Giuseppe Borsalino: il romanzo di un uomo che ha anticipato il ‘Made in Italy’
In questi tempi in cui le difficoltà e il senso di smarrimento per l’instabilità del contesto sociale in cui viviamo aumentano il disorientamento e l’inquietudine individuale la riscoperta di alcune figure chiave del nostro passato può costituire uno strumento fondamentale per identificarci nella nostra storia, cultura, e nel nostro modo di essere.
Il romanzo di Rossana Balduzzi Gastini “Giuseppe Borsalino. L’uomo che conquistò il mondo con un cappello”, recentemente edito da Sperling & Kupfer, costituisce senz’altro uno strumento privilegiato per questa opera di costruzione o ricostruzione delle nostre radici socio-culturali, perché consente di riscoprire uno dei più importanti imprenditori italiani, antesignano del “Made in Italy” nel mondo e uomo di principi e valori universali cui l’Italia e la città di Alessandria devono moltissimo.
Della vita di Giuseppe Borsalino si sa purtroppo poco: sono scarse le fonti attraverso le quali è possibile ricostruire le sue vicende personali e ancor meno le testimonianze dirette che possano tramandarci dettagli sulla sua personalità: quella del giovane intraprendente e sognatore, del marito devoto, del padre affettuoso e dell’imprenditore illuminato raccontate dall’autrice.
L’opera di interpolazione della sua vicenda individuale- in parte inevitabilmente romanzata- con la narrazione storica legata ai moti per l’unità d’Italia, le vicissitudini della città di Alessandria, il fermento di un’epoca (a cavallo fra l’Ottocento e i primi del Novecento) in cui la rivoluzione industriale pareva promettere al mondo la conquista definitiva del benessere e della civiltà, si rivela quindi essenziale per esprimere i tre elementi fondamentali che hanno caratterizzato la vita di Giuseppe Borsalino: la sua dimensione di uomo in fondo semplice ma estremamente determinato, memore delle proprie origini e per questo solidale con gli altri; la figura dell’imprenditore sagace, con le idee chiare sugli obiettivi da perseguire ed i mezzi per raggiungerli, illuminato e precursore nell’anticipare con i propri operai una concezione di “fabbrica-famiglia” propria di alcune fortunate conquiste sociali del Novecento; il “simbolo” di un popolo “in formazione” che, in un’epoca in bilico fra passato e futuro, arretratezza e progresso, aveva immense potenzialità da esprimere, come in effetti poi è avvenuto..
In questi tre elementi portanti che reggono il romanzo sulla (ma potremo dire “della”) vita di Giuseppe Borsalino si riflette l’attualità del bel volume di Rossana Balduzzi Gastini: in un’epoca in cui tutti apparentemente cercano modelli cui ispirarsi, ma non sono disposti a dedicare fatica e costanza nel tempo per realizzarli; in cui le identità sono- per effetto della globalizzazione e dei mass-media- molteplici nella stessa persona, ma vengono consumate nello spazio di qualche frangente (a volte giusto il tempo di un “post” sui social networks) la figura di Giuseppe Borsalino ci richiama al valore della costruzione del sé e della società che ci circonda, del mondo degli affetti, dei rapporti lavorativi, delle relazioni civili.
Il libro dovrebbe quindi essere una lettura fondamentale per le nuove generazioni, che recano dentro di sé le stesse domande, le stesse inquietudini di allora, ma sono forse meno disponibili ad ascoltarle, comprenderle e assecondarle.
Il romanzo racconta, infatti, con tocco elegante e scorrevole, la storia di un uomo che ha saputo anzitutto ascoltarsi, comprendersi e assecondarsi. Con la sua determinazione Giuseppe Borsalino ha dimostrato che nulla ci è precluso, se non ciò cui noi stessi rinunciamo per mancanza di fiducia (come evidenziato bene nella descrizione del padre Renzo, così finemente descritto nei suoi tratti psicologici fondamentali, e per certi aspetti anche dell’imprenditore-mentore Camagna, appagato da un orizzonte artigianale e da un successo “locale” della sua impresa).
La storia di questo straordinario alessandrino è, però, anche e soprattutto la storia di una Italia- ancora embrionale, ma già socialmente ben presente- che ha trovato la forza di cambiare in poco tempo il proprio destino, trasformando secoli di arretratezza e apatia in un risveglio politico e morale straordinario.
Giuseppe Borsalino non nasce in una famiglia agiata: non si è formato nelle migliori accademie dell’epoca- come forse oggi succederebbe per le nuove classi dirigenti a dispetto di tutti gli sforzi per costruire il cosiddetto “ascensore sociale”. Era, piuttosto un uomo semplice, poco vocato per la scuola ma comunque attento ad apprendere quei rudimenti culturali che hanno fatto la differenza nella sua vita: in questo senso si può certamente dire che la cultura per Giuseppe Borsalino non è mai stata qualcosa di inutile, come ha poi dimostrato il suo costante sforzo verso la bellezza, la visione dello sviluppo urbanistico della città di Alessandria, la preoccupazione per l’istruzione dei figli dei suoi operai.
Accanto a questi tratti della personalità di Giuseppe Borsalino Rossana Balduzzi Gastini ha poi fatto emergere la sua consapevolezza dell’importanza delle relazioni umane. Lo comprende bene Hélene, sua quasi-compagna di Bordeaux (in realtà anch’essa frutto della licenza del romanzo, ma assolutamente credibile e coerente con la storia del personaggio), che più di tutto in lui ammirava l’abilità nella gestione delle relazioni umane «(…) una qualità fondamentale per mantenere una rete di contatti esterni e soprattutto per gestire i collaboratori al fine di incoraggiarli al raggiungimento degli obiettivi dell’azienda».
Giuseppe Borsalino sapeva capire gli altri ed era bravo a sedare i conflitti che negli ambienti di lavoro- specialmente quelli altamente competitivi- sono inevitabili. Così, nella realistica descrizione dell’uomo, l’autrice ha saputo restituire al lettore la qualità che solo i grandi imprenditori possiedono: «Giuseppe era una di quelle persone che riescono ad avere una visione delle cose diversa e più ampia rispetto a quanto possa fare un normale essere umano» (p. 55), ossia aveva la “mente aperta”, una dote che solo i grandi uomini possiedono.
In questo suo tratto culturale si sostanzia la vocazione imprenditoriale che stupisce persino l’imprenditore Camagna- che pure gli voleva bene- incredulo di fronte alle sue scelte coraggiose, sempre volte a rimettersi in discussione: nella visione di Camagna, infatti, prevale lo spirito dell’artigiano, colui che- appresi i segreti del mestiere- tende istintivamente a custodirli e tramandarli in un approccio tendenzialmente più statico ai problemi della produzione e del mercato.
Giuseppe Borsalino è, invece, il paradigma dell’industriale moderno, costantemente spinto dal bisogno dell’innovazione di prodotto e dalla sperimentazione di nuovi processi produttivi. La sua è una visione dinamica della realtà, antesignana delle due chiavi dell’economia contemporanea: l’adattamento e l’anticipazione.
Giuseppe Borsalino ha vinto la sua sfida con la storia: quella di una vita intera dedicata alla costruzione del suo sogno e della sua emancipazione. Tornato ad Alessandria dopo lunghe peregrinazioni formative ha fondato la sua fabbrica con l’amato fratello; si è costruito una famiglia prima negli affetti, quindi “allargata” ai suoi operai; ha contribuito in modo determinante (e ancora ben presente) allo sviluppo di Alessandria e all’affermazione del “made in Italy” nel mondo. E’, insomma, divenuto un simbolo ed una guida per la sua comunità.
A quest’ultimo passaggio vorrei dedicare ancora qualche parola: Borsalino è stato ed è l’emblema del “made in Italy” autentico: il saper fare, con inventiva, estro ed originalità. Non “culto delle ceneri”, come diceva Mahler, ma alimentazione continua della fiamma.
Rimane un interrogativo per chi legge questo affascinante romanzo: Giuseppe Borsalino può essere anche l’emblema dell’imprenditore contemporaneo?
E’ difficile dare una risposta.
Guardando alcuni straordinari esempi di capitani d’industria di oggi riconosciamo altrettanta forza, audacia, dedizione “quasi monastica” al progetto del proprio lavoro e della propria azienda.
Sono tuttavia cambiati gli orizzonti e i parametri sociali, sicché è forse venuto definitivamente meno quel percorso comune che un tempo univa imprenditori e operai, facendo condividere fatiche, difficoltà e vita quotidiana, elementi che proiettavano l’imprenditore sulla scena sociale come protagonista fondamentale della vita della propria comunità.
Di fronte alla progressiva “finanziarizzazione” dell’economia sono ormai poche le figure che, come Giuseppe Borsalino, ci ricordano che se un posto nel mondo deve esistere per il “Made in Italy” quello è il posto in cui i legami umani, sociali e il mondo della produzione progrediscono assieme.
Rossana Balduzzi Gastini ha perfettamente compreso questo messaggio e lo ha sintetizzato in una battuta di Camagna a Borsalino, facendo dire al primo che «un cappellaio, come anche un sarto in verità [ma potremmo citare infiniti altri settori cari alla nostra realtà sociale] non produce solo oggetti, ma significati» (p. 78). In altre parole l’imprenditore, con la propria attività, aiuta la comunità ad esprimere se stessa, così come il “Made in Italy” aiuta noi tutti ad esprimere i nostri tratti culturali fondamentali nel mondo.
Grazie alla capacità espressiva del gusto italiano, della nostra intelligenza e della nostra storia è ancora possibile salvarci dalla banalizzazione dell’iperspazio e della iperstoria, così come dal rischio di consumare definitivamente la bellezza che è dentro e intorno a noi.
Siamo quindi grati a Giuseppe Borsalino per avercelo testimoniato con la sua vita e le sue opere, così come a Rossana Balduzzi Gastini per averlo così ben raccontato in questo splendido romanzo.