Così Federico Riboldi è diventato sindaco a furor di popolo
Gioanola ha perso ma non è lo sconfitto. Demezzi c'è. E pure Casa Pound.
Gioanola ha perso ma non è lo sconfitto. Demezzi c'è. E pure Casa Pound.
Federico Riboldi ha vinto. Il suo, di fatto, è un trionfo. È la prima coalizione con la guida a destra-destra a vincere al primo turno nella storia repubblicana di Casale. Ma dove e come nasce questo successo?
Storia di un’impresa
Il neosindaco, domenica, ha concluso un percorso cominciato più di 15 anni fa, quando ancora stava tra i banchi dell’Istituto Superiore Lanza. Un percorso fatto di tanti incontri che con il tempo si sono moltiplicati esponenzialmente. Dalla scuola statale alla scuola di partito, sempre nel cuore della destra più conservatrice, in costante equilibrio tra moderati ed estremisti. Fino al primo vero incarico importante: l’assessorato allo Sport e alla Protezione Civile nella giunta Demezzi. Un quinquennio (2009-2014) durante il quale Riboldi ha avuto l’opportunità di mettere in mostra le grandi doti di comunicatore e di amministratore e di comprendere – fin da subito – che quella posizione troppa sbilanciata andava annacquata, almeno davanti all’opinione pubblica, perché, sul lungo periodo, lo avrebbe penalizzato. Quello del governo cittadino fu anche il periodo durante il quale si incrinò irrimediabilmente il feeling con l’allora sindaco Giorgio Demezzi: un rapporto conflittuale mai sanato che ha portato alle candidature separate di quest’ultima tornata elettorale. Poi l’associazionismo, il seme piantato dieci anni fa che è sbocciato domenica. In ogni sodalizio cittadino, anche nel più piccolo e misero, si è fatto vedere con costanza ricordando sempre nomi, cognomi, ruoli, qualità (e difetti). E in ogni associazione ha cercato almeno un “buon soldato” e quando non lo ha trovato ci ha messo un “Cavallo di Troia”. E – arma potentissima ma a doppio taglio – nel suo programma elettorale ha inserito almeno una richiesta proveniente dai singoli nuclei dell’associazionismo.
Intelligenza politica
Riboldi ha anche il merito di non aver ascoltato i canti delle sirene che un anno fa gli avrebbero garantito un seggio alla Camera dopo essere diventato vicepresidente della Provincia di Alessandria. Ci andrà, un giorno, a Roma ma ora è impegnato a costruire una base di voti che non lo renderà ricattabile in futuro e che, anzi, gli permetterà di far valere il suo peso politico e territoriale su ogni tavolo di partito. E non solo. È un’operazione lunga, certosina, quella intrapresa del giovane sindaco di Casale che ha richiesto determinazione, costanza, sacrificio e grande capacità di mediazione. Ma che alla fine ha reso e sta rendendo.
Ora viene il difficile
Sulla nave di Riboldi, oggi, soffia il miglior vento nazionale ed europeo che si potesse auspicare e lui non ha fatto altro che farsi trovare preparato, con le vele in ordine e ben spiegate. Quella nave, che Riboldi ha sognato da sempre, adesso è in acqua, pronta a mollare gli ormeggi. Ma è proprio ora che comincia la parte difficile: governarla. Le promesse fatte fino ad oggi vanno rispettate. E nella stiva, quei “faremo”, quei “cambieremo”, quei “rilanceremo”, quei “#disastropalazzetti” ripetuti e scritti negli anni come un mantra, pesano e peseranno come pericolosissime zavorre.
L’acqua, già al varo, è ben al di sopra della linea di galleggiamento. Casale è un Comune con entrate sempre minori e con crescenti problemi sociali (povertà, lavoro e servizi per gli anziani su tutti). Federico Riboldi ha le qualità politiche e umane per condurre la nave, così come le ha il suo fedelissimo vice, Emanuele Capra. Tutto il resto è ciurma che va motivata e che dovrà capire, ad un certo punto, che la campagna elettorale è una cosa, la realtà, poi, è ben altra. Se riuscirà ad orchestrare al meglio il meccanismo, Riboldi avrà creato un feudo che durerà per anni, in caso contrario si arenerà sotto il peso delle sue stesse promesse.
Pd, un disastro annunciato
Veniamo ai battuti. Luca Gioanola ha perso, ma non è lo sconfitto. Lo sconfitto è Paolo Filippi, segretario di un Partito Democratico che non ha saputo mettersi d’accordo con sé stesso e che, oltre alle profonde fratture interne, ha dovuto fare i conti anche con possibili alleati che si sono tenuti distanti dalla zuffa.
A marzo il Pd ha avuto una carta buona da giocare (o da far giocare ai colleghi di area): Assunta Prato. Il consigliere di Casale Cuore del Monferrato sarebbe stato un candidato rigido, a tratti ostico, difficile da portare al guinzaglio della segreteria ma comunque riconosciuto, rispettato e riconoscibile in città.
Il vero denominatore comune tra le anime burrascose del Partito Democratico, tra la sinistra di Casale Cuore del Monferrato e quella più radicale di CasaleBeneComune. Ma all’interno dei democratici sono prevalse le linee personali e personalistiche.
Meglio un inutile seggio di minoranza in Consiglio piuttosto che un passo indietro a favore di una coalizione più ampia e condivisa. E così, in questo contesto di povertà politica, sono nate tre liste civiche di appoggio al Pd composte da giovanissimi senza alcuna esperienza e da semisconosciuti alle prime armi che non hanno quasi mai partecipato alla vita pubblica della città (una candidata ha preso una sola preferenza…). Così assenti da non risultare pervenuti nemmeno alla chiusura della campagna elettorale di Gioanola, “celebrata” con una ventina di persone mal contate in un angolo di piazza Mazzini.
Il candidato che non c’è
Anche il candidato, certo, ha giocato il suo ruolo: era già traballante in partenza dopo la lunga serie di “no” incassati dal Pd. Dopo l’exploit del 2014 e i primi sei mesi della giunta Palazzetti con la delega all’Ambiente, di Luca Gioanola a Casale non si è più avuta notizia. Nessun incontro pubblico, nessun evento istituzionale. Il nulla. E il Pd ne ha fatto carne da cannone, sfruttando la sua buona volontà (e la sua generosità) e mandandolo al fronte con uno sparuto gruppetto di impreparati della politica. Il risultato è stato Caporetto, con la differenza che non ci sono altre battaglie da combattere per vincere la guerra. Le liti interne al Pd, l’incapacità di fare squadra con le altre forze politiche di area, il candidato assente (se non negli ultimi quattro mesi) sono stati gli ingredienti per una sconfitta storica che resterà negli annali della città.
Lo sconfitto-vincente
Uno solo è lo sconfitto-vincente: Giorgio Demezzi. L’ex sindaco occuperà tre scranni nel parlamentino casalese provando a far pesare i quasi 2mila voti raccolti. Un esito sorprendente (almeno dal punto di vista numerico) sul quale pochi avevano scommesso. Johnny Zaffiro e Marco Rossi, invece, devono accontentarsi di essere il punto di riferimento delle loro nicchie di sinistra, nulla di più. Alberto Costanzo, di Casa Pound, con i suoi 400 voti ha certificato la presenza in città di un’estrema destra presente e, seppur modesta, comunque crescente.
A destra-destra
Questo il risultato delle elezioni comunali 2019 a Casale: la seconda volta di una giunta di centrodestra; la prima di una con l’equilibrio spostato a destra-destra; la prima in cui la sinistra è risultata non pervenuta.