La droga moderna? Si chiama internet e crea dipendenza
Il direttore del SerD Luigi Bartoletti: tre indizi per capire se si è web dipendenti
SOCIETA’ – Internet e i videogiochi sono come la droga: chimicamente stimolano le stesse parti del cervello, danno assuefazione, dipendenza e regalano gratificazioni immediate. Sembra una esagerazione, il paragone con gli stupefacenti può spiazzare, ma l’internet addiction – la dipendenza dal web – potrebbe veramente colpire sempre più persone, soprattutto i giovani e le generazioni native digitali, con risultati negativi devastanti sulla socializzazione. D’altronde sono gli stessi giovani, negli incontri pubblici, a manifestare la difficoltà nel rapporto interpersonale.
È la considerazione del direttore del SerD di Alessandria, Luigi Bartoletti, nel commentare i primi due casi accertati e curati dal servizio pubblico proprio per quella che viene considerata una vera e propria patologia moderna.
‘Tossici’ da videogames
Negli ultimi due anni, ricorda il direttore, sono stati presi in carico un paio di casi di ragazzi dell’Alessandrino e del Casalese. Uno ha 17 anni, l’altro 20. «Ma questa patologia può colpire anche le persone più adulte», avverte.
Dopo vari tentativi delle famiglie di cercare di regolarizzare l’uso del computer e dei videogiochi, è intervenuta l’Asl: «Spesso i genitori si rivolgono a specialisti privati, ecco perché non esiste ancora una casistica di questo fenomeno. Abbiamo fatto molta psicoterapia, anche con le famiglie, per insegnare come comportarsi e per far capire ai ragazzi in che vortice erano finiti».
Dopo due anni sembrano guariti e sono ritornati a una vita più reale che virtuale: «Comunicavano con altre persone solo tramite chat e messaggistica, trascorrevano molte ore davanti al computer, soprattutto di notte. A tal punto che uno aveva lasciato la scuola per l’impossibilità di seguire le lezioni mattutine con profitto. Si erano costruiti un mondo online parallelo e ogni tentativo drastico dei parenti di vietarne l’uso aveva portato a comportamenti aggressivi e aumenti di stati d’ansia».
Hikikomori
Hikikomori è un termine giapponese per identificare chi si isola dal mondo e vive in disparte, riducendo all’essenziale la vita sociale, se non eliminandola del tutto. La tecnologia, paradossalmente, può favorire questi comportamenti estremi: online si acquista di tutto (anche cibo), si chatta, ci si informa. Per individui fragili è un attimo: «Per fortuna i due casi in cui ci siamo imbattuti non erano arrivati a livelli estremi catalogabili come Hikikomori, ma la nuova esperienza ci ha portato a una riflessione sull’uso consapevole dei sistemi informatici e in particolare degli smartphone, in mano a chiunque». Bartoletti parla di un «patentino» da prendere a scuola, legato a percorsi di prevenzione e sensibilizzazione per evitare che i giovani vivano più nel mondo virtuale che in quello reale.
Tre indizi per capire se si è web dipendenti
Quali possono essere i campanelli d’allarme per identificare, per tempo, una persona ‘internet addicted’?
Luigi Bartoletti, direttore del SerD (Dipartimento di Patologia delle Dipendenze) dell’Asl di Alessandria e Tortona, prova a tracciare un profilo del dipendente dalla realtà virtuale: «Innanzitutto bisogna guardare alla quantità di tempo passata di fronte ad uno schermo – precisa – Non ci riferiamo a un paio d’ore di troppo alla consolle, ma quando gran parte della giornata è dedicata solo all’attività davanti allo schermo, spesso invertendo il giorno con la notte. Le persone dipendenti giocano o navigano molto spesso di notte, confondendo gli orari produttivi con quelli del riposo».
Altro indizio potrebbe arrivare da una vita troppo social e poco sociale: «Amici, sport, uscite all’aria aperta o qualsiasi altro interesse viene annullato. Si perde interesse per tutto. Ci troviamo sovente di fronte a ragazzi già con fragilità personali con difficoltà nella socializzazione, la cui vita sociale e sentimentale è già di per sé molto limitata. Il mondo virtuale, quello dei giochi di ruolo, proiettano i giovani in una dimensione a loro più favorevole, distorta a loro favore perché costruita su misura». Una grande zona di comfort, insomma, comoda da raggiungere, ma che porta ad esserne dipendenti.
«I genitori dovrebbero controllare la reazione dei ragazzi quando viene loro impedito di accedere ai dispositivi elettronici: se compaiono disturbi come ansia, aggressività e difficoltà molto marcate a privarsi del supporto informatico, allora bisogna stare attenti».
Stiamo sempre parlando di situazioni patologiche, non della ragazzina che fa una scenata perché privata dello smartphone. In ogni caso è bene considerare un fatto generazionale: «Riprenderemo gli incontri nelle scuole sulla prevenzione e i rischi legati ai social e all’abuso del web – ricorda Bartoletti – Negli ultimi anni abbiamo notato che molti ragazzi hanno veri disagi nel relazionarsi con gli altri, di persona e che hanno una vita sociale ridotta, preferendo quella a distanza».