A Castelceriolo 145mila tonnellate di rifiuti. Solero “ha ancora due anni di vita”
Commissione ambiente in visita ad Aral. Come opera oggi e cosa aspettarsi per il futuro
ALESSANDRIA – “Aral, realtà in movimento” è lo slogan sul volantino che mostra le differenze tra ieri e oggi della discarica di smaltimento rifiuti di Aral a Castelceriolo. E la commissione consiliare ambiente nella giornata di martedì 1° ottobre ha visitato l’impianto, accompagnata nel sopralluogo dal vice presidente, Fabio Quirico e dal direttore dello stabilimento Marco Rivolta.
Una discarica più ordinata, che non ospita più materiale come la plastica (che è in Amag ambiente e viene smaltita da ditta Benfante, contratto che termina a fine anno), principale causa dei gravi danni causati durante gli incedi scoppiati nell’estate del 2018, sui quali si è aperta un’inchiesta che oggi vede la richiesta di archiviazione da parte del pubblico ministero. Oggi la discarica di Castelceriolo smaltisce i rifiuti indifferenziati di Genova e Srt e dalla Liguria anche legno e ingombranti per una quantità di 50 mila tonnellate (che non è mai quella effettiva perché i carichi dipendono dal ‘vento’ che impedisce di caricare o scaricare nella discarica di Scarpino). Questi vengono lavorati ad Alessandria e poi ripresi dai rispettivi ‘padroni’. Invece i rifiuti dei comuni che fanno parte del Consorzio di Bacino, quindi del territorio, cioè indifferenziata, umido e ingombranti, sono quelli che restano ‘in casa’, cioè in parte portati al recupero/riciclo e in parte smaltiti nella discarica di Solero. Un via vai di “decine e decine di camion al giorno” per un totale di 145 mila tonnellate di rifiuti gestiti dall’impianto di Aral (mentre prima si è arrivati a 330 mila tonnellate, ridotte a 300 mila con la giunta Rossa) che ha un massimo di 150 mila, ma che “tecnicamente” potrebbe arrivare a 200 mila tonnellate. E nell’ottica della nuova gestione dell’impianto di Castelceriolo c’è l’investimento ad ampliarsi nell’area di 24 mila metri quadri di fronte all’ingresso, ma anche di apportare migliorie all’impianto, ad esempio con la sostituzione in corso dei biofiltri per l’aria e anche dei punti luce interni ed esterni (con quelli a led) per “un risparmio anche economico non indifferente di 40 mila euro l’anno”.
Rifiuti e lavorazione
Fossa di scarico e ragno che recupera i rifiuti e li smista su mezzi e nastri che “dividono” le diverse parti (quella metallica e quella organica) producendo una parte fina che attraverso altre lavorazioni in capannoni si trasforma in materiale tipo “terriccio” utilizzabile per la copertura delle discariche e una parte invece grossolana che viene caricata come parte secca. Poi c’è il capannone dell’umido, “la nota dolente” per Aral perché non è pulito: “gli impianti che lo ricevono dovendo a loro volta trattarlo perché impuro, lo pagano meno. Fino a 20 euro in meno a tonnellata” spiega il direttore.
Che sottolinea quali sono i rifiuti nella zona dell’aia che “rendono” ancora: i Rae, cioè gli ingombranti e un pochino il ferro e i materiali metallici. Altri rifiuti invece vanno via a costo zero. Qui un trituratore divide la parte recuperabile dal “decadente” che è quello che finisce in discarica a Solero. “Dove si sta per fare l’ultima semi vasca che ha una durata di due o tre anni al massimo. E l’anno in più o in meno lo fa la differenziata: più è fatta bene, meno rifiuto finisce in discarica”. Che sarà esaurita nel 2022: “oggi è necessario pensare per allora. A cosa si vorrà o dovrà fare”. Quel che è certo è che proprio su questa logica, nel piano di concordato a partire dall’ultimo anno, il 2023, è stato preventivato un milione “perché i rifiuti dovranno essere portati fuori e non più a Solero, con maggiori costi proprio per esternalizzazione”.
Azienda in utile
Ma allo stesso tempo ormai Aral è un’azienda non più in perdita: “sul fronte occupazionale – precisa Rivolta – si parlava di esuberi. Oggi sono 33 dipendenti, ma a noi serve altro personale”. E sul fronte economico “la società pensa di poter chiudere l’anno con un milione in più di utile rispetto a quanto preventivato nel piano di concordato. Cioè a +5 milioni, compreso il fondo cautelativo e di svalutazione crediti inserito nel piano”. Questo perché anche i pagamenti sono puntuali: sia da Genova (che paga a 60 giorni) che dai Comuni del territorio ai quali è stato dato un chiaro ultimatum “o si paga a scadenza o non si accettano i rifiuti”. Perché solo così l’impianto può funzionare e non andare in crisi.
Così, mentre si procede nella “trasformazione” dell’azienda, ora la data da attendere è quella del 29 novembre con il voto dei creditori (i chirografari per 13 milioni circa che sono principalmente banche) che possono “dare il via libera definitivo al piano di concordato (tra fine anno e l’inizio di gennaio) oppure decretare il fallimento” come spiegato dall’assessore all’Ambiente, Paolo Borasio.