Paolo Nespoli: «L’uomo ha fatto grandi cose, ora deve imparare a cooperare»
L?ex astronauta è stato ospite e protagonista di due incontri a Novi, all?Itis Ciampini e al Museo dei Campionissimi, per parlare della vita nello spazio e delle sfide future dell?umanità
INTERVISTA – Racconta aneddoti, curiosità, fatti storici con grande verve. Si fa serio quando parla delle grandi sfide dell’Uomo, quelle già fatte e le molte che restano da fare.
Paolo Nespoli, astronauta italiano che ha al suo attivo tre missioni e un tempo di permanenza nello spazio pari a 313 giorni, 2 ore e 36 minuti, ha forse appeso al chiodo la tuta aerospaziale, ma non quella di curioso esploratore terrestre. In senso metaforico. Mercoledì è stato ospite e protagonista di un doppio incontro, a Novi, prima con gli studenti del Ciampini-Boccardo, poi al museo dei Campionissimi. «Mi piace incontrare i giovani, da loro ricevo molto e spero a mia volta di dargli qualcosa», dice. L’avventura di Paolo Nespoli è iniziata nel 1969, con le immagini del primo sbarco sulla Luna: lui, bambino, da allora ha coltivato e perseguito un sogno, realizzandolo. Ed è questo, soprattutto, che racconta ai ragazzi. «Prendete il controllo del vostro futuro, di questo toro sbandato – dice rivolto alla giovane platea – Nessuno lo farà per voi. Lo dimostra anche questo luogo, il museo dedicato a Coppi, un campione».
Armstrong? Il migliore: «Non volle il suo nome nel logo della missione e quando mise piede sul satellite disse: “un piccolo passo per l’ uomo, un grande passo per l’umanità”, mica per gli Stati Uniti, per l’umanità». E chi vuole intendere, intenda.
Dall’altro i problemi sono più piccoli è il titolo del suo libro in cui racconta la sua esperienza nello spazio e le lezioni che ne ha tratto. Ma la Terra come appare? Da lassù si riescono a vedere indiscutibilmente dettagli che, da terra, non si notano: l’influenza dell’uomo sul Pianeta è evidente, ci vedono luci, strade, fiumi arginati. La Terra è come fosse una nave che fluttua nello spazio, delicata, apparentemente in equilibrio. Noi siamo tutti marinai che stanno a prua e non ci rendiamo conto che a poppa c’è qualcun altro. Non ci si parla, non si collabora. E da soli, è veramente molto dura.
Lei esorta i giovani a non mollare, a perseguire i propri sogni. C’è un momento in cui, invece, il sogno deve essere abbandonato?
«Difficile dirlo. C’è una preghiera che mi piace molto e dice, più o meno: ‘Signore, dammi la forza di cambiare quello che posso e la forza di capire quel che non posso cambiare’. Io, ad esempio, ho superato le selezioni al terzo tentativo».
È il messaggio che porta nelle scuole?
«Nella mia vita da post astronauta sto cercando di organizzare una struttura che mi permetta di trasmettere alcuni principi: il lavoro in team, come superare le criticità in situazioni difficili e altro. Per me è un piacere parlare con gli studenti. Sono attenti e interessati e non posso che esserne felice».
Durante le missioni, cosa le mancava maggiormente della vita a terra?
«Ho volutamente rifiutato di farmi mancare qualcosa, a parte la famiglia, gli affetti e il buon cibo. In segreto non è quello di scoprire ciò che non puoi fare, ma tutto quello di nuovo che c’è. Ho impegnato il mio tempo nella ricerca, nel fare nuove scoperte».
«Il genere umano ha fatto cose impensabili nel corso della storia. Spero che continui così, raggiungendo traguardi inimmaginabili, imparando prima di tutto a vivere e convivere su questo pianeta».