Gian Piero Alloisio: il “popular chic” che racconta l’Olocausto
In “Non maledire questo nostro tempo” il cantautore ovadese affronta il tema della Shoah
OVADA – Da quindici anni Gian Piero Alloisio (credito fotografico: Emilio Scappini) con il suo “Festival Pop della Resistenza” racconta storie legate alla guerra di liberazione, prova a preservarne la memoria. Lo spettacolo “Non maledire questo nostro tempo” presentato domenica pomeriggio a Tagliolo Monferrato per la prima volta affronta il tema della Shoah. L’elemento di fondo è quello che ha caratterizzato l’artista ovadese negli anni: il teatro canzone.
«Dopo le vicende che hanno coinvolto Liliana Segre – racconta Alloisio – ho sentito il dovere di raccontare l’Olocausto». Fondamentale l’incontro con Gilberto Salmoni, presidente Associazione Nazionale Ex Deportati nei Campi Nazisti. Salmoni, a 16 anni, fu internato prima a Fossoli, poi a Buchenwald insieme al fratello maggiore. La madre, il padre e la sorella scomparvero ad Auschwitz. «Per me – spiega Alloisio – è indispensabile conoscere le persone di cui parlo. In questi anni ho trasmesso al pubblico la lotta partigiana attraverso le esperienze dirette dei miei famigliari e dei partigiani che ho incontrato. Di Salmoni mi ha colpito l’aspetto giovanile a dispetto dei 90 anni, la sua lucidità e l’autoironia con la quale ha saputo raccontarmi anche i momenti più duri. Un vero esempio di umorismo ebraico».
«Mostrare le persone significa annullare la distanza che i ragazzi sentono dai fatti storici». Alloisio propone brani come “Povera patria”, “Auschwitz”. La canzone che dà il titolo allo spettacolo è dei Gufi. «Fa capire che non stiamo male come pensiamo di stare e che diamo per scontate libertà e democrazia». Alloisio l’11 febbraio sarà ad Acqui Terme con le scuole superiori. «Devono fare i conti anche con i social che propongono linguaggi sbagliati e ingrandiscono i problemi». Parole che sembrano venire da chi di questi tempi sarebbe etichettato come “radical chic”. «Un po’ lo sono – ride Alloisio – Anzi no: sono “popular chic”. Credo che questa definizione mi calzi a pennello».