Domenica il carnevale di Rivarone compie 50 anni
Una tradizione introdotta da Don Torti, ancora parroco del paese
RIVARONE – Domenica 23 febbraio a Rivarone, nella piazza dell’ex Asilo, si festeggerà la 50esima edizione del Carnevale. Il vero e proprio Carnevale in paese nasce infatti nel 1970 grazie alla grande determinazione di don Franco Torti, (oggi 89enne) parroco arrivato nel 1969 e tuttora ancora in servizio.
Furono creati i primi carri allegorici e continuò la grande tradizione della businà in vernacolo recitata dai grandi artisti: Luigi Vaccario, Giovanni Omodeo e Emilio Canonico. Purtroppo non tutti gli anni è stato festeggiato il Carnevale, ma quest’anno si celebra l’edizione d’oro.
Nel pomeriggio di domenica, alle ore 15 partirà la sfilata dei carri allegorici, seguirà la lettura della Businà 2020 e strofe delle vecchie edizioni, quelle che entrarono nelle espressioni e nel linguaggio rivaronese. A seguire, premiazione dei “Veterani promotori del Carnevale”. La festa terminerà con pentolaccia per i bambini, vin brulè e farciò per tutti. Sarà allestita la mostra fotografica “Sinquant’an ad Carvà”, con foto provenienti dall’archivio di don Franco Torti.
La manifestazione è organizzata da Soms, Ass. Arca con il patrocinio del comune. I veri protagonisti della giornata saranno la madrina e il padrino del Carnevale rivaronese: la “Siura Lugresia” e “Lurens”. La leggenda narra che nel 1931, la Madama Lucrezia Zoccola Gamondio, benefattrice del paese (la quale offrì la sua proprietà per l’istituzione dell’Asilo infantile nel 1920, e quest’anno ricorre il centenario della donazione), un giorno, proveniente col suo calesse da Montecastello ebbe un brutto incidente. Nei pressi della Cascina Rossa di Rivarone, il suo cavallo si imbizzarrì mettendo in pericolo la signora.
Ecco che in quel momento, “Lurens”, un contadino che stava tornando a casa dai campi, intuita la disgrazia che sarebbe potuta accadere, accorse in aiuto e salvò la vita alla Madama Lucrezia. Tuttavia, nell’intento, una ruota del calesse urtò una gamba del paesano che restò zoppo tutta la vita. Lucrezia, in segno di gratitudine le donò un terreno nei pressi dell’incidente. Da allora, quella regione è chiamata “Lurensa”.