“Chiudo il cinema, ma resto a fare teatro”
L'annuncio di Paolo Pasquale: "Una scelta dolorosa, ma obbligata"
ALESSANDRIA . Era il marzo del 1966, quando in via Verdi venne inaugurato il cinema Alessandrino. Giuseppe Pasquale scelse di proiettare Una questione d’onore, con Ugo Tognazzi, e nel corso degli anni – ne sono passati 53 – quella sala è diventata un punto di riferimento per la città intera. Ecco perché la decisione del figlio Paolo di dire basta (l’ultimo film? Rocketman) e di puntare solo sul teatro è uno shock.
Pasquale, come è arrivato a questa scelta? “Era già nell’aria da qualche tempo, purtroppo. E mi costa tantissimo, perché significa la morte di qualcosa che viene dalla mia famiglia. Basti pensare che, da quando abbiamo aperto, non abbiamo mai licenziato nessuno, mentre ora dovrò lasciare a casa due dipendenti“.
Resta il teatro, l’altra grande passione. “Mi piacerebbe far diventare l’Alessandrino un vero e proprio ‘contenitore di spettacolo’: oltre al nostro calendario e a quello proposto dalle agenzie con cui collaboriamo, sarebbe bello che chiunque avesse voglia di fare qualcosa, potesse venire a proporcelo. Ma attenzione, anche questa è una scommessa: vediamo come andrà la prossima stagione, che sarà molto ricca e con eventi di qualità, poi ci metteremo attorno a un tavolo e faremo il punto”.
Il rischio concreto è che, se la città per l’ennesima volta non risponderà, si potrebbe restare per davvero senza più teatro. “Per me e la mia famiglia il prossimo sarà un anno decisivo. Io ci credo, fermamente, e continuo a investire. Ma fa pensare il fatto che nel corso degli anni nessuno ci abbia aiutato. Alcuni impresari mi prendono per matto, quando glielo dico, perché ovunque chi fa cultura viene supportato. E dire che basterebbe poco”.
Facciamo un salto indietro nel tempo: dopo il periodo d’oro degli anni Settanta e Ottanta, quando il vento è iniziato a girare?
“L’avvento delle multisale ha creato un autentico sconquasso. E, a seguire, le tv satellitari. In città c’erano dieci schermi, tutti praticamente oggi chiusi. Resiste il Kristalli, in piazza Ceriana, che funziona grazie a pellicole di qualità, più ricercate: la struttura, più piccola, è mirata per un pubblico adulto, che segue con costanza proiezioni d’autore”.
Dovesse citare un film che le è rimasto particolarmente a cuore? “Quasi impossibile… Però, se proprio devo farlo, scelgo i western di ‘Trinità’ con Terence Hill: eravamo nel pieno degli anni Settanta e c’era talmente tanta gente che non si trovava posto nemmeno sui gradini… Inoltre, con la possibilità di fumare, il ricordo di questa nuvola bluastra che ammantava l’intera sala è indelebile”.
Come si sceglie una pellicola di successo? “Con l’esperienza, certamente, senza tralasciare il gusto personale. Ma non si può non considerare il ‘fattore fortuna’: uno degli esempi più clamorosi che io ricordi è ‘Titanic’. Il giorno prima dell’uscita, ci trovammo insieme ad altri proprietari di sale a Torino per recuperare le copie: c’erano 7/8 chilometri di pellicola per un film di oltre tre ore. Ne presi due, ma più d’uno, andando via, scuoteva la testa dicendo “ma come può piacere una storia dove affonda la nave e muore il protagonista?”. Parliamo di uno dei più grossi successi della storia del cinema. Così come il 3D…”
Cosa accadde? “Quando uscì, circa quindici anni fa, andai a vedere ‘Avatar’ in anteprima. Uno spettacolo pazzesco, mai visto: pensai che con una innovazione del genere avremmo risolto tanti problemi. Al contrario, le case di produzione, soprattutto Usa, iniziarono a fare film di ogni tipo in 3D, molti dei quali scadenti. E il pubblico si disaffezionò subito”.
La decisione, dunque, è presa. Ed è un altro pezzo di storia di Alessandria che se ne va. “Per me è un dispiacere immenso. Ma non si poteva fare altrimenti. Il mondo è cambiato, e comunque l’Alessandrino resta aperto per il teatro. Partiremo, le do un’anteprima, con la Finocchiaro in ‘Ho perso il filo’, ma abbiamo in serbo tante sorprese. A cominciare dallo spettacolo di Capodanno. E se poi qualcuno volesse capire come e perché siamo arrivati a questo punto, io sono qui. In via Verdi”.