“Il teatro è la mia passione, ma questo è l’anno del dentro o fuori”
Paolo Pasquale dell'Alessandrino: "Siamo una delle poche realtà in Italia senza contributi"
ALESSANDRIA – Paolo Pasquale, proprietario del Teatro Alessandrino di via Verdi e sulla tolda di comando fin dal 1978, è al bivio: «Questo sarà un anno importante, per me e la mia famiglia – ammette – Avendo chiuso con il cinema (le uniche sale cinematografiche della città restano perciò quelle del Kristalli, al rione Cristo, ndr), ho scelto di dedicarmi esclusivamente alla stagione teatrale. Ma la prossima estate tirerò una riga: se le cose andassero male e il pubblico non rispondesse, il rischio concreto è quello di abbassare il sipario per sempre».
Eppure parliamo di un amore nato in tenerà età… È così complicato, oggi, fare l’impresario? «Alessandria vive una situazione particolarissima – risponde – Siamo infatti una delle pochissime città in Italia dove la parte pubblica non sostiene, ormai da anni, chi fa cultura. Quando lo dico agli agenti di alcuni attori, mi guardano straniti. Non ci credono, eppure è così. L’Alessandrino grava esclusivamente sulle mie spalle: una volta eravamo in tanti, c’erano anche molti cinema. Sono rimasto soltanto io, e non ne sono felice».
Chissà quanti penseranno il contrario: «Ma è la verità: più opportunità di scelta ci sono, più la gente gira per la città. È un discorso di attrattività: ad esempio, sarei ben contento se il Comunale riaprisse. Anche perché si potrebbero fare cartelloni complementari, con scelte diverse capaci però di soddisfare una platea più vasta di quella attuale».
Quanto costa organizzare un’annata come quella dell’Alessandrino? «Intorno ai 100mila euro – sottolinea Pasquale – E si tratta di show che scelgo personalmente, insieme al direttore artistico Massimo Bagliani, girando per i festival e per le mostre e grazie a contatti che sono ormai ultradecennali. Così riusciamo a fare una gestione teatrale sana, ma non nascondo che da qualche tempo a questa parte siamo proprio sul filo del rasoio. Ma non abbiamo smesso di investire, tanto che abbiamo pure provveduto a un restyling dell’ingresso. Sarebbe un bruttissimo segnale, per il nostro territorio, se non dovessimo centrare i nostri obiettivi. Ma sarebbe anche l’ennesima conferma di una realtà che continua a cancellare i suoi simboli».