La rivolta dei medici contro il capo dell’Unità di Crisi
Incontro col presidente della Regione ed esposto per la carenza dei dispositivi di sicurezza
ALESSANDRIA – Di fronte al nemico è sicuramente importante avere un esercito. Ma fondamentali sono la tattica e la strategia (studiata da chi è al comando), oltre a un armamento adeguato. Possibilmente prima che la guerra entri nel vivo. Diversamente, è facile che lo stesso esercito ne esca sconfitto.
Detto questo, la battaglia contro il coronavirus è nel pieno della violenza e l’esercito della Sanità è senza armi. Perché, oltre al fatto che non ci siano cure specifiche per sconfiggere una malattia che sta provocando centinaia di morti in Italia, i medici di tutti gli Ordini, così come gli infermieri, combattono a mani nude.
Mancano, o sono carenti, i presidi di sicurezza, non ci sono tute per proteggere chi è in prima linea, mancano i calzari, le mascherine e i guanti. Per capire la gravità della situazione basti pensare che, in queste ore, capita che i rianimatori debbano intubare i pazienti non protetti in modo adeguato.
Tutto il settore è in preda a disservizi. Ad esempio: nessun numero diretto con l’emergenza sanitaria per i medici di famiglia; l’operatore del 118 dice al paziente di farsi mettere in quarantena o isolamento fiduciario dai medici di medicina generale, ma questo non è possibile perché le direttive impongono che i dottori lo facciano solo nei casi segnalati al telefono o per email dall’Asl; i diktat dell’Unità di crisi impongono di eseguire visite domiciliari ai pazienti sospetti usando i dispositivi adeguati, peccato però che non ci siano.
Insomma, regna il caos.
Una situazione che ha spinto l’Ordine dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri di Torino, cui si sono aggiunte le sezioni di tutte le provincie piemontesi, compresa quella alessandrina, a scrivere al presidente Alberto Cirio.
La lettera al governatore del Piemonte
“Tutto il comparto medico ospedaliero, medici di famiglia e del territorio, del pronto soccorso, degli anestesisti, della rianimazione, insomma tutto il comparto medico piemontese non è stato seguito con la dovuta competenza e collaborazione. Riteniamo che i tenori e i contenuti della ‘segnalazione’ del Coordinatore dell’Unita di crisi (Mario Raviolo,ndr) siano inaccettabili e tocchino il fondo di una collaborazione nella quale abbiamo perso la fiducia”.
I medici, dunque, non riconoscono più in Mario Raviolo la loro guida. Perché? “Per quanto realizzato – continua Mauro Cappelletti, presidente Ordine dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri della provincia di Alessandria – dall’inizio dell’emergenza circa la protezione degli operatori sanitari e onde fare in modo che non diventassero loro stessi vettori dell’infezione presso la popolazione. Una protesta che si è concretizzata nel documento firmato da tutti gli Ordini dei Medici del Piemonte (ente pubblico organo sussidiario dello Stato e rappresentante di tutti i professionisti della regione) e da un esposto in Procura (a Torino) presentato dall’Anaao (Associazione dei medici dirigenti). Ieri abbiamo avuto un primo incontro tra gli ordini di categoria e il presidente Cirio. Abbiamo sottoposto alla sua attenzione 14 punti che riteniamo essere essenziali per la tutela della salute dei cittadini del Piemonte. Siamo in attesa di una risposta”.
Insomma, l’esercito che deve proteggere la popolazione dal coronavirus sta chiedendo di essere ascoltato e di avere, subito, le protezioni adeguate per proteggersi ed evitare di trasmettere il virus ad altri. Una protesta che è anche un grido d’aiuto.