Turismo, l’erba del vicino è verde quanto la nostra
Senza invidia ma con ammirazione si può creare un vero (e prospero) settore economico
Effettivamente, a guardarla per bene, l’erba del vicino è sempre più verde. E ne siamo così convinti – che quel prato sia migliore del nostro – che non solo non abbiamo cercato il modo di migliorarlo, ma abbiamo deciso che se esiste un giardino brutto, beh, quel giardino è proprio quello in cui siamo nati e cresciuti. «La sorte ha voluto così», ci siamo detti, convincendocene pure.
Serviranno anni e una buona iniezione di cultura, competenza e ottimismo per sfatare tutto questo ma, alla fine, scopriremo che l’erba del vicino è verde quanto la nostra e che i due prati uno accanto all’altro lasceranno a bocca aperta migliaia di persone.
STORIE A CONFRONTO
I vicini sono i langaroli – ovviamente – gente che si è rimboccata le maniche e che ha saputo raccontare al mondo intero quanto è buono il loro vino accompagnato dai loro prodotti e quanto è bello vivere e scoprire una delle campagne più suggestive del nostro Paese. In sostanza, hanno dato forma ad un desiderio. E il risultato è sotto gli occhi di tutti: quella gente ha saputo trasformare uno dei fazzoletti di terra più poveri d’Italia in un vero termine di paragone per eccellenza, qualità, bellezza e ricchezza.
Noi – quelli della provincia di Alessandria, invidiosi dell’erba del vicino – non sappiamo chi siamo e da anni ci crogioliamo nella nostra malmostosa invidia. Ci sentiamo i cugini sfortunati e ce la prendiamo con il fato anziché guardarci allo specchio.
Siamo ancora fermamente convinti che l’identità di un luogo si fermi alle mura di ogni castello, non più in là. È l’infinita guerra dei campanili: una di quelle battaglie combattute da gente che non sa più perché le sta combattendo. Quel retaggio storico e territoriale fa sì che il nostro giardino, quello della provincia di Alessandria, risplenda meno agli occhi dei turisti rispetto a quello delle Langhe.
PIù CULTURA CHE ALTRO
Al nostro territorio – dalla Valle Cerrina a nord alla Val Borbera a Sud, dalle vigne di Timorasso a ovest ai colli Unesco a est – manca un sistema di accoglienza moderno che si rivolga al mondo, servono professionisti e risorse per dare impulso ad un settore che non aspetta altro che essere strutturato e fatto crescere. Serve collegialità d’intenti. Serve, di fatto, ancora una volta, Cultura. Un’esigenza che, seppur lentamente, comincia ad essere assecondata dalle istituzioni “minori”, dagli imprenditori e dagli abitanti di queste lande.
MA QUALCOSA FORSE STA CAMBIANDO
Oggi, qua è là in provincia, c’è gente sempre meno invidiosa dell’erba del vicino. Ha capito che quel giardino va ammirato, studiato e compreso per rendere tale anche il nostro. Ha capito che la contaminazione, la voglia di scoprire e la necessità di aprirsi al mondo sono strumenti fondamentali per non morire nell’immobilismo e per sostituire, seppur con numeri minori, quelle industrie che negli ultimi dieci anni hanno chiuso i battenti.
Così nascono quelle (ancora) poche ma coraggiose iniziative che vogliono abbattere quei confini – esclusivamente mentali – che vediamo noi abitanti di questi territori ma che i turisti non percepiscono, desiderosi esclusivamente di scoprire come mai le colline sono così ben “pettinate” e per quale ragione il nostro cibo e il nostro vino hanno sapori e fragranze uniche al mondo. Comprendendo le esigenze di chi viene da fuori e guardando il nostro giardino con gli occhi dello “straniero” capiremo i nostri limiti. E posto un limite non resta che superarlo.