“Ho 30 anni e rischio la vita: perché non lo capite?”
ALESSANDRIA – La serrata totale imposta dal governo Conte per contrastare l’emergenza coronavirus ha (finalmente) fatto sparire dai social le foto e i selfie di ragazzi – ma non solo – dediti ad aperitivi e cene in quasi ogni angolo d’Italia.
Gli appelli delle scorse settimane degli esperti, di medici e infermieri impegnati in prima linea nella battaglia al Covid 19, infatti, erano caduti nel vuoto. Ed è anche per questo che Paola (nome di fantasia), un’alessandrina di 30 anni, ha deciso di raccontare a ‘Il Piccolo’ la sua storia.
«Vita normale. Ma…»
«Ho sempre fatto una vita normalissima e sto bene – spiega – ma avendo fin dalla nascita una delicata patologia respiratoria, ho subito preso coscienza della situazione. Ecco perché dico ai tanti giovani che fino a qualche giorno hanno minimizzato l’allarme, di stare in guardia».
Da quanti giorni si trova in casa? «Da oltre due settimane, perché non possono rischiare assolutamente il contagio. Ho fatto, finché ho potuto, delle camminate solitarie in luoghi isolati, ma la mia finestra sul mondo sono i social ed è proprio lì che ho visto foto e commenti che mi hanno fatto arrabbiare. Bisogna far capire a tutti che non è detto che questo maledetto virus colpisca solo gli anziani o chi è già in fin di vita. Una persona come me può stare benissimo nonostante la patologia – perché normalmente viaggio, lavoro, esco, vado a ballare come chiunque – ma adesso sono costretta a convivere con una realtà che, a parte la mia famiglia e gli amici che sanno (portandomi la spesa sulla porta, ad esempio), in molti non riescono a capire. E un’altra cosa vorrei aggiungere: fosse vero che il coronavirus colpisce solo gli anziani, ma non hanno genitori o nonni? E un signore di 90 anni deve morire?».
«Per me servirà tempo»
Quando potrà tornare alla normalità? «Io spero e credo che presto tutto passerà. Ma, quando la maggior parte della gente avrà modo di condurre la vita di prima, io per poter uscire dovrò aspettare che non ci siano più timori di contagio: in caso contrario, con una minima probabilità di infezione, rischierei. Chissà per quanto tempo dovrò stare ‘rintanata’ in casa, ma la salute è la cosa più importante. Con questo mio sfogo – racconta ancora – non voglio dire di essere meglio di altri, ma ho una coscienza diversa, perché fin dalla nascita sono stata ‘addestrata’ a vivere in un certo modo. E, come me, ci sono tanti uomini e donne, di ogni età, costretti a convivere con qualche patologia e, di conseguenza, spaventati da questo virus».
Non è la prima volta che deve affrontare una prova del genere… «Mi è capitato di dover affrontare quarantene forzate a causa di lunghi ricoveri ospedalieri, dai 20 anni ai 30 soprattutto, un’età in cui si ha tantissima voglia di stare con gli amici e vivere normalmente. Quindi, oltre a periodi lunghi in ospedale isolata senza poter uscire dalla stanza, sono seguiti periodi in casa molto simili a quello che stiamo vivendo ora. La forza di chi ha la mia età, però, è riuscire meravigliosamente a superare tutto e quasi a dimenticare l’agonia, o in qualche modo farne tesoro una volta tornati alla normalità. Sono perciò riuscita a ripartire più grintosa di prima tutte le volte, nonostante abbia sofferto moltissimo a livello fisico per il dolore causato dalle terapie e abbia avuto paura per la mia vita in più occasioni. Quello che ora sembra spaventoso, tra un po’ di tempo sarà solo un ricordo, i ragazzi lo supereranno benissimo e devono capirlo».
«Chiamiamo chi è solo»
È qui che il racconto della nostra testimone si fa duro e commosso: «La fortuna di poter passare un periodo di isolamento nella propria casa, con la famiglia e le comodità, e non ricoverati è un dono preziosissimo che dobbiamo ricordare quotidianamente svegliandoci. Non augurerei a nessuno l’incubo di svegliarsi in ospedale senza sapere quando avrà fine, sentendosi dire dai medici in certe occasioni che le cure non hanno funzionato e dover quindi ricominciare da capo con una nuova terapia, devastante a livello fisico. Siamo tutti nella stessa condizione, ora, quindi la rinuncia è molto più affrontabile di quello che si pensa: non si è chiusi in casa mentre il gruppo di amici è fuori a fare baldoria, quindi basta lamentarsi. Si ricomincerà a vivere ancora più di prima, perché mi auguro che questo momento possa portare a maggiori consapevolezze e a maggiori responsabilità».
Infine un appello: «Il tempo – conclude – è la cosa più preziosa che abbiamo e credo che solo le persone che abbiano avuto concrete difficoltà di salute se ne siano accorte. Forse adesso qualche essere umano in più se ne accorgerà. Noi giovani ne abbiamo tantissimo di fronte a noi, per questo lo supereremo alla grande. Bisogna stare vicino agli anziani che si sentiranno ancora più soli e vulnerabili e che sanno di non disporre della stessa quantità di tempo per riprendere in mano la propria vita in seguito a questo orrore. Quindi, non potendoli vedere, chiamiamoli al telefono, non solo i nostri nonni o genitori, ma quelli che conosciamo e che sappiamo essere soli. Abbiamo ore e ore da far passare, investiamole bene»