Face to face: il racconto di Sergio e l’aiuto da Artiviamoci
I corsi attivati dai volontari importanti per sopportare la vita del carcere
FACE TO FACE – Il racconto di Sergio che ricostruisce il percorso che lo ha condotto in carcere, rivendicando la propria innocenza. I corsi di Artiviamoci permettono di sopportare meglio la vita del carcere.
TUTTI I RACCONTI – La raccolta del progetto Face to Face
Sergio
Buongiorno mi chiamo Sergio, ho sessantuno anni, sono un commerciante d’auto e la mia attività è regolarmente iscritta alla camera di commercio di Torino dal 2013. Ho un parco macchine di circa trenta unità.
Mai avrei pensato in vita mia di finire in questo posto!
L’esperienza non è facile, ti trovi a dover condividere quest’ambiente, già di per sé problematico, con persone che non hanno nulla a che fare con te.
Le celle vengono aperte alle 8.30 del mattino, dopo aver fatto colazione con latte caffè e tè, possiamo scendere. Qualcuno va all’aria in un cortile che misura quattro metri per quattro, qualcuno in palestra, c’è chi va a scuola e chi segue altre attività. Io fortunatamente ho iniziato a frequentare i corsi di “Artiviamoci” e riconosco che facciamo cose interessanti in campo artistico, cose che ci impegnano per cinque giorni alla settimana, rendendoci meno pesante la vita carceraria.
La vicenda che mi ha portato qui, nasce a San Remo nel 2004. Ero dipendente di un autosalone. Il mio titolare, che ora è deceduto, aveva preso la macchina di un mio conoscente, una BMW AZ4 in leasing, dandogli in cambio 5000 euro e un’altra vettura per spostarsi.
Il proprietario della BMW, titolare di una discoteca, doveva, inoltre, pagare al mio titolare tutti i mesi degli interessi sui soldi che gli erano stati prestati.
Un giorno il proprietario della discoteca mi chiama, per parlare di lavoro in quanto io collaboravo con lui in discoteca, ci incontriamo in un bar e, tra le altre cose parliamo anche della vicenda della macchina.
Lui pensa che Pino, il mio titolare, lo stia fregando ed io, in perfetta buona fede, cerco di rassicurarlo, dicendogli che Pino mai l’avrebbe fregato.
Quel giorno lui aveva con sé un registratore e con quello aveva registrato tutta la nostra conversazione.
In realtà, come purtroppo dopo appresi, Pino l’aveva fregato, mandando l’auto in leasing all’estero e, falsificando i documenti, l’aveva venduta, realizzando ampliamente i suoi interessi.
Insomma io sono rimasto fregato per una conversazione in un bar e per aver garantito in buona fede una persona che credevo amica.
Pino era già malato e dopo circa un anno, è deceduto. Il procedimento è andato avanti e da coimputato, sono diventato l’unico imputato su cui rivalersi.
L’avvocato dopo avere intascato i soldi della sua parcella, se n’è fregato, facendomi condannare.
Nel 2017 la cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso e la condanna di due anni e quattro mesi, è diventata definitiva.
Io stavo già scontando un affidamento in prova di tre anni e sette mesi, per avere mandato all’incasso degli assegni circolari, assegni che risultarono poi rubati.
Dopo la vicenda di San Remo, sono tornato a Torino e con la mia compagna stavo per aprire un bar, era il 2011. Un amico si era offerto di finanziare l’attività e, entrando egli stesso in società, mi dette l’ammontare di 20.000 euro di assegni circolari, a me intestati. Io, sempre in buona fede, li avevo versati in banca. La banca dopo circa un mese me li aveva bloccati, denunciandomi.
Erano tutti assegni rubati all’aeroporto, intestati a persone sconosciute, modificati e successivamente intestati a me.
Per questi assegni sono stato condannato a tre anni e sette mesi, che stavo già scontando in affidamento in prova.
Le due condanne si sono sommate ed hanno superato i quattro anni, che sono il limite per poter ricorrere alle misure alternative alla detenzione (affidamento in prova e arresti domiciliari), il 15 dicembre del 2017, sono stato arrestato e devo scontare la pena in galera fino al 2024.
La legge italiana si basa sulla recidività e ti condanna per questo motivo.
Per questo motivo ti distrugge, t’impedisce di andare avanti, ti blocca ogni attività e ti costringe a stare in galera.
Se non hai una famiglia alle spalle che ti mantiene, se sei senza fondi, l’unica speranza è che il carcere ti faccia lavorare, almeno per tre mesi.
Altrimenti le cose diventano tragiche.
PUNTATA 24