Business profughi, l’altra faccia del ‘pericolo’
All'interno della gestione tutta italiana, con una testimonianza diretta
All'interno della gestione tutta italiana, con una testimonianza diretta
Venti giorni fa, in via Milano (Alessandria), ci siamo imbattuti in un’anziana indignata per un profugo che chiedeva l’elemosina. «È lì tutti i giorni. Dovrebbe tornarsene a casa a calci nelle natiche (uso il termine anatomico)». Ci siamo fermati per parlare con lui. È vero, lì non ci dovrebbe stare. Non perché è nero ma perché è sotto l’ala di un’organizzazione che di lui dovrebbe occuparsi, in cambio di denaro. Allora gli abbiamo chiesto perché fosse lì. «Vorrei lavorare ma non trovo. Mi danno poco da mangiare», e altre informazioni. Prendiamo il suo nome e il numero di cellulare, e decidiamo di approfondire. Perché l’organizzazione che lo gestisce permette che stia appoggiato per ore a quel muro? Siamo proprio sicuri che il pericolo sia solo nero? L’emergenza profughi ci ha probabilmente messi di fronte anche alla nostra vera natura, e questo spaventa. Se questo ‘pericolo’ lo dobbiamo analizzare, allora facciamolo a 360 gradi. Accoglienza e gestione profughi? Sembra fare comodo a molti. E non per buon cuore, ma per denaro. Abbiamo intrapreso un viaggio in questo nuovo business all’interno del quale c’è chi ha trovato la propria dimensione, e una ‘nuova’ fonte di guadagno. Forse è anche per questo che diventa difficile gestire l’affaire profughi. Sul giornale in edicola oggi una testimonianza diretta