Morbelli nella cultura monferrina tra luce, colore e fotografia
A pochi giorni dall'inaugurazione ufficiale del Liceo Artistico dedicato al pittore, un saggio del professor Ilenio Celoria
CASALE – Luce, colore e fotografia. Cenni sul ruolo di Morbelli nella cultura monferrina con riferimenti a quella internazionale.
Professor Ilenio Celoria (docente di Laboratori Tecnici e Laboratorio artistico presso l’Istituto Superiore Leardi – Liceo Artistico “A.Morbelli” di Casale Monferrato) sarà uno dei relatori del Convegno in programma giovedì prossimo per l’inaugurazione ufficiale del Liceo Artistico.
Durante i secoli XVIII e XIX pittori e scienziati si interrogarono sulla percezione e sulla rappresentazione del colore. Dopo l’experimentum crucis di Newton del 1666, nel quale proiettava per 7 metri circa un fascio luminoso uscente dal prisma per separare la luce bianca nei suoi elementi costitutivi, ebbe inizio un articolato percorso di ricerca che condusse gli artisti alla definizione di un sistema tripartito all’interno del colore derivante dalla loro esperienza pratica. Alcuni artisti tentarono di collegare la teoria newtoniana dei prismi alla teoria dell’arte, in particolare durante il XIX secolo, e di formulare una teoria del colore per la pittura basata su concetti scientifici; tra questi artisti ricordiamo, ad esempio, Turner e Seurat. In fotografia Wunsh e Young distinsero i colori primari della luce colorata rispetto a quelli dei pigmenti. La distinzione tra i due gruppi di colori primari fu definitivamente spiegata da Helmholz in termini di mescolanze additive (per la luce) e mescolanze sottrattive (per i pigmenti).
In questo fermento di idee e di teorie Angelo Morbelli approfondì quegli aspetti tecnico-espressivi che lo portarono alla realizzazione di opere fondamentali per il divisionismo anche servendosi dell’immagine fotografica. Dopo l’invenzione della fotografia, presentata per la prima volta a Parigi nel 1839, il mondo dell’arte iniziò a riflettere sul rapporto tra rappresentazione fotografica e pittura. L’evoluzione delle tecnica fotografica, a partire dagli anni ’70 dell’Ottocento con la progressiva diffusione delle lastre a secco, inizia il suo percorso verso la riproduzione del colore.
Morbelli, “[…] nella luce del Monferrato sperimentò e approfondì le ricerche legate al colore e alla possibilità di adottare tecniche nuove […] per ottenere effetti di luce più convincenti”[1], basati sulle ricerche scientifiche che, dopo gli studi del chimico Chevreul, si intensificarono ed ebbero larga diffusione soprattutto dopo la nascita dell’impressionismo. Negli anni ottanta del XIX secolo la quantità di trattazioni scientifiche legate al rapporto tra luce e colore era aumentata a tal punto che, per i pittori, era difficile orientarsi ma, soprattutto, molte ricerche erano espresse in termini tecnico-scientifici che le rendevano inaccessibili ai non specialisti. Tuttavia molti scienziati, coscienti dell’influenza del loro pensiero sull’operato degli artisti, produssero testi a loro dedicati. Tra i più noti possiamo annoverare i tedeschi Herman von Helmholtz, Ernst von Brücke e Wilhelm von Bezold, e l’americano Ogden Rood. Il testo Handbook of Physiological Optics di Helmholtz fu pubblicato in francese nel 1867. Un suo precedente saggio On the Relation of Optics to Painting fu incluso in un’antologia tradotta nel 1878, un anno prima dell’edizione francese del Modern Chromatics di Rood. Il Des Couleurs di Brücke invece, fu disponibile in lingua francese dal 1866. Le idee di Brücke, che non erano particolarmente difficili da comprendere per gli artisti, furono esposte in una forma ancora più facilmente applicabile alle arti figurative e alle arti applicate da Wilhelm von Bezold nel suo Die Farbenlehre in HinblickaufKunst und Kunstgewerbe, pubblicato in lingua francese nel 1876. Egli faceva notare l’importanza che, per la teoria del colore, aveva avuto l’esperienza proveniente dalle arti decorative e ornamentali, facendo l’esempio di Chevreul[2]. Ma fu soprattutto ModernChromaticsdi Rood (1879), ripubblicato due anni dopo con il titolo di Student’s Text-book of Colour, a rendere accessibili agli artisti le teorie di Helmholtz.
Se risulta plausibile lo studio delle teorie sul colore da parte di Morbelli negli anni ’80 e ’90 del XIX secolo, può essere interessante sapere che a Casale Monferrato Francesco Negri effettua le prime prove di fotografia a colori, utilizzando la tricromia, nel 1890 ma dedicandosi con costanza dall’ottobre del 1899 “[…] forse sollecitato dall’importante testo di Carlo BonaciniLa fotografia dei colori edito a Milano da Hoepli nel 1897 e da quello di Alcide DucosduHauronLa triplice photographiquedescouleurs et l’impremerie[…]”[3] pubblicato nello stesso anno a Parigi. Si può ipotizzare quindi la condivisione tra Morbelli e Negri di informazioni, testi e pubblicazioni ma soprattutto la passione per la tecnica che, nel suo valore più alto, si intreccia con l’arte.
Colore e composizione accomunano le opere di Morbelli e le fotografie del Negri: nel suo archivio (custodito nella Biblioteca Civica di Casale Monferrato) troviamo inquadrature che evocano, sia nelle pose sia dal punto di vista compositivo, alcune opere del pittore della Colma.
In una lettera datata tra il 1896 e il 1897 Giuseppe Pellizza da Volpedo rimproverava l’amico a proposito della realizzazione del dipinto Per ottanta centesimi: “Hai fatto la risaia andando a vederla presso Casale e ritornando poi a casa a lavorare il quadro a memoria hai condotto le figure servendoti di fotografie […]”. È possibile che quelle fotografie fossero scattate dal pittore stesso ma va segnalata la presenza nell’archivio del fotografo Francesco Negri di almeno due immagini di risaia. Vista la frequentazione tra Angelo Morbelli ed il fotografo Francesco Negri è possibile che le fotografie siano state realizzate su richiesta dell’amico. Nell’archivio del fotografo, custodito presso la Biblioteca Civica di Casale Monferrato, troviamo anche riproduzioni di almeno tre opere del Morbelli: S’avanza (1896), Venduta (1897) e l’Autoritratto con modella (1900-1901).
Il rapporto tra Morbelli e la fotografia è stato più volte indagato: ricordiamo, ad esempio, il contributo di Marisa Vescovo nella mostra del 1982. Va ricordato inoltre che il figlio di Morbelli, Alfredo, esercitò la professione di fotografo a Varese tra il 1920 e il 1940 senza affrontare però i temi di matrice verista affrontati dal padre.