Zuppa di ceci: l’usanza ovadese è tramandata dai Celti
Lucia Barba, esperta di cibo e della tradizione locale, racconta la tradizione e l’origine del piatto tipico della ricorrenza
OVADA – Tempo di ceci! Immancabile la zuppa in tutte le sue varianti preparata e gustata tra l’1 novembre, giorno di Ognissanti e il 2 dedicato al ricordo dei morti. Derivata dalla tradizione contadina è un piatto tipico nell’Ovadese; ma se ne trovano tracce in tutto il Piemonte. Nell’alessandrino, ad esempio. E anche nelle Langhe, variante con la trippa che prende il nome di Cisrà. Il cece è poi un prodotto tipico del Novese. Quello della Merella, Denominazione Comunale, è celebre per la sua dimensione ridotta e per la sua pastosità così gradevole. Lucia Barba è esperta di storia del cibo locale. All’argomento ha dedicato diversi libri. Ne “I giorni della festa”, pubblicato nel 2008 racconta la tradizione e l’origine della zuppa di ceci e della ricorrenza in cui appare.
«Ironia della sorte – racconta la professoressa Barba – l’italianissima festa dei Santi nasce dal contatto tra il popolo romano e gli irlandesi dei Celti. Lo spunto arriva dal loro Capodanno detto Samahin, che omaggia i morti e tenta di comunicare con loro. La stagione è la stessa, tra il 31 ottobre e l’1 novembre». Da festa pagana, la ricorrenza è poi diventata anche patrimonio della religione cattolica che ha eliminato l’accezione magica e oscura. «Ricorrenza religiosa e aspetto culinario – prosegue Barba – sono strettamente legati. I ceci in questo periodo dell’anno sono maturi e venivan usati per il loro potere saziante e come variante a polenta e castagne».
Non si è perso del tutto però l’aspetto “esoterico”: un tempo le donne, mentre si accingevano ad andare alla messa di commemorazione, iniziavano a far sobbollire i ceci sulla stufa con il brodo; prima di uscire di casa, cambiavano tutte le lenzuola perché si pensava che durante la loro assenza i loro morti sarebbero tornati alla casa lasciata per rifocillarsi di ceci e riposarsi di nuovo nei loro letti».