Centostazioni
Con il termine "Centostazioni, si definiva una società per azioni che era nata per riqualificare, valorizzare e gestire 103 stazioni italiane, con azionista di maggioranza le Ferrovie dello Stato. Il 15 novembre 2016, le FF.SS. ne divennero proprietarie al 100%. Cosa è successo da allora? E Alessandria?
Con il termine "Centostazioni?, si definiva una società per azioni che era nata per riqualificare, valorizzare e gestire 103 stazioni italiane, con azionista di maggioranza le Ferrovie dello Stato. Il 15 novembre 2016, le FF.SS. ne divennero proprietarie al 100%. Cosa è successo da allora? E Alessandria?
Nelle 103 stazioni operavano oltre 500 attività commerciali e di servizio, su un totale di 126.000 metri quadrati; la distribuzione merceologica vedeva il 46% dedicato al retail, il 28% ai servizi e il 26% alla ristorazione.
Alessandria era una di quelle stazioni e, poiché non avevo idea di cosa significasse “retail”, sono andato a cercarmene il significato su Wikipedia. Retail significa “Vendita al dettaglio”. Insomma, la stazione di Alessandria doveva dedicare il 26% dei suoi spazi ai negozi di vendita diretta al pubblico, il 28 ai servizi rivolti ai viaggiatori, ancora il 26 alla ristorazione.
E, in quest’ultima decina d’anni, per Alessandria le cose come sono andate?
Ho deciso di appurarlo occupando un pomeriggio intero per passare al pettine fitto tutta la stazione, compresi gli immediati esterni che, a una prima vista, sembravano bisognosi di qualche attenzione.
Cominciamo dal dentro.
Di tutti quegli spazi dedicati al pubblico, è rimasta ben misera cosa: una tabaccheria, una caffetteria, un bar e una sala giochi che va in automatico e sembra l’anticamera di una guardina.
Locali non occupati? Io ne ho contati personalmente la bellezza di 11, tutti di notevoli metrature e tutti desolatamente vuoti. Eppure, lì c’era un giornalaio, c’era un burger, c’era persino un libraio che – se ricordo bene – gestiva con particolare attenzione i lettori abbonati alla Mondadori. Insomma, un piccolo angolo di cultura appartato nella zona prospiciente quella degli arrivi.
Si dice che la grande fuga dei commercianti-esercenti sia stata originata dall’alto costo degli affitti. I ricavi non erano granché e non pareggiavano i costi. Perdi un anno, perdi un altro…Alla fine vai in cerca di situazioni economicamente più adeguate alle tue possibilità. E lasci la stazione praticamente vuota.
Ma di vuoto non c’è rimasto solo lo spazio interno. Avete presente quell’edificio che da una parte costeggia il parcheggio a pagamento e dall’altra introduce al piazzale della stazione? Sì, proprio quello dove hanno transennato mezzo marciapiede per paura di crolli? Una volta serviva a far riposare il personale viaggiante, che poteva passare qualche ora di sonno tra un turno di servizio e l’altro. Ora è rimasto pressoché vuoto, sia per la diminuzione del personale che per una diversa sistemazione logistica dei restanti.
Come vedete, le cose non migliorano neanche fuori della stazione. Ad esempio, cosa ci fa quel variegato mucchio di biciclette che si snoda lungo la parte di piazzale orientata verso l’ufficio postale? Fa soltanto disordine, mentre si aspetta che qualcuno faccia il parcheggio più volte promesso alle bici e la più volte promessa stazione degli autobus che oggi l’Arfea si accontenta di vedere in atto nella zona che si interseca con viale della Repubblica. Relativamente alla stazione degli autobus, lì parcheggiano anche molti mezzi delle Poste. Resteranno o dovranno sloggiare?
E chi prenderà il posto dei tre esercizi che si trovavano dall’atra parte del piazzale, nella zona della fontana: ex Cangiassi, ex Zerbino e quell’altro che gestivano i cinesi? Due sono già stati demoliti, rimane soltanto in piedi quello noto appunto come Cangiassi, rilevato qualche anno fa da una gelateria a cui avevano messo nome Alvin, presto fallita.
Il Comune ha fatto del suo meglio per darli tutti in gestione, ma non ce l’ha fatta. Non era una mera questione di costi. Si trattava piuttosto di presidiare con luci, gente e colori una zona dei giardini non proprio vanto della città, dove passare di sera tardi era sconsigliato alle ragazze e non proprio raccomandato a un cittadino ignaro dei rischi.
La ghenga arrivava fino alle panchine iniziali di Corso Felice Cavallotti e compiva i suoi raid da ubriachi al supermercato Unes. Ora dopo una “cura” robusta, il fenomeno è pressoché scomparso, ma occhi vigili stanno attenti a che non ritorni.
Dopo tutte le brutte cose che vi ho raccontato, resta da sperare che non solo la stazione, ma anche la città, ritornino presto a vivere una stagione migliore di questa che stiamo attraversando.