Resistenza e verità nel Monferrato: chiarezza e inediti
Intervento dello storico monferrino Sergio Favretto
CASALE – In queste settimane si sono rincorse molte voci partecipate attente alla memoria delle vicende storiche delle leggi razziali e poi della Resistenza nel Monferrato casalese. Molti cittadini e giovani hanno aderito a iniziative pubbliche, hanno apprezzato scritti e relazioni di storici e docenti universitari. Tutti hanno rivendicato il coraggio dei testimoni del tempo, della Resistenza e della Shoah. Vi sono stati solo pochi distinguo, capziosi e tesi a omologare tutto in una storia indistinta, accomunando coraggio e violenza, ideali e repressione.
Nel ricordare la Banda Tom al Teatro Municipale sabato 25 gennaio, il relatore Davide Conti ci ha regalato un esempio netto di autentica interpretazione storica, subito avvertita da semplici cittadini, molti studenti, insegnanti delle nostre scuole superiori. La storia come memoria e al pari tempo come ricchezza del presente. I 13 ragazzi della Banda Tom come simbolo della partecipazione popolare alla Resistenza, non un fatto singolo, ma un fatto in rete con molti altri fatti di Resistenza. Il tutto per liberare il Monferrato occupato dai tedeschi e di nuovo offeso dalla rinata Repubblica Sociale Italiana; giovani coraggiosi contro, per riconquistare la libertà di pensiero e di azione. Le formazioni partigiane Garibaldi, Matteotti, Patria, Giustizia Libertà, Monferrato, la banda Fox, la Banda Lenti e la Banda Tom.
Ebbene, proprio così va letta la nostra Resistenza.
La Banda dei fratelli Pietro e Agostino Lenti, i 27 giovani catturati dai fascisti e poi fucilati da fascisti e tedeschi a Valenza. Avevano difeso i raccolti, assalito le pattuglie di tedeschi che controllavano strade e ferrovie, che impedivano il libero movimento. L’antifascista e partigiano Alfredo Piacibello, catturato, percosso e poi ucciso dai fascisti. Il partigiano Arduino Bizzarro, catturato e rinchiuso in carcere, poi ancora catturato e ucciso dai fascisti con atrocità, deposto a terra con gli occhi scavati e coperti di foglie. Il parroco Don Ernesto Camurati e i 9 capifamiglia di Villadeati, catturati dai fascisti e tedeschi, uccisi in piazza dal maggiore Meyer.
I partigiani Lino Cover, Italo Rossi e Oreste Rossi, Stefanino Grandi, Francesco Alfieri Greppi, Giovanni Lupano, Sergio Oliaro, Aldo Sanlorenzo, Carrera Giuseppe, Pagliolico Pietro, Camillo Morandi, Gaetano Molo, Lenigio Costelli, Filippo Barco, Enrico Perra, Garis Mario, Garrone Renzo, Gianese Primo, Costantino Ghirardo, Sergio Morello, Giovanni Barbano, Guido Costanzo, Emanuele Giacardi, Claudio Franchi, Vignolo Giacomo, Giuseppe Sogno, Mario Talice, Rolando Berluti, Vinicio Cortese, Silvio Bondesan, Miracapillo Bruno Savino, Evasio Rossi, Aldo Porro, Nicola Marchis, Lazzaro Nazzareno Lazzarini, Valentino Bonato, tutti catturati, uccisi e feriti a morte dai fascisti e tedeschi in cooperazione stretta. I molti civili, catturati e uccisi per rappresaglia come i capifamiglia di Villadeati, come in Val Cerrina i giovani Ginetto Bianco, Mario Deambrogio, Stefano Manino, Oreste Caramellino. I due fratelli Giovanni ed Angelo Guaschino, medici ospedalieri, catturati e trattenuti dai fascisti in carcere, tradotti scortati tutti i giorni dalle carceri di via Leardi all’ospedale, per costringerli a rivelare il nascondiglio del figlio e nipote partigiano Gherardo. Il Fascio Casalese e le Brigate Nere hanno catturato i 6 partigiani poi uccisi dai tedeschi a Ticineto Po: Pierino Lorenzo Grassi, Aimo Rossini, Giovanni Zemide, Silvio Rota, Edoardo Scagliotti, Augusto Rotelli.
Sempre i fascisti hanno consegnato ai tedeschi i nomi dei 18 ebrei catturati e poi trasferiti a Fossoli e poi in Germania; hanno costretto altre famiglie ebree a fuggire da Casale, a rifugiarsi in Svizzera o a nascondersi in parrocchie fra le colline; solo poche volte hanno aderito agli inviti espliciti di desistere da sviluppi atroci, inviti ripetuti più volte dal vescovo Giuseppe Angrisani.
Sono stati ancora i fascisti a incendiare case a Rosignano, a bloccare attività di allevamento, a costringere all’ammasso, a catturare partigiani e antifascisti sottoponendoli a punizioni e sevizie. Ed infine, sono stati ancora i fascisti casalesi a catturare i tredici della Banda Tom guidata da Antonio Olearo, a costringerli a percorrere a piedi molti chilometri, ad attraversare la città di Casale scalzi e con i piedi legati, come ostaggi alla derisione, con un seguito di fascisti in auto e toni sprezzanti. Sempre i fascisti e tedeschi li uccisero alla Cittadella, lasciandoli poi sulla neve per due giorni. Tutto questo non è fantasia, è storia ancora viva nel ricordo delle famiglie e dei casalesi tutti.
Sono proprie le testimonianze di alcuni fascisti casalesi, interrogati dopo la Liberazione, a documentare questa narrazione. Ecco alcuni tratti dei vari verbali inediti.
Capozzi Paolo, nel processo verbale del 18 giugno 1945, narra:”…mi arruolai nella Brigata Nera di Casale Monferrato Attilio Prato, come milite in divisa svolgevo il mio servizio nei primi tempi accompagnando i prof. Guaschino (detenuti) dalle carceri all’ospedale e viceversa. In seguito feci parte ai rastrellamenti…nel mese di gennaio 1945 presi parte al rastrellamento in Vignale dove circondato il paese vennero catturati tre partigiani certi Mortinaro, Salvi Deaniele e Castellani, nonchè una ventina di giovani renitenti alla leva del paese…il Castellani e il Salvi venivano picchiati crudelmente dal Barbano, anzi il Castellani veniva colpito con il calcio della pistola che si rompeva nel manicotto. Il reparto veniva comandato dal tenente Baldinelli (uomini della G.N.R.) e dal tenente Iannuzzi (quelli della Brigata Nera). Il più crudele era il Barbano. Qualcuno di costoro voleva anche bruciare una cascina, ma ciò non avvenne per intervento del Iannuzzi…Il secondo rastrellamento al quale presi parte avvenne nel mese di marzo 1945, giorno 2, in vari paesi del Monferrato. Ci siamo portati in forte colonna (composta da italiani e tedeschi comandata dal tenente tedesco Moretti). Giunti ad Occimiano in autocarri abbiamo poi proseguito per S. Maurizio, Stevani, Cellamonte, Salabue, Moncalvo, Grazzano, Sala, Montemagno, Viarigi, Castagnole, Refrancore, Quattordio…il giovedì santo, cioè prima di Pasqua, ci siamo portati nella vallata fra Casorzo e Grana…abbiamo circondato la valle per la ricerca dei partigiani…il 27 aprile fui arrestato dal Tech Tech e tradotto in Grana e quindi a queste carceri…nel rastrellamento avvenuto a Moncalvo io, per ordine del maggiore Fornero, tolsi le scarpe ai tre morti (due della G.N.R. ed un partigiano) siccome dovevano essere chiusi nelle casse, scarpe che portai sull’autocarro della G.N.R. e che non so che fine fecero…”,
Iannuzzi Mario, tenente della Brigata Nera dal settembre 1944 all’aprile 1945, nel verbale dell’interrogatorio del 19 giugno 1945, espose come partecipò ad alcune operazioni e rastrellamenti:”…il 28 ottobre del 1944 siamo partiti da Casale alla volta della Val Cerrina, premetto che la colonna era comandata dal tenente Danè Giuseppe capo dell’Ufficio politico della B.N. e dal tenente Asinari quale comandante della G.N.R.. Giunti nei pressi della località denominata Quattro Casotti, la colonna venne attaccata dai partigiani e dopo 15 minuti di fuoco si addiveniva alla cattura del partigiano Piacibello ferito, dopo molta discussione sostenuta da me e dall’Asinari e da altri, il Danè volle eseguire la fucilazione, asserendo che facendo così si atteneva agli ordini ricevuti dal comando tedesco. Il plotone di esecuzione venne comandato dal Danè ed era composto dal tenente Vivian, dal sergente Del Rosso e da altro di cui non ricordo il nome….Puntata su Ticineto, cattura di sei individui che venivano successivamente fucilati dai tedeschi…Puntata a Madonnina di Crea, scontro con elementi partigiani e certo Arduino (partigiano) trovava la morte, premetto che tale servizio venne espletato dietro ordine dell’avv. Sardi comandante della Brigata Nera…Puntata su Vignale da me comandata addivenendo alla cattura di tre partigiani ed un ufficiale che in seguito venivano indotti a far parte della B.N. e in seguito disertarono, anche tale servizio venne eseguito dietro ordine del Sardi, premetto che i tre partigiani e l’ufficiale venivano picchiati a sangue sia dal maresciallo Barbano Lorenzo della G.N.R. e dal tenente Baldinelli anch’egli della G.N.R…Nel servizio di pattuglia eseguito nella zona di Pozzo S. Evasio trovava morte il partigiano Sanlorenzo… a tale azione vi parteciparono il Sardi, il ten. Leporati, il milite Ansaldi, Del Rosso, Spalla e il milite Rivella…mi trovavo alla Cittadella quando avvenne la fucilazione della Banda Tom…confermo di aver dato qualche schiaffo e qualche pugno ad un partigiano”.
Interrogato il 21 giugno 1945, in merito alla cattura e percosse subite dall’antifascista Mazzucco Enrico, il fascista Martinotti Luciano ha narrato ed ammesso:”…ricordo di aver sorvegliato il Mazzucco (Enrico) mentre veniva torturato dal Danè e dal De Rosso…”.
Sempre in data 21 giugno 1945, il fascista Mario Iannuzzi espose:”…vidi il Mazzucco che interrogato, torturato e percosso dal Danè. La tortura consisteva in una fune nodosa che veniva stretta al capo del torturato, anche le percosse venivano fatte mediante fune nodosa. Pregavo il Danè di cessare tale sistema e ne informavo il comandante dell’accaduto”.
Sempre in merito alla fucilazione dei sei partigiani di Ticineto Po e a conferma della stretta collaborazione fra fascisti locali e tedeschi, merita attenzione quanto narrato e precisato da Leporati Ottavio, nell’interrogatorio del 23 giugno 21945:”…nel servizio eseguito il 16/11/1944 in Ticineto Po, facevano parte le seguenti persone della Brigata Nera di Casale: comandante tenente Danè Giuseppe, ten. Vivian Leo, ten. Iannuzzi Mario, ten. Rossi Ilario, Saracco Osvaldo, Martinotti Luciano, Spalla Luciano, Leporati Ottavio, Ticonelli Angelo, Cordon Valter, Argenta Carlo, Pacian Federico, Capozzi Paolo, Colombino ex podestà di casale, De Maria Francesco, Gatti Cipriano e Marchese Paolo. Nel predetto servizio sono stati operati sei arresti, asportati oggetti di valore ed altro materiale. Tale servizio venne espletato in cooperazione dei tedeschi in base a Ticineto, Casale e Valenza. I sei arrestati vennero condotti nella caserma dei tedeschi di Ticineto e in tale caserma si fermavano anche il ten. Danè, il ten. Iannuzzi Mario, il ten. Vivian Leo e il milite Spalla Luciano…Non è vero che il vicecomandante della Brigata Nera Iannuzzi Mario abbia lasciato Ticineto Po prima della fucilazione dei sei arrestati, ciò senza alcun dubbio perchè Iannuzzi rientrò unitamente ai sottoscritti dopo ultimata operazione fucilazione. Riteniamo che alla fucilazione presero parte il ten. Danè e il ten. Vivian”.
Leporati Ottavio, nell’interrogatorio del 16 giugno 1945, espose alcuni avvenimenti ai quali partecipò direttamente:”…il secondo rastrellamento ebbe luogo il 28 ottobre 1944, in Valle Cerrina al di sopra di Quattrocasotti, verso Cerrina, mentre si proseguiva lungo la strada di detto Comune. In detto luogo, transitando su tre autocarri, fummo attaccati da una squadra di partigiani. In quell’occasione si procedette alla cattura del partigiano Piacibello, avvenuta come segue: un tiratore della G.N.R. rispondendo al fuoco feriva subito ad una gamba il Piacibello che pertanto riparava in un campo di meliga, mentre gli altri riuscivano a fuggire. Il Piacibello veniva arrestato e trasportato sull’autocarro dove mi trovavo io. Trasportato ad Ozzano, il Piacibello fu fucilato nello stesso giorno per ordine di Danè (Giuseppe Danè), comandante dell’ufficio politico, che in precedenza aveva impedito a me di medicarlo. L’esecuzione avvenne da parte di Del Rosso, un giovane romano della mia compagnia, e di Vivian, anche lui giovane di origine veneta. Preciso che Danè mi ritirò la cassetta dei medicinali coi quali volevo medicare il partigiano ferito. Non ho assistito all’esecuzione perché con altro uomo di cui non ricordo il nome, ero comandato di controllo ed impedimento al transito distante 400 metri dal fatto…”.
Leporati ancora narra:”…la quarta azione ebbe luogo nell’inverno 1944.45 e precisamente nel comune di Villamiroglio. In quell’occasione furono catturati sette o otto partigiani dopo mezz’ora di combattimento. Un partigiano rimaneva ucciso, mentre da parte nostra nessuna perdita. L’azione era stata ben predisposta tanto che lasciate le macchine molto distanti abbiamo circondato, nel cuore della notte, la casa in cui dormivano i partigiani. I partigiani vennero condotti alle carceri di Casale Monferrato e non so che fine abbiano fatto…la quinta azione venne svolta versi la metà di gennaio 1945 in regione Casorzo Monferrato. Motivo dell’azione era la ricerca di tre cavalli rubati al ristorante Roma in Casale Monferrato. Io facevo parte di una squadra composta di sette o otto uomini al mio comando ed eravamo di rinforzo al altre squadre comandate dal capitano Albano e dal tenente Baldinelli. In Casorzo ci siamo divisi in diversi gruppi ed abbiamo catturato la Banda Tom che era divisa in varie case di abitazione, anche molte altre persone. Il mio compito era però solo quello di controllare i passanti da una strada. Più tardi mi avvinsi al gruppo dei prigionieri. Fatta una selezione furono messi in libertà dieci o quindici persone mentre la Banda Tom o una decina di persone a me sconosciute vennero condotte a Casale Monferrato. Ricordo di aver visto il Tom scalzo e forse senza giubba che camminava sulla neve in un primo tempo, mentre in un secondo tempo fu accompagnato a casa per vestirsi meglio e indossare il paletò. Trasportati tutti sino al Valentino attraversando la città di Casale furono condotti alla caserma Muti. Costoro il giorno successivo (preciso undici o tredici) vennero fucilati alla Cittadella di Casale Monferrato per ordine dei tedeschi. Io ho presenziato alla fucilazione. Il plotone di esecuzione era composto dalla Brigata Nera, G.N.R., tedeschi, ecc…Di essi, però, non ricordo il nome. Ricordo solamente che due tedeschi e certo Rubino, piacentino, della Brigata Nera, avevano dato il colpo di grazia alle vittime, sparando loro vari colpi per finirli siccome davano ancora segni di vita”.
Questi sono i fatti, questa è la Resistenza verità del Monferrato. Non fu solo guerra civile fra italiani, fu innanzitutto una coraggiosa e pluralista lotta di Liberazione e di Resistenza al neofascismo della RSI e dall’occupazione tedesca.