Finta primavera? Un pericolo per le api…
«Il rischio è che ritorni di freddo possano far gelare i fiori e anche far morire parte delle api»
PROVINCIA – Anche le api sono state ingannate dalla finta primavera. La temperature sopra la norma e le ripetute giornate di sole di questo febbraio anomalo hanno risvegliato in anticipo di almeno un mese i 24.981 alveari presenti sul territorio alessandrino. E’ quanto emerge da un monitoraggio della Coldiretti di Alessandria sugli effetti di un inverno bollente con una temperatura che fino ad ora è stata in Italia superiore di 1,65 gradi la media storica secondo le elaborazioni su dati Isac Cnr relativi al mesi di dicembre e gennaio. Le temperature sopra i 15 gradi, infatti, hanno fatto uscire le api dagli alveari facendole ricominciare il loro prezioso lavoro di bottinatura ed impollinazione.
“Ora – sottolinea il presidente di Coldiretti Alessandria Mauro Bianco – il rischio è che ritorni di freddo possano far gelare i fiori e anche far morire parte delle api dopo una delle peggiori annate per la produzione di miele sul territorio provinciale. L’inconsueto andamento climatico di quest’anno non ha risparmiato gli alveari e fatto soffrire le api, indicatore sensibile dello stato di salute dell’ambiente, ha determinato gravissimi danni agli apicoltori in provincia di Alessandria. Una “situazione meteo” che ha sconvolto la vita delle sentinelle dell’equilibrio naturale globale e della biodiversità, con l’alimentazione che dipende per oltre un terzo da coltivazioni impollinate attraverso il lavoro degli insetti, al quale proprio quest’ultime concorrono per l’80% a conferma del loro ruolo insostituibile”.
Il clima mite non si fa sentire solo sugli insetti utili ma anche sui parassiti alieni con le alte temperature che stanno favorendo la sopravvivenza della cimice asiatica, l’insetto killer dei raccolti che ha devastato i campi e i frutteti con un danno che nell’ultimo anno ha superato, a livello nazionale, i 740 milioni di euro, secondo una stima della Coldiretti. “Nonostante i livelli produttivi bassissimi il mercato del miele nazionale evidenzia prezzi in netto ribasso e notevoli difficoltà di vendita. Questo fenomeno, che appare paradossale vista la situazione interna di estrema penuria di prodotto, sembra dovuto a un notevole incremento dell’importazione di mieli provenienti dall’estero. – afferma il direttore di Coldiretti Alessandria Roberto Rampazzo – Per evitare di portare in tavola prodotti provenienti dall’estero, spesso di bassa qualità, occorre verificare con attenzione l’origine in etichetta oppure di rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole, negli agriturismi o nei mercati di Campagna Amica. Il miele prodotto sul territorio nazionale, dove non sono ammesse coltivazioni Ogm, a differenza di quanto avviene ad esempio in Cina, è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria fortemente sostenuta dalla Coldiretti”.
Come fare a riconoscere dall’etichetta un miele made in Italy? Ricordiamo che la parola Italia deve essere obbligatoriamente presente sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’Unione Europea, l’etichetta deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della CE”; se invece proviene da Paesi extracomunitari deve esserci la scritta “miscela di mieli non originari della CE”, mentre se si tratta di un mix va scritto “miscela di mieli originari e non originari della CE”.
In Italia esistono più di 50 varietà di miele a seconda del tipo di “pascolo” delle api: dal miele di acacia al millefiori, che è tra i più diffusi, da quello di arancia a quello di castagno, più scuro e amarognolo, dal miele di tiglio a quello di melata, fino ai mieli da piante aromatiche come la lavanda, il timo e il rosmarino.
“Sui banchi del mercato sono arrivate con oltre un mese di anticipo le primizie per effetto di un inverno anomalo segnato da temperature bollenti che hanno mandato in tilt le colture. Sul territorio alessandrino non è ancora allarme siccità, come invece sta accadendo in altre zone d’Italia, per via delle abbondanti piogge cadute nei mesi autunnali, ma ciò che preoccupa è la possibilità di un ritorno al freddo con eventuali gelate. In fase di fioritura le gemme verrebbero “bruciate” e le api non riuscirebbero a sopravvivere. Il danno sarebbe incalcolabile”, concludono il presidente Bianco e il direttore Rampazzo.