi giorni si stanno facendo i conti con il rispetto della cultura enologica e, parimenti, con le economie che ne derivano. Due facce della stessa medaglia che, non sempre, specialmente in presenza di eventi eccezionali, come questa emergenza sanitaria, riescono armoniosamente a coesistere.
Domenico Ravizza presidente del Consorzio Colline del Monferrato Casalese, Gian Paolo Repetto, presidente del Consorzio Tutela Vini Colli Tortonesi e Italo Danielli, presidente del Consorzio Ovada Docg analizzano senza entusiasmo le proposte che vengono paventate: «la distillazione, quale via per azzerare le rimanenze di magazzino, ma anche sbarazzarci di prodotti di bassa qualità, oppure, la vendemmia verde, intesa come distruzione totale o eliminazione dei grappoli non ancora giunti a maturazione, riducendo a zero la resa della relativa superficie viticola (l’articolo 47 del regolamento UE n. 1308/2013 stabilisce la possibilità, per i viticoltori, di beneficiare di un sostegno sotto forma di pagamento forfettario per ettaro). Se, invece, viene intesa come lasciare i grappoli appesi alla vite, ricordiamo che avremmo ripercussioni parassitarie sulla prossima stagione e il vigneto ne soffrirebbe».
A ognuno il suo sembrano voler dire: «Pur apprezzando l’interessamento di chi ha pensato a queste proposte, riteniamo, oggi più che mai, che i ragionamenti e le ipotesi di soluzione spettino ai produttori, a coloro che da 8000 anni (in Italia da 2000 circa), nelle avventure e nelle disavventure, accompagnano la viticoltura. Una viticoltura che è andata avanti per l’amore degli uomini».
Come muoversi quindi? «Crediamo che gli scenari possibili possano e debbano essere diversi a seconda delle diverse realtà. Se da un canto, la distillazione o l’acetificio potrebbero essere soluzioni per le cantine, riteniamo che i piccoli produttori e le medie aziende possano e debbano prendere in considerazione ipotesi diverse. Occorre un rivoluzionario investimento per il futuro che elevi i terroir e valorizzi il lavoro dei vigneron; occorrono scelte coraggiose per creare vini sempre migliori. Territorio e metodo per una “Special Edition” o “Limited Edition” 2020».
Una speranza sulla “Vendemmia Verde” rimane aperto: «Potrebbe essere una soluzione se, intesa nel vero senso della parola: ovvero un diradamento importante (45% per ettaro circa) che garantisca prodotti di maggiore qualità. Un’azione di valore rispetto alla quale sarebbe giustificato un contributo governativo per compensare la minore produzione, in tempi di emergenza, in vista di un investimento di immagine e qualità per il futuro. Fermo restando che il vino deve essere sempre buono e di qualità per tutti i target, in tal modo, anche i prodotti a fascia bassa di prezzo, potrebbero sopravvivere, in quanto economicamente compensati. Il mercato che predilige vini più leggeri poi, verrebbe soddisfatto provvedendo a svinature precoci. Un altro tipo di soluzione, parziale e compensativa, ce la suggerisce l’amico Walter Massa: richiedere una deroga alla legge, per poter produrre, in cantina, aceto di qualità che parli di territorio. In parallelo, occorrerà riorganizzare le vendite attraverso altri canali, come l’online, con piattaforme specifiche sia per il mercato nazionale sia internazionale. Canali che abbiano connotati tipicamente identitari della cultura italiana. Gli italiani hanno riscoperto il piacere della casa e, per conseguenza, hanno aumentato i loro consumi in famiglia. Anche le consegne al domicilio andranno dunque organizzate con nuove formule e vesti (packaging). Occorre un investimento nella formazione coordinata e un abbattimento dei costi di gestione. Il tutto, puntando su una campagna di comunicazione collettiva, forte e innovativa, ovvero su un’azione sostenuta dal governo ma, in questo caso, a fronte di una progettualità – Progetti, non assistenzialismo – Sostanzialmente, il mondo agricolo e i produttori non dovrebbero prestare il fianco ad una sorta di “elemosina” e di assistenzialismo. Il nostro lavoro merita dignità e valore non solamente per le straordinarie produzioni enologiche di cui siamo capaci, ma anche per il fondamentale lavoro mantenimento dell’ambiente e della natura, che rendono le nostre terre tanto suggestive quanto amabili. Ciò che vorremmo è un sostegno concreto alle nostre proposte, frutto di esperienza, estro, intuizione e genialità e non mero assistenzialismo. Noi siamo pronti per un tavolo di concertazione e di programmazione. Vogliamo essere parte di diritto nelle scelte che riguardano il nostro lavoro, le nostre economie e le nostre produzioni enologiche».